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Il Barcellona ha rinnegato la cantera e adottato il modello galacticos

Nell’Under 21 non c’era nemmeno un calciatore del Barça. Il modello catalano è stato smantellato. Ora si spendono 120 milioni per Griezmann e i giovani si comprano all’estero (De Jong, Emerson)

Il Barcellona ha rinnegato la cantera e adottato il modello galacticos

Dov’è la cantera

Uno guarda il Barcellona e si domanda che fine abbia fatto la famosa cantera. Il modello Masia. Bastava affacciarsi al davanzale del luogo comune e indicarlo, laggiù. Pareva non ci fosse un altro calcio possibile. Mentre con sparute eccezioni continuiamo a dir male dei nostri club e dei loro settori giovanili, adesso è il Barcellona a non seguire più il suo stesso modello.

Griezmann, Neymar e 955 milioni

Si prepara a staccare un assegno da 120 milioni per pagare la clausola di Griezmann, tiene d’occhio l’evoluzione del grande gelo fra il Psg e Neymar. Juan Bautista Martínez ha scritto stamattina sul quotidiano catalanista La Vanguardia che il Barcellona vuole riportare il brasiliano a casa, senza fretta, anche a fine agosto: “A qualunque prezzo no”. Ma di certo spendendo. Nel solco delle ultime estati. I giovani si comprano fuori. Sono già volati un centinaio di milioni per il ventiduenne olandese De Jong e il ventenne brasiliano Emerson. Alla fine non ne usciranno meno di 300. Un anno fa ne spesero 129 (Malcom, Lenglet, Arthur e Vidal), nel 2017 furono 374 (Coutinho, Démbelé). Negli ultimi sei anni – per semplificare: da Neymar 2013 in poi – sono stati in tutto 955. Nei precedenti sei (2007-2012) si erano fermati a 440. Meno della metà. 

Il tradimento dell’identità

Il 26 novembre del 2012 il Barcellona giocava contro il Levante con undici titolari tutti usciti dalle giovanili. Il 19 aprile del 2018 andava sul campo del Celta Vigo senza averne nemmeno uno (non accadeva da 16 anni). Al Barcellona ora vivono come galattici. Hanno smesso di costruirsi i loro campioni dentro casa proprio mentre lo spirito politico del tempo parla più fluente la lingua dell’indipendenza. Il calcio catalanista è stato smantellato. Ha virato verso una normalizzazione di sé. Il tradimento di un’identità, hanno detto e scritto i più duri e puri. Questa linea ha avuto il volto e la voce del vicepresidente Jordi Mestre: “Siamo orgogliosi del nostro progetto. Abbiamo vissuto anni con una generazione unica, di qualità eccezionale, ma non sempre è così. Il nostro obbligo è che la prima squadra vinca. Sarebbe bello imitare l’Athletic Bilbao (solo giocatori baschi o di origini basche, ndr). Piace a molti. Anche a me. Se ci accontentiamo di vincere una Coppa del re ogni tanto, adottiamolo”.

Jordi Mestre si è dovuto dimettere sette giorni fa. Non tutti i giocatori comprati fuori dalla Masia sono Griezmann o Neymar. Altrimenti il Barcellona, la squadra di Messi, avrebbe vinto più di una Coppa dei Campioni delle ultime otto. Gli ultimi due mercati così-così hanno fatto finire sotto accusa Pep Segura, promosso general manager nel 2017 dal precedente ruolo di capo dell’Academy. Mestre era il suo sostenitore più fiero. 

L’Under 21 debarcellonizzata

Carlos Aleñá è una sorta di simbolo per questa deviazione del Barcellona dal proprio canone. Ha quasi 22 anni, l’età in cui Xavi Iniesta Busquets e Pedro erano già delle stelle. Ma gioca poco. Non ha spazio. È chiuso da calciatori più cari. È rimasto così tanto ai margini che la nazionale under 21 lo ha tenuto fuori dagli Europei, marcando un altro momento storico di debarcellonizzazione del fútbol: campioni d’Europa senza neppure un loro calciatore. Nel 2011 e nel 2013 erano stati cinque. Non tutti sono Xavi o Iniesta, né lo si diventa a lezione dai cloni di Guardiola. Marc Bartra ha raccontato a The Players Tribune quanta tensione e pressione ci siano oggi intorno ai canteranos. “Ogni volta che un ragazzino in campo sbaglia, riesce quasi a sentire i coordinatori e gli allenatori che prendono appunti sui bloc notes”. 

In fuga dalla Masia

El País ha scritto qualche giorno fa che le giovanili del Barça non hanno smesso di giocare finali e vincerle. Si sono solo ristretti gli spazi in prima squadra. I ragazzi lo sanno. Ne cercano altrove. Lo sanno pure i club di tutta Europa. Quando sono bambini, i papà vanno al campo per essere certi che li prendano. Quando compiono 16 anni, al campo vanno gli agenti per esser certi che li lascino partire. Dani Olmo ha accettato di andarsene alla Dinamo Zagabria. Pazientare è diventata una fatica pure in Catalogna. 

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