L’editoriale del direttore del Corrmezz Enzo d’Errico, un editoriale in perfetto stile napolista, sul perenne altrove in cui è immersa Napoli
Il paradossale dibattito sull’identità
Perfino l’eliminazione del Napoli dalla Europa League conferma l’inesorabile diagnosi: viviamo in un perenne altrove, modellando il profilo della città in base ai nostri desideri e alle nostre convenienze. La realtà è ormai un dato superfluo, anzi molesto. Preferiamo guardarci l’ombelico, convinti che sia l’accesso a questo o quel paese delle meraviglie, invece di scrutare il terreno su cui muoviamo i nostri passi. E, alla fine, l’unica vera Identità che ci è rimasta ha i tratti estenuati del paradossale dibattito sull’Identità nel quale sguazziamo come anatre in uno stagno.
È la riflessione di Enzo d’Errico sul Corriere del Mezzogiorno di sabato, una riflessione che osiamo definire napolista in purezza. Un editoriale, quella del direttore del Corrmezz, sulla nostra abilità di scollarci dal mondo reale e ripiegarci in un mondo virtuale che giustifichi le nostre pretese insoddisfatte. Intitolato: “L’ostinato rigetto della realtà”.
La realtà virtuale della città
Preferiamo chiudere gli occhi, fare finta che confrontarci con i dati, nel calcio come nella vita di tutti i giorni, sperando forse che sognando un Insigne che valeva quanto Ramsey, i sogni possano magicamente diventare realtà. Lo abbiamo fatto con l’Arsenal, ignorando la realtà della partita di andata, illudendoci solo per poter sprofondare nell’abisso della disperazione e nella rievocazione del passato.
Ma la realtà è ben lontana da quella che ci ostiniamo a voler vedere
“Siamo una squadra che ormai fa parte stabilmente del circuito europeo ma non siamo in grado di competere con le big, al massimo possiamo fronteggiarle in una partita secca. Non sarà il massimo tuttavia è un gran bel risultato considerato che 15 anni fa il Calcio Napoli era fallito, abbandonato alla deriva da tutti gli imprenditori vesuviani. Fu necessario l’arrivo di un produttore cinematografico chiamato Aurelio De Laurentiis, romano ma con qualche goccia di sangue partenopeo nelle vene, per risollevare il destino della società. Immaginavate che fosse il nuovo Lauro venuto a soddisfare le ambizioni della tifoseria con colpi miracolosi?”
L’elogio della presidenza De Laurentiis
D’Errico, come ogni persona di buon senso (aggiungiamo noi), elogia la presidenza De Laurentiis. Il numero uno del Napoli è lontano dall’iconografia del presidente tifoso che molti vorrebbero, e per fortuna, aggiungiamo noi. Perché solo grazie alla sua visione aziendalistica e imprenditoriale, oggi la società ha una stabilità non solo economica ma anche in termini di risultati. Certo non abbiamo vinto i titoli della Juventus, ma questa è un’altra realtà virtuale, l’ennesimo mondo parallelo in cui preferiamo vivere.
“Un altrove nel quale siamo la città più bella del mondo a dispetto di una realtà che ci colloca agli ultimi posti nella qualità dei servizi pubblici italiani; nel quale diventiamo una capitale del turismo internazionale dimenticando che siamo al sedicesimo posto nella graduatoria Istat, sorpassati per numero di presenze perfino da San Michele al Tagliamento, Cervia e Torino (senza parlare di Roma, Firenze e Venezia); nel quale ci inventiamo capoluogo mondiale dell’accoglienza, pronti addirittura a far salpare fantomatiche flotte per raccogliere i migranti in mare trascurando, però, che a migliaia di disabili napoletani è negato il diritto allo studio perché non esiste assistenza in classe; nel quale ci raccontiamo che la sanità campana è profondamente cambiata, cancellando gli ospedali che fanno schifo e i malati sulle barelle”.
Il direttore del Corriere del Mezzogiorno scrive che l’ostinato rigetto della realtà ha dato lievito a un cieco narcisismo che ci impedisce di spingere lo sguardo oltre la pozza d’acqua nella quale ci specchiamo. “Ma il narcisismo, spesso e volentieri, è figlio di un provincialismo culturale che non conosce riscatto”.
Ed è in questo buco nero che Napoli sta precipitando il suo discorso pubblico è sempre più permeato di finzione, l’ansia di rivincita costruisce mondi paralleli che evitano l’orbita dei fatti, l’ego seppellisce qualunque idea di comunità.
Stiamo edificando un borgo inesistente, ma a dimensione dei nostri desideri, e abbiamo abbandonato la complessità che invece è la radice culturale di una metropoli.