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Ponte Morandi. L’inchiesta si complica: anche i nuovi indagati ammessi all’incidente probatorio

Il rischio è che i tempi si allunghino significativamente: ognuno di loro potrà nominare consulente e legale di fiducia

Ponte Morandi. L’inchiesta si complica: anche i nuovi indagati ammessi all’incidente probatorio

L’aumento degli indagati a complessivi 74 porta con sé il rischio concreto di un significativo slittamento dei tempi processuali, con la possibilità di non poter utilizzare molte delle prove raccolte fino ad ora nei confronti dei nuovi 51 indagati, soprattutto nel caso di accertamenti irripetibili.

A riportare la preoccupazione che serpeggia fra gli inquirenti sono soprattutto i quotidiani genovesi, anche se è ancora prematuro affermare che il primo incidente probatorio nell’ambito dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi possa dover ripartire da zero.

I fatti

Il caso, spiega Il Secolo XIX, nasce dopo che la Procura ha dovuto necessariamente notificare a tutti i nuovi 51 indagati nell’inchiesta principale la possibilità di poter partecipare al primo incidente probatorio.

Un atto dovuto che, però, comporterà inevitabili conseguenze su tempi e modalità. A prescriverlo è l’articolo 401 del codice di procedura penale, che precisa anche che “è vietato estendere l’assunzione

della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all’incidente probatorio”. In pratica, tutti gli indagati hanno diritto di essere rappresentati in quella sede e hanno facoltà di nominare un consulente e un avvocato di fiducia. I consulenti potranno analizzare e controllare – a garanzia del proprio assistito – quanto fatto fino ad ora.

Ciò potrebbe portare a chiederla ripetizione di alcune prove, se non irripetibili, o almeno l’eccezione di inutilizzabilità delle stesse prove nei confronti dell’indagato entrato nell’incidente probatorio in un secondo momento”.

Gli effetti possibili

Il primo e più probabile effetto di questa situazione sarebbe l’allungamento dei tempi previsti sulla tabella di marcia: non si riuscirebbe a rispondere ai quesiti posti dal giudice entro fine giugno come previsto.

Ma l’allargamento del numero dei partecipanti potrebbe anche compromettere quanto fatto fino ad ora: i nuovi indagati, infatti, potrebbero chiedere che le prove acquisite fino a questo momento non valgano nei loro confronti. Insomma, si rischia il caos, oltre che tempi molto più lunghi, scrive il quotidiano genovese.

La decisione definitiva spetterà al gip Angela Maria Nutini che nella prossima udienza del 27 marzo dovrà fissare i paletti per l’ingresso della nuova tranche di indagati e stabilire se potranno essere o meno ripetute prove già svolte.

Gli incidenti probatori

Il primo incidente probatorio ha come obiettivo quello di cristallizzare le prove in vista del processo e permettere la demolizione di quello che resta del ponte.

La Procura ha già annunciato di essere pronta a chiedere un secondo incidente probatorio che avrà, invece, come quesito quello di cercare di capire le cause del cedimento del Morandi. Ancora non è chiaro se in questo ambito ci saranno altri nuovi indagati oppure se a prendere parte a questa nuova anticipazione del processo saranno gli stessi 74 indagati. Una decisione in questo senso in merito sarà presa nelle prossime ore dai sostituti procuratori Massimo Terrile e Walter Cotugno.

La denuncia dei vigili del fuoco: esposti all’amianto

Sulla scrivania del sostituto procuratore Fabrizio Givri – che ha già un fascicolo aperto sulla presenza di amianto fra i resti del ponte, in seguito alla denuncia degli abitanti della zona – ieri mattina è arrivato l’esposto in 8 pagine del vigile del fuoco di Genova e consigliere comunale del M5S Stefano Giordano.

Lo racconta Repubblica Genova.

Giordano parla a nome di tutti gli appartenenti al sindacato Usb e chiede di indagare sui mesi di lavoro fra le macerie e sulle possibili “condotte attive e omissive dei responsabili e/o titolari delle posizioni di garanzia”.

Secondo quanto denunciato, i vigili avevano già avuto immediatamente il sospetto della presenza di amianto tra le macerie, ma il sindacato si sarebbe sentito rispondere più volte dal Comando provinciale che, in base ai test di Asl e Arpal, non esisteva il problema.

Ora, invece, a distanza di sei mesi, quell’amianto è stato trovato.

L’esposto denuncia l’esposizione dei lavoratori “in modo irresponsabile” all’amianto, “senza considerare la tutela primaria alla propria salute soprattutto nell’ambiente di lavoro che deve garantire prevenzione massima”.

I vigili del fuoco sono assistiti dall’avvocato Simona Nicatore.

 

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