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Come l’ingresso di Hamsik ha cambiato (in meglio) il Napoli di Udine

Il cambio Hamsik-MIlik è un perfetto esempio di lettura della partita: il Napoli aveva bisogno del raziocinio di Marek per mettere al sicuro il risultato.

Come l’ingresso di Hamsik ha cambiato (in meglio) il Napoli di Udine

Dal pressing all’ordine

Nell’analisi tattica scritta da Alfonso Fasano, Udinese-Napoli viene raccontata come una partita per step. La squadra di Ancelotti aveva un piano partita cambiato dopo l’infortunio di Verdi, ha progressivamente diminuito l’intensità del suo pressing, è passata in “modalità possesso palla”, ha dovuto contenere gli avversari per un certo frangente di gioco. Poi, ecco il cambio che segna il corso degli eventi: Hamsik per Milik. Leggiamo, dall’analisi tattica:

Ancelotti ha deciso di rendere (ancora) più razionale il gioco del Napoli con l’ingresso di Hamsik. Non sfugga il peso offensivo di un cambio apparentemente conservativo: l’uscita di Milik ha permesso alla squadra azzurra di liberare Mertens dalle attribuzioni della seconda punta, ovviamente più stringenti in fase difensiva rispetto a quelle dell’attaccante unico, ma soprattutto ha permesso al Napoli di avere più giocatori nella fase di costruzione del gioco offensivo. Hamsik centrale di centrocampo, Fabian Ruiz fisso tra le linee e Mertens a muoversi come pendolo, tra l’attacco e la trequarti.

Il termine più interessante è “razionale”, è questa la chiave positiva dell’ingresso di Marek. Con un centrocampista in più e un attaccante in meno, Ancelotti ha razionalizzato, appunto, un Napoli diventato troppo ibrido per poter reggere con autorità fino al 90esimo. Con Hamsik in campo, il tecnico emiliano ha completato e sublimato il passaggio da squadra d’assalto a squadra ragionante, che non vuol dire sotterrare le velleità offensive, ma adattarle al contesto.

L’Udinese aveva sostituito Behrami con Barak, era diventata una squadra (più) offensiva, cercava di saltare il centrocampo in maniera ancora più rapida, un pressing con due attaccanti e la ricerca di un gioco diretto non avrebbero più funzionato. Con Hamsik a dirigere il traffico, il possesso è diventato più intelligente, meno frenetico. E con due azioni, il Napoli ha chiuso il risultato e si è evitato un finale thrilling. 

Il cambio di regia

Negli slot del 4-4-2 (diventato 4-4-1-1 e/o 4-2-3-1), Hamsik ha preso il posto di Fabian Ruiz. Ed ha cambiato il modo di far girare la squadra, secondo quanto serviva ad Ancelotti per congelare il possesso. Piuttosto che le sovrapposizioni continue di Fabian Ruiz per ricevere il pallone e giocarlo in avanti, Hamsik ha avviato una regia di tipo statico, che si fondava sul movimento della palla. A quel punto, anche la tendenza dello stesso Fabian Ruiz a muoversi oltre le linee nemiche è diventata più funzionale al contesto.

Il nuovo Hamsik è un ragionatore di centrocampo che si muove poco in fase di costruzione e di filtro, ha bisogno di Allan accanto a sé ma fa viaggiare la palla con estrema intelligenza. Ieri sera, il suo ingresso è stata proprio un’iniezione di raziocinio, tecnico e tattico, in una partita che stava smarrendo distanze e spaziature certe. Quello che serviva ad un Napoli indeciso rispetto all’atteggiamento da tenere per l’ultima parte del match.

Tante variabili

Dopo Napoli-Liverpool, Il Napolista scrisse un pezzo simile a questo che state leggendo, ma declinato secondo la lettura opposta. Al San Paolo contro i Reds, la sostituzione decisiva fu Zielinski –> Hamsik:

Invece di cercare di muovere il pallone in avanti, come ha fatto (bene) Hamsik per quasi tutta la sua partita, Zielinski ha condotto il pallone in avanti. I suoi strappi palla al piede esploravano gli spazi nello stanco centrocampo del Liverpool. Spesso è andato in supporto dell’attacco, quasi come un (altro) trequartista centrale. In alcuni frammenti di partita, c’è stato anche lo scambio posizionale con Insigne, che operava come regista mentre Zielinski offriva una soluzione in profondità.

Come detto, è l’esatto contrario rispetto a quanto avvenuto ieri sera a Udine. Il Napoli doveva vincere contro il Liverpool, doveva sparigliare l’assetto difensivo della squadra di Klopp e inserì Zielinski nel doble pivote per aumentare la sua cifra di pericolosità in verticale. Ieri, le esigenze erano diverse e allora il cambio è stato diverso. È la sublimazione del calcio di Ancelotti, del suo lavoro di continua sperimentazione additiva al di là dei riferimenti fissi. Se il Napoli ha perso qualcosa nella qualità meccanica del suo gioco, ha guadagnato molto in capacità di leggere, interpretare e correggere i momenti di una partita.

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