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Il Napoli di Ancelotti dimostra di saper affrontare gli imprevisti

Udinese-Napoli, l’analisi tattica: Ancelotti dà grande responsabilità creativa ai giocatori, gli azzurri sanno cambiare registro durante la stessa partita.

Il Napoli di Ancelotti dimostra di saper affrontare gli imprevisti

Il Napoli visto ieri sera a Udine è una squadra probabilmente diversa da quella che Carlo Ancelotti aveva in mente. L’infortunio di Verdi ha costretto il tecnico azzurro a rivedere il suo piano partita che originariamente prevedeva pressing e verticalità, un possesso diretto, non sofisticato, del resto la scelta di schierare Zielinski nel doble pivote nasceva proprio dalla volontà di avere un altro calciatore in grado di strappare palla al piede.

Poi, però, è entrato Fabian Ruiz. E allora il Napoli è diventato una squadra cocktail, estremamente aggressiva in fase difensiva e più ricercata nel possesso palla. Una metamorfosi inevitabile se Zielinski va a “chiudersi” sulla linea laterale e Fabian Ruiz diventa l’uomo che assolve la funzione di regia, sul centrosinistra. La spiegazione posizionale diventa fondamentale, lo stesso Ancelotti l’ha spiegato nel postpartita. E poi è un’evidenza numerica, statistica: il Napoli ha avuto il 60% di possesso palla, e costruito il 46% delle sue azioni sulla sinistra; Hysaj e lo stesso Fabian Ruiz sono stati i calciatori con il maggior numero di palloni toccati (127 e 106, rispettivamente), segno che l’asse del gioco è stato volutamente, nettamente spostato sulla fascia mancina. Sotto, per chiudere il discorso, la heatmap della squadra azzurra.

Il gioco tra le linee

Uno dei punti fondamentali toccato da Ancelotti nel postpartita riguarda la differente fluidità tra il sistema difensivo e quello offensivo. Il Napoli è una squadra rigida nello schieramento in fase passiva, 4-4-2 puro con spaziature strette, sia dal punto di vista orizzontale che verticale.

Il 4-4-2 del Napoli in fase statica di non possesso

In fase d’attacco, la situazione cambia. Ancelotti modifica il suo approccio partita per partita, ma uno dei tratti ricorrenti per tutti i match riguarda la ricerca del gioco tra le linee come alternativa e/o prodromo all’apertura sulle fasce. Che cosa intendiamo: il Napoli risale il campo in costruzione bassa, poi ha la necessità di superare le linee di pressing avversarie. Il 4-4-2 rigido di cui abbiamo accennato sopra, prende a sfaldarsi perché i terzini salgono e i due esterni (di solito anche la seconda punta vanno ad esplorare altre zone di campo, appunto tra le linee della squadra avversaria.

Ancelotti ha spiegato come l’ingresso di Fabian Ruiz abbia portato il Napoli a creare gioco più sulla sinistra (ne abbiamo parlato sopra) in modo da attaccare di più con Malcuit sul lato debole. E allora Zielinski e lo spagnolo si sono mossi spesso per giocare il pallone con scambi ripetuti sul centrosinistra, Callejon veniva più all’interno del campo per lasciare spazio sull’out destro e quindi veniva a crearsi uno schieramento asimmetrico e ibrido, di difficile lettura per l’Udinese.

In questo caso, Allan sposta il pallone e l’asse del gioco verso la sinistra. Fabian e Zielinski si fanno vedere sull’esterno, per provare a creare superiorità numerica. Sul centrodestra, Callejon e Mertens (i due cerchi) giocano tra le linee e offrono soluzioni di passaggio in verticale.

Ancelotti sta insistendo con decisione su una sperimentazione tattica che accresca la responsabilità creativa dei calciatori. Un parametro che, diversamente da quanto avveniva con Sarri, non vive all’interno di una sola posizione in un sistema definito, piuttosto si può esprimere in luoghi e situazioni diverse in campo. Si tratta di un calcio universale per calciatori universali, per cui il il talento individuale è uno dei mezzi per arrivare al risultato. Probabilmente, il più importante dei transfer. Una rivoluzione del pensiero rispetto agli ultimi tre anni, in cui il Napoli sfruttava il talento dei suoi calciatori per garantire che un certo sistema di riferimento potesse funzionare. Questo per quanto riguarda la fase attiva. In fase passiva il Napoli ha mantenuto i principi di riferimento, ha solo diluito un po’ l’intensità del pressing durante tutta la partita e ha inserito un centrocampista in più.

Com’è cambiata Udinese-Napoli

In riferimento al discorso del pressing che abbiamo appena fatto, a Udine è stato evidente come il Napoli abbia gestito (o quantomeno cercato di gestire) i vari momenti della partita. L’inizio di grande intensità si è un po’ attenuato quando l’Udinese ha provato a venir fuori, tra il 25esimo del primo tempo e l’ingresso di Hamsik il Napoli non è riuscito a imporre gli stessi ritmi, anche per merito di un avversario che ha preso progressivamente le misure del campo. Non a caso, 6 degli 11 tiri dei friulani sono arrivati tra il 23esimo al 65esimo minuto.

La partita è cambiata nuovamente intorno al 70esimo, quando Ancelotti ha deciso di rendere (ancora) più razionale il gioco del Napoli con l’ingresso di Hamsik. Non sfugga il peso offensivo di un cambio apparentemente conservativo: l’uscita di Milik ha permesso alla squadra azzurra di liberare Mertens dalle attribuzioni della seconda punta, ovviamente più stringenti in fase difensiva rispetto a quelle dell’attaccante unico, ma soprattutto ha permesso al Napoli di avere più giocatori nella fase di costruzione del gioco offensivo. Hamsik centrale di centrocampo, Fabian Ruiz fisso tra le linee e Mertens a muoversi come pendolo, tra l’attacco e la trequarti. Sotto, un frame che mostra esattamente questa dinamica.

Il Napoli continua a tessere la tela del suo gioco a sinistra, mentre Callejon e Malcuit (in basso) garantiscono ampiezza sull’altro lato del campo. Mertens e Fabian Ruiz si muovono come punta e sottopunta, solo che Mertens non attacca la profondità, vuole il pallone tra i piedi, come sua abitudine. Il cerchio a destra indica il vuoto in area di rigore, nessun giocatore del Napoli attacca lo spazio.

Il Napoli è passato così ad una specie di 4-2-3-1 spurio, un sistema perfetto per esaltare le qualità di Mertens. Non a caso, il belga si è mosso con maggiore libertà; ha segnato (su rigore) ma soprattutto ha creato i presupposti per la rete di Rog. Il croato è stato il terzo e ultimo cambio indovinato (in questo caso è il termine perfetto) da Ancelotti.

Conclusioni

Il Napoli viene fuori dalla partita di Udine con un bel po’ di certezze. Anzi, con un bel po’ di certezze in più. Intanto, la solidità difensiva (terzo clean sheet consecutivo) raggiunta dal nuovo sistema; poi, soprattutto, la capacità di cambiare il proprio gioco prima e durante le partite. Ancelotti ha lavorato e sta lavorando in modo da poter gestire tutte le emergenze. Tra il prepartita e i primi tre minuti di gioco, il Napoli ha voluto o dovuto rinunciare a Mario Rui, Hamsik, Insigne e Verdi. Eppure, la squadra ha saputo trovare la strada per portarsi in vantaggio, resistere al ritorno dell’Udinese e poi trasformarsi di nuovo, per mettere a sicuro il risultato. Difficile chiedere di più alla vigilia di un match decisivo per la Champions, dopo la pausa per le nazionali.

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