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Ancelotti porta il Napoli fuori dal recinto della modestia e parla di scudetto

Non era mai successo in tanti anni. Parla da manager di un grande club e spazza via la retorica del miracolo che ha afflitto Napoli anche nella stagione dei 91 punti

Ancelotti porta il Napoli fuori dal recinto della modestia e parla di scudetto

Parole da manager

Carlo Ancelotti porta la prima novità in casa Napoli. Lo fa ancor prima di cominciare, di arrivare a Dimaro per il ritiro in vista della stagione 2018-2019. Sul suo sito ufficiale, il nuovo manager del Napoli parla apertamente di scudetto. Una novità storica per questo Napoli. A memoria, non era mai successo nell’era De Laurentiis.

Non a caso abbiamo utilizzato la parola manager. In un’azienda ci si pone degli obiettivi. Che ovviamente possono anche non essere raggiunti. È la vita, ci mancherebbe. Ma si traccia un orizzonte. E lo si fa perché si ritiene di avere le caratteristiche, le qualità indispensabili per conquistarlo. Non a caso Ancelotti ha scritto: «venti giorni di lavoro intenso, che serviranno a gettare le basi e a preparare un progetto sportivo che si pone come obiettivo la conquista dello scudetto…». Progetto sportivo. Sono le parole di un manager. Di un manager di un grande club.

Cambio di passo

Pur essendo lontani dal campo, quindi a bocce ferme, possiamo tranquillamente parlare di cambio di passo. Il Napoli negli ultimi nove anni ha conquistato tre secondi posti, tre terzi posti e due quinti posti. Con ogni probabilità, la miglior squadra italiana dopo la Juventus. Eppure nessun allenatore aveva formulato l’obiettivo a inizio stagione. Né Mazzarri né Benitez né Sarri.

Negli ultimi tre anni abbiamo assistito al paradosso di essere sempre in lotta per la conquista del campionato – due i titoli di campione d’inverno vinti – eppure non abbiamo mai ascoltato da Sarri una dichiarazione che rendesse l’idea della forza di questa squadra e di questo club. Come se il Napoli si trovasse lì per caso e non per un lavoro societario di quasi dieci anni e un lavoro tecnico di allenatore e giocatori. Un fastidioso recinto della modestia, come se i primi a non crederci alla nostra fossimo innanzitutto noi. La retorica del miracolo. Dell’impresa. La perenne figura retorica degli gnomi contro i giganti. Sempre. Magari sarà stato per superstizione, di certo è che sembrava uno scenario quantomeno irrealistico vista invece la forza e la padronanza che il Napoli di Sarri mostrava sui campi di Serie A.

“Il Napoli non può programmare lo scudetto”

Quella frase “il Napoli è una società che non può programmare lo scudetto”, ripetuta come un mantra, ha finito per diventare quasi più convincente delle prestazioni. Che, ricordiamolo, in campionato sono state sul filo dell’eccellenza. Tre qualificazioni Champions consecutive, novantuno punti in campionato, uno scudetto sfumato solo a tre giornate dalle fine.

Ovviamente dichiarare che lo scudetto è un obiettivo, non significa vincerlo. Significa però consapevolezza delle proprie possibilità. La frase di Ancelotti spazza via anche quelle assurde scorie che una parte dell’ambiente Napoli si ostina a propalare, città dov’è germogliato e viene quotidianamente alimentato l’autolesionista virus del papponismo. Non sono bastati un decennio di Serie A, nove anni nelle coppe europee, miglioramenti continui, a rendere la tifoseria orgogliosa del proprio club. Anche in questi giorni, ahinoi, abbiamo letto di tutto.

La verità – per alcuni insopportabile – è che Ancelotti è venuto a Napoli perché considera il Napoli una squadra forte e competitiva. Come del resto dimostrano i numeri degli ultimi otto anni. Non si capisce come sia possibile che, dopo tre due secondi posti in tre anni, parte della tifoseria percepisca questa squadra ancora un frutto di chissà quale buona stella.

Ancelotti riporta il dibattito sulla terra. Il Napoli è una squadra forte e si pone l’obiettivo di conquistare lo scudetto. Una banalità per il resto del mondo. Una svolta storica a Napoli.

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