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Salvate il soldato Mauro Ryan

Un cambio di strategia del commando centrale di cui il soldato distaccato Massimo Mauro non era al corrente. Sul Var, ora, la pensiamo diversamente.

Dopo Madrid

Nel dopo-partita di Madrid e nella confusione generata dalla concessione di un rigore a venti secondi dalla fine dei tempi regolamentari, con il conseguente assalto all’arbitro e relativi provvedimenti disciplinari, con il corollario di accese discussioni a Media-Italici-Unificati, unificati anche nel giudizio universale e univoco sullo scandalo di quella concessione, insomma nel bailamme di vibranti proteste, pianti copiosi, dichiarazioni di fuoco, nessuno ha pensato a un piccolo dramma, un dramma privato che si stava consumando nello stesso momento a qualche migliaio di chilometri di distanza, qui da noi, in Italia, in un appartamento borghese di una delle nostre città.

A questo punto non avrebbe nessuna valenza soffermarci ancora sulla giustezza o meno di quel rigore. Anche se mi farebbe piacere sapere (cosa del tutto  impossibile) quali sarebbero state le reazioni dei calciatori bianconeri a ruoli invertiti.  Cioè se al posto dell’attaccante del Real sul quale è stato commesso fallo si fosse trovato invece un attaccante della Juve contrastato nello stesso modo col quale Benatia ha contrastato l’attaccante madrileno.

Beh, la risposta è facile: ti danno un rigore a favore e tu te lo prendi. E fin qui, tutto giusto.

Un ribaltamento

Ma complichiamo un po’ il gioco, visto che stiamo giuocando e che, quindi, tutto ci è permesso. Supponiamo per un momento che, a venti secondi dalla fine dei tempi regolamentari, sulla stessa situazione di punteggio, un attaccante juventino si fosse trovato, così come nella realtà è capitato all’attaccante del Real, a due metri dalla porta, pronto a poggiare in rete il pallone che gli è arrivato, e gli piomba addosso, alle spalle, il Benatia difensore del Real.

Con la differenza che in questo caso, sempre continuando nel nostro gioco, l’arbitro non concede il rigore. Quali sarebbero state le reazioni di giocatori, allenatore, panchina e dirigenti della Juventus? Ebbene, io ritengo che in questo caso le reazioni avrebbero avuto la stessa veemenza e potenza di quelle verificatesi mercoledì sera al Bernabeu. Ma torniamo al piccolo dramma privato cui accennavo all’inizio.

Tutto inizia quando, nell’immediato post-partita, compare davanti alle telecamere di Mediaset un tesserato della Juventus. E che tesserato: il Presidente Agnelli in persona. Il quale, tra le altre cose, afferma perentoriamente: «Se oggi abbiamo una tecnologia avanzata (leggi Var), bisogna usarla in tutte le manifestazioni»

Una dichiarazione epocale attraverso la quale finisce la guerra tra Vinovo e il Var, con la completa riabilitazione della tecnologia applicata al calcio.

Un soldato distaccato

Ora, si dà il caso che un soldato di stanza a Vinovo – ma distaccato per esigenze strategiche in una trincea televisiva dove era stato chiamato, durante tutto il freddo inverno, ogni maledetta domenica sera, tra l’altro lasciato lì senza giacca, a difendere, strenuamente e con sprezzo del ridicolo, le ragioni di tutti quelli che “…il Var uccide il calcio”,  “…le partite dureranno fino a mezzanotte” , “…il Var è una cagata”,  “una macchina non potrà mai sostituire l’uomo” e via demonizzando –  questo soldato, dicevo, si trovava, mercoledì sera,  nella sua casa borghese, sprofondato in una poltrona a guardare la TV proprio nel momento in cui il Presidente pronunciava quelle parole sulla tecnologia.

Parole che, per lui, sono state come un colpo di maglio ricevuto in piena faccia. Ma cos’era successo mentre il povero soldato stava lì in trincea a rintuzzare tutti gli attacchi che venivano proditoriamente portati contro la sacralità “dell’arbitro che può anche sbagliare, ma sempre e comunque in piena buona fede” e contro la purezza ideologica del “alla fine torti e vantaggi si compensano e vince sempre chi è più meritevole”, massime che gli erano state impresse a fuoco fin dai tempi dell’Accademia?

Il cambio di strategia

Era successo che, in una storica, e segreta, riunione degli Stati Maggiori di Vinovo, era stata approvata una mozione che, più o meno, diceva così: «Negli ultimi tempi abbiamo dovuto subire numerose perdite di credibilità dovute al fatto che ci siamo opposti scriteriatamente all’uso di una tecnologia che cominciava a procurarci danni e ad intaccare alcune consolidate certezze sulla quali abbiamo costruito tanti dei nostri successi».

«Ma abbiamo dimenticato, in questo frangente, che una macchina viene, sempre e comunque, guidata e interpretata da un uomo. Perciò smettiamo, da ora in poi, di aver paura di un marchingegno tecnologico. E continuiamo ad operare sugli uomini che la controllano. E il problema si risolverà da solo».

Mancata informazione

Tutto bene, quindi. Tranne il fatto che avevano dimenticato di informare il povero soldato in trincea di questo cambio di strategia. E lui stava ancora lì, nella sua trincea, come il soldato giapponese abbandonato, alla fine della seconda guerra mondiale, su un’isoletta del Pacifico e ritrovato dieci anni dopo, appollaiato su un albero con il fucile spianato, ad aspettare lo sbarco degli americani.

Per favore, ma anche per umanità, qualcuno vada ad informare il nostro soldato che la guerra è finita. Vada a tirarlo fuori da quella trincea per riportarlo a Vinovo.  Insomma, Salvate Il Soldato Mauro Ryan.

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