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Quando Sarri fu obbligato dal Napoli all’elogio di Castel Volturno. Ne è passata di acqua

In tre anni i rapporti di forza tra De Laurentiis e l’allenatore si sono rovesciati. Oggi è il Napoli che cerca in ogni modo di trattenerlo. Un rapporto costellato di frecciate

Quando Sarri fu obbligato dal Napoli all’elogio di Castel Volturno. Ne è passata di acqua
Sarri e De Laurentiis in una foto di Matteo Ciambelli

Era appena arrivato a Napoli

Parli di centro sportivo e torna in mente il business plan. E di conseguenza la rottura prolungata tra Benitez e De Laurentiis sul Napoli del futuro. Ma viene in mente un altro dettaglio che probabilmente tanti tifosi ricorderanno. Era il 13 giugno 2015, Maurizio Sarri arrivò a Castel Volturno dopo una trattativa a dir poco laboriosa. E avvolto da un alone di mistero. L’ex allenatore dell’Empoli non aveva ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali, le prime interviste le avrebbe concesse ai primi di luglio. Eppure quel giorno il Calcio Napoli pubblicò due tweet:

il primo recitava così: : “Ho visitato con grande piacere il centro sportivo di in compagnia del Presidente @ADeLaurentiis“.

 

E il secondo: : “Insieme a noi anche i miei collaboratori, abbiamo trovato un centro sportivo ampiamente attrezzato per le nostre esigenze”

Venne usato per rispondere a Benitez

Tweet ovviamente di stampo sovietico (non a caso fu quell’episodio a sancire la nascita di Zdanov). E soprattutto tweet che sembrano preistorici. Erano la manifestazione plastica dell’egemonia di De Laurentiis su Maurizio Sarri. Che veniva in questo modo “usato” per rispondere alle accuse lanciate da Benitez. I rapporti di forza, in quell’estate del 2015, erano tutti in favore del Calcio Napoli che aveva concesso all’allenatore toscano (ma nato a Napoli) l’occasione della vita, quella che cinematograficamente rese famoso Rocky Balboa.

Poi cominciarono le vittorie

Sarri si prestò, non aveva scelta. Lui che già all’Empoli aveva ben altro centro sportivo a disposizione. A quei tempi l’allenatore toscano era ancora incudine. Non durò molto. Tre mesi dopo, il 26 settembre, il suo Napoli sconfisse la Juventus di Allegri in un San Paolo che ancora non si era innamorato del nuovo corso: furono appena quarantamila gli spettatori per quel Napoli-Juve. Tre settimane dopo, il 18 ottobre, di spettatori ce n’erano cinquantamila per la sfida con la Fiorentina, sfida che aveva già il sapore dell’alta classifica. Poi arrivarono il primo posto, i gol a grappoli di Higuain e a gennaio 2016 il primo attrito ufficiale che segnò un cambiamento nei rapporti di forza tra i due.

Grassi e Regini

La frase sull’acquisto di Grassi e Regini al mercato di gennaio mentre il Napoli era in testa al campionato: «Evidentemente il Napoli non ha cambiato gli obiettivi di questa stagione che resta di costruzione». Come a dire che per lo scudetto sarebbe servito ben altro. I tweet dettati dalla società sulla magnificenza del centro sportivo di Castel Volturno erano un lontano ricordo. E nei rapporti di forza tra i due, la bilancia sarebbe stata sempre più sbilanciata in favore dell’allenatore.

L’intermezzo del rinnovo, poi il dolore per Higuain

Ci fu un solo intermezzo, datato 27 maggio 2016: il primo rinnovo di Sarri col Napoli. L’allenatore toscano parlò di gesto splendido da parte del presidente, disse di sentirsi parte integrante della famiglia del Napoli. In quell’occasione, De Laurentiis fu abile a piazzare la clausola rescissoria da otto milioni. Poi, però, arrivò il trasferimento di Higuain alla Juventus – che versò i 90 milioni della clausola rescissoria – e Sarri accolse la notizia come un sorso di olio di ricino. Resta tuttora una ferita aperta per l’allenatore nato a Bagnoli.

Le frecciate, da Genova a Madrid

Ripresero anche le frecciate, farne un elenco sarebbe troppo lungo. Memorabile la serata di Genova, quando Sarri si lamentò più della solitudine cui era costretto dalla società che per l’arbitraggio che ci sottrasse due rigori; seguì un comunicato della società che invitava l’allenatore a rispettare le decisioni arbitrali. Tafazzismo allo stato puro da entrambe le parti.

La stagione, dopo un inizio difficile, prese un’altra piega. Il Napoli di Sarri disputò un signor campionato, con un girone di ritorno eccellente, anche se non riuscì a conquistare il secondo posto. Portò però il club a raggiungere per la seconda volta nella sua storia gli ottavi di finale di Champions League e a tornare, trent’anni dopo, al Santiago Bernabeu per sfidare il Real Madrid. Anche quella sera non mancarono i fuochi d’artificio, con le accuse mosse da De Laurentiis alla squadra. Parlò di mancanza di cazzimma. Un’uscita eufemisticamente poco felice che mise altra distanza tra il presidente e l’allenatore, con il “popolo” schierato quasi tutto con Sarri.

Oggi i rapporti di forza sono completamente cambiati

Altro ci sarebbe da dire, ma non basterebbero trentamila battute. La dichiarazione di Sarri sul sacrosanto desiderio di arricchirsi, ad esempio. Veniamo ai giorni nostri, con il Napoli che ha macinato record su record ed è ampiamente in corsa per lo scudetto. Sarri è l’idolo indiscusso della tifoseria napoletana e adesso è De Laurentiis a temere che qualche club possa portarglielo via. Timore doppio: sia per le sorti del club, sia per la gestione della piazza. Sta provando e proverà in ogni modo a trattenere l’allenatore che ha affascinato l’Europa con il suo calcio. Dal canto suo, l’allenatore toscano è concentrato sul campionato in corso e – giustamente – sta anche alla finestra per vedere cosa succede. La clausola rescissoria da otto milioni scade a fine maggio. È un ostacolo non irrilevante anche per club di prima fascia come il Chelsea e il Psg che dovrebbero versare almeno 12 milioni di euro (8 di clausola più 4 di ingaggio) per avere Sarri in panchina. Anche se i Blues sembrano orientati su Luis Enrique e gli emiri parigini su Allegri.

Quel che è interessante constatare è quanta acqua sia passata sotto i ponti da quel 13 giugno 2015. Da quei complimenti forzati di Sarri al centro di Castel Volturno, alle attuali mosse – che possiamo definire disperate anche se la trattativa dovesse andare a buon fine – per cercare di trattenere il tecnico all’ombra del Vesuvio. Tre anni dopo, quel centro sportivo non sembra più “ampiamente attrezzato per le nostre esigenze”. Tre anni dopo, Sarri non è più un parvenu.

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