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Terreni di gioco e Nazionali: commento sui temi (non tattici) toccati da Sarri

La presentazione di Napoli-Feyenoord, per Sarri, è stata l’opportunità per parlare di calcio in generale: un’opinione sulle sue ragioni e sui suoi torti.

Terreni di gioco e Nazionali: commento sui temi (non tattici) toccati da Sarri

A freddo

Ieri non ho seguito la conferenza stampa di Maurizio Sarri, che ha incontrato i giornalisti per presentare Napoli-Feyenoord. Ho riletto oggi, con attenzione, le sue dichiarazioni e ho deciso di scriverne. Chi legge il Napolista sa che mi occupo (soprattutto) di campo, di spiegare e analizzare e interpretare situazioni tattiche e di gioco, ma stavolta sono stati colpito da altri aspetti delle parole del tecnico toscano. Quelle sul calcio “in generale”, che poi sono state critiche al sistema: i campi da gioco e la strutturazione del calendario. Due temi abbastanza grossi, che in qualche modo finiscono per inficiare rendimento e azioni di gioco, anche se in realtà non sono strettamente correlate.

Terreno di gioco

Che la Serie A abbia un problema infrastrutturale, credo sia palese. Anzi, addirittura lapalissiano. Ovviamente, faccio riferimento a tutti gli strumenti (Sarri utilizza questo termine, l’ha fatto anche in passato) per parlare dell’impianto di ricezione del pubblico e del terreno di gioco. Che il Napoli-squadra possa soffrire, nel suo gioco, un prato lento – non innaffiato, non compatto, non lineare – è abbastanza comprensibile. Il calcio di Sarri tiene la palla bassa, la fa scorrere, gioca sulla rapidità: se il pallone non scorre bene, la squadra di Sarri perde tempo in maniera effettiva.

Anzi, voglio dire di più: la frase di Sarri sulla possibilità che Milik abbia potuto farsi male a causa delle condizioni del terreno di gioco è un’ipotesi che potrebbe essere pure verosimile. È solo che non trova riscontro scientifico, in relazione alla stessa Spal-Napoli (nel senso: solo Milik si è infortunato durante il match di sabato) e all’intera cronologia di partite disputate finora (solo Milik ha avuto un infortunio così grave al “Paolo Mazza”).

Per dirla facilmente: per quanto brutto, si è trattato di un incidente che è una pura e semplice fatalità. Che risiede nella sfortuna o in una eventuale fragilità legamentosa di Arek Milik. Il polacco, un anno fa, si fece male – allo stesso modo – a Varsavia, giocando su un campo decisamente migliore rispetto a quello di Ferrara. Quindi, pronunciare questa frase è quantomeno sconveniente, perché – ripetiamo – la correlazione non è dimostrabile in nessun modo. Quello sulla cura del terreno di gioco è un concetto che Sarri porta avanti da molto, anzi da sempre. Ma che non si dovrebbe menzionare in alcuni casi, in alcuni momenti. Questo, a mio parere, apparteneva a questo gruppo. Si può comunicare in modo sbagliato, anche quando non si hanno tutti i torti.

Calendario e nazionali

A pioggia, ecco le considerazioni su un calendario ingolfato. Sarri, da tempo, sbandiera la sua qualifica di “allenatore”. E la sua sensazione secondo cui le squadre paghino la mancanza di lavoro tattico quotidiano in allenamento. In questo caso, ha perfettamente ragione. È solo che purtroppo non è molto aderente con la realtà costruita dal calcio postmoderno. Non è un’accusa, è una constatazione: i ritmi alternati partite-preparazione, oggi, sono sbilanciati. Perché gli impegni sono tanti, sono una conseguenza della dimensione economica raggiunta dal calcio e non si può fare altrimenti.

Partendo da questo presupposto, e dal fatto che l’eventuale riduzione del numero di squadre in Serie A rimanga un argomento controverso (anche Sarri lo sa: «è un’idea che ha pro e contro, riduce le partite ma anche lo spazio per certe realtà»), si potrebbe fare qualcosa per decongestionare il calendario? Sì, ed è esattamente quello che Sarri ha proposto ieri: cambiare il sistema delle Nazionali. Concentrare le qualificazioni in un periodo in cui “si fa solo quello”, come un Mondiale o un Europeo. Un mese a fine stagione, ad esempio, come se le eliminatorie per accedere ad un torneo importante fossero una competizione a parte.

Una proposta e le ragioni di Sarri

Ci sarebbero gli spazi di manovra per il lavoro “progressivo” dei ct? Certo, basterebbe inserire un tot di amichevoli “singole” in alcuni momenti della stagione, in cui sperimentare. Come si faceva una volta, senza cicli di due match magari decisivi nel bel mezzo della stagione. Una partita al posto di due giocata a settembre, ad esempio, non costringe a una sosta lunga (due settimane), quindi garantirebbe la diluizione del calendario e la possibilità ai tecnici di lavorare di più senza giocare ogni tre giorni. Inoltre, il “torneo” di qualificazione – da disputare negli anni dispari, ad esempio, dopo la fine della stagione – sarebbe un modo per far sì che le nazionali diventino un appuntamento annuale fisso, che quindi attiri una fetta maggiore di pubblico “affamato” di calcio.

Ci sono tanti motivi per cui Sarri ha ragione, secondo me. Le regole del gioco sono queste, ma si può anche essere in disaccordo. E la sua versione diventa (diventerebbe) interessante nel momento in cui pronuncia la frase «ne gioverebbe la qualità delle partite». Ecco, questa è una discriminante che non può (potrebbe) passare inosservata. Che è (dovrebbe) essere l’obiettivo da seguire.

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