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Naples 44 ci costringe ad ascoltare Gennaro Jovine di Napoli milionaria

Il documentario di Francesco Patierno sul libro di Norman Lewis ci costringe a ragionare sulla rimozione collettiva di quel periodo.

Naples 44 ci costringe ad ascoltare Gennaro Jovine di Napoli milionaria
Una scena di “Naples 44” di Francesco Patierno

L’opera di rimozione collettiva

A quelli della mia generazione la Napoli del dopoguerra l’hanno raccontata i nonni innanzitutto e poi Eduardo con Napoli milionaria. I racconti dei nonni erano quasi tutti incentrati sull’assenza e la mancanza. Un racconto per sottrazione. Gli amici e i parenti che non si salvarono, quelli che partirono e non tornarono, il caffè che non c’era più, le case che erano venute giù, la fame.
Eduardo, invece, in Napoli milionaria ci regalò un racconto per rimozione. Il racconto di Gennaro Jovine, appena tornato dalla guerra, non lo voleva ascoltare nessuno. “Ma mo staie ccà cu nuie… Nun ce penza’ cchiù…” gli dice il figlio Amedeo mentre Gennaro cerca di parlare di quello che ha visto.

Eduardo parlava di una Napoli per la quale “ha da passa’ ‘a nuttata“, una Napoli che della guerra (e della resistenza e del dopoguerra che pareva non finire mai) non aveva voglia di parlare. Non a caso una storica come Gabriella Gribaudi ha dedicato molti dei suoi studi alla rimozione dalla memoria meridionale e nazionale degli eventi bellici e postbellici a Napoli e in tutto il Sud (si consiglia la lettura, sul punto, di Terra bruciata. Le stragi naziste sul fronte meridionale, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2003).

Il rapporto tra Norman Lewis e Napoli

Fa specie, dunque, sentire il racconto di un ufficiale inglese, Norman Lewis, che passò un anno a Napoli tra il 1943 ed il 1944. Il suo tono inizialmente diffidente, freddo, distaccato e quasi compilatorio (reso fedelmente dalla voce narrante di Adriano Giannini nella versione italiana e da quella di Benedict Cumberbatch in quella inglese), a poco a poco si fa più tenero e comprensivo. Si potrebbe quasi dire che è una storia d’amore quella tra Lewis a Napoli, interrotta da un ordine di partenza che avrebbe allontanato per sempre i due protagonisti.
La locandina di “Naples 44”

La locandina di “Naples 44”

Il lavoro d’archivio di Francesco Patierno

Francesco Patierno (tra i cui film ricordiamo Pater Familias del 2002, Cose dell’altro mondo del 2011 e La gente che sta bene del 2014) ha scelto di mescolare alle parole di Lewis filmati di archivio (frutto di un lavoro di ricerca davvero notevole), spezzoni di vecchi film (tra cui La Pelle di Liliana Cavani del 1981, Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loi del 1962, Paisà di Roberto Rossellini del 1946, Napoli Milionaria di Eduardo del 1950 e Chi si ferma è perduto di Sergio Corbucci del 1960) e il racconto di un ipotetico ritorno dell’ufficiale inglese nella Napoli dei nostri giorni. Il risultato è qualcosa di più di una docufiction. Le immagini di repertorio, crude e strazianti, si alternano con i volti di Mastroianni, Totò ed Eduardo, le parole originali del diario di Lewis si giustappongono allo sguardo malinconico ed innamorato del Lewis immaginario dei giorni nostri.

Napoli complessa e contraddittoria

La Napoli che vide Lewis è complessa e contraddittoria, intrisa di luoghi comuni e disumanità, credenze e realtà. Con il piglio quasi dell’antropologo più che del militare, Lewis racconta la fame, la miseria, le epidemie, la prostituzione, l’arte di arrangiarsi, ma anche il cinismo dei professionisti che si affrettano a diventare delatori, l’indifferenza al dolore, la rabbia nei confronti dei liberatori. Alla compostezza dignitosa di Lattarullo, un avvocato che divenne amico dell’ufficiale inglese che per arrotondare non disdegnava di impersonare il ruolo dello “zio di Roma” ai funerali, si contrappongono la virulenza di chi aggrediva le ragazze napoletane che si accompagnavano ai militari americani ed inglesi e l’avidità di chi gestiva il mercato nero.
Naples’44 – prodotto dal napoletano Davide Azzolini – suscita nello spettatore emozioni a scoppio ritardato, proprio come le bombe che i tedeschi avevano disseminato in città programmandole per esplodere dopo la loro fuga.
Napoli milionaria

Napoli milionaria

La bomba alle Poste Centrali immortalata anche da Robert Capa

La sequenza (credo inedita) sugli effetti dell’esplosione delle Poste Centrali (che furono immortalate anche da alcune celebri foto di Robert Capa) torna in mente anche molte ore dopo aver visto il film; i volti dei soccorritori e dei sopravvissuti ci consegnano un misto di dolore e rassegnazione che meglio di qualunque altra cosa racconta lo stato d’animo della città in quegli anni. Il film aggiunge alle parole di Lewis delle domande. Guardando “com’eravamo” non si può fare a meno di chiedersi “come siamo cambiati”, Naples 44 ci fornisce il racconto del Gennaro Jovine di Eduardo che nessuno voleva ascoltare e ci costringe a ragionare sulla rimozione collettiva di quel periodo.
Un’opera che vale la pena di rivedere più volte, per avere la possibilità di cogliere appieno il gioco di rimandi tra finzione e realtà.
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