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Noi immobili come il mondo, poi Hamsik ha scoccato il tiro

È il giorno dei morti, con tutto quel che la memoria riporta. Novembre non si presenta a tradimento, e tu vuoi bene anche a Inler.

Noi immobili come il mondo, poi Hamsik ha scoccato il tiro
Hamsik festeggia sotto lo sguardo della polizia turca (foto Cuomo)

Quante volte?

Eccomi, di nuovo su un treno, di nuovo all’alba. È di nuovo novembre, con tutto quello che questo mese comporta; è il giorno dei morti, con tutto quello che la memoria riporta. Per come la vedo io, novembre è un inizio. Non mi sono mai voluto accontentare del suo retorico grigiore, del superficiale racconto che se ne fa. Quando arriva novembre l’estate è già finita da un pezzo, è lontana come un qualunque ritiro precampionato. Quando arriva novembre è come un segnale: da qui a poco comincerà il freddo, farà molto buio. Novembre serve ad abituarci a fare a meno di qualcosa, tutto sommato è un amico. Non ti arriva alle spalle, non si presenta a tradimento, non ti fischia un rigore contro. Novembre non ti eliminerebbe mai, ti chiederebbe solo di resistere; di tenere botta, come dicono i giovani.

Sul treno, dicevo, l’alba dopo una partita. Quante volte fin qui? Quante altre ancora? Quante partite guardate o non guardate? Le attese, la lettura delle formazioni, questo gioca quell’altro non gioca. Le fasi di studio o le accelerazioni immediate. L’effetto sorpresa. La prima occasione, la seconda. Un bel tiro, un’uscita bassa del portiere, una respinta di coscia, una coscia avversaria. La costruzione del gioco, il palleggio del Napoli. La fascia sinistra: Hamsik che viene incontro, e poi Insigne, e poi Ghoulam, e poi un cross, forse ribattuto, forse no. Poco dopo un’altra occasione. Quante volte? Il dominio del centrocampo, l’attesa del buco, il giro palla, un taglio di Callejón, un filtrante di Jorginho, un errore di Jorginho. Quante volte? Tante se ricordi ancora un gol di Vinazzani, un tackle di Ferrario, un colpo di testa di Penzo; se ricordi un rigore sbagliato da Savoldi e le conseguenti bestemmie di tuo nonno. Quante volte? Koulibaly in controllo totale, e poi qualche errore, e poi l’intervallo.

Quante volte? Quanto sono lunghi quei quarti d’ora, tempo delle nostre vite sprecato, come i ritardi accumulati da un treno. Quindici lunghissimi minuti in cui non puoi far niente, non riesci a far niente. Stenderesti i panni ad asciugare se la lavatrice finisse proprio in quei momenti, ma la lavatrice non vuol saperne, si concede sempre troppi minuti di recupero. Ti alzi e bevi, ti risiedi, ti incolli al divano. Guardi gli spot, anche quelli in inglese, tanto sono uguali ovunque. Tutti promuovono automobili, pensi alla tua ultima venduta cinque anni fa, senza pentimenti. Il secondo tempo, finalmente.

Gabbiadini, ora dovresti fare tu qualcosa per noi

Ci saranno stati cambi? E quali? È una partita difficile, speri in Diawara, valuti l’ipotesi Zielinski. Si riparte, ti trovi a riflettere: come speravi, il Napoli nel secondo tempo accelera, se così si può dire. Il Napoli c’è. Eppure, proprio perché sono tante volte, perché hai visto un migliaio di partite, noti una differenza importante rispetto alla partita d’andata. Mentre si giocava al San Paolo pensasti, per tutta la partita, che il Napoli avrebbe vinto, nonostante gli errori (e poi perdemmo). Oggi non ne sei altrettanto sicuro, anche se è chiaro che il Napoli è migliorato rispetto a due settimane fa, soprattutto in difesa. Eccoci, quante volte ce lo siamo detti? Fuori Gabbiadini, che, idealmente, ci aveva lasciati già da una trentina di minuti. Manolo, non so più che fare con te. Dovresti, ora, fare qualcosa tu per noi, se sei in grado, oppure arrivederci, è stato un piacere, sei un bravo ragazzo. E intanto passiamo dal racconto in prima a quello in seconda persona, perché quando guardi le partite vedi anche te stesso, non sempre è un bel vedere. Palla di Insigne per Callejón. Solito taglio, il portiere turco chiude bene lo specchio della porta; Calle (forse) ritarda il tiro un attimo di troppo, può tirare ormai solo fuori. Ed è li che tira. Tacco di Mertens, tiro di Insigne. Tutto molto bello, peccato. Speri in un gol di Insigne, per lui e per il Napoli. Pensi che il Besiktas sia scarso, esattamente come lo pensavi all’andata. Ed è così. Pensi che Inler sia sempre lo stesso: è uguale nei lanci sbagliati, nelle palle perdute a centrocampo, nel fallo successivo e nell’ammonizione conseguente, nel suo essere sostituito. Gli vuoi bene.

Callejon si gode lo spettacolo

E poi rigore per loro. Quante volte? Maksimovic: fallo di mano, che ingenuità. Capita. Quante volte? Troppe. Tirerà Quaresma, non sbaglierà. Guardi il cronometro, credi che il Napoli possa pareggiare, e non è soltanto una speranza. Il Napoli può perché c’è. Ed eccoli: Diawara e Zielinski. Sarri dirà poi che Diawara ha giocato con la stessa naturalezza con cui gioca la partitella del giovedì, ed era la sua seconda presenza in Champions League. Sì, lo era. Diawara, poi, l’appoggia ad Hamsik, che è il capitano e il suo compito non è solo quello di stare “ritto sul cassero” a fumare la pipa, ma è quello di tirarci fuori dai guai; cosa che il capitano puntualmente fa. A questo punto non so nemmeno se sia il caso che vi descriva il gol, che è strepitoso, un gol che ci ha cambiato la serata (e che speriamo abbia cambiato il vento); sto in mezzo alla nebbia tra Vicenza e Verona, cosa volete che vi racconti? Il gol lo avete visto già tutti. Vi dico, però, un paio di cose importanti. La prima riguarda la sensazione, figlia di nessun ragionamento ci troviamo dalla parte dell’istinto; la sensazione che molti di voi, come me, avranno provato quando Hamsik ha tirato su la testa. Abbiamo sentito che l’avrebbe messa lì, a giro, imparabile. L’ha avvertita perfino Callejón; lo vedete sulla destra, appena dentro l’area, che si ferma, si volta e si gode lo spettacolo.

L’altra cosa viene da un libro di Donald Antrim: La luce smeraldo nell’aria (Einaudi, 2016; trad. di Cristiana Mennella); è un libro di racconti, in uno di questi leggiamo: “Sentì una goccia di pioggia, poi un’altra. Le nuvole ancora non si vedevano ma Billy avvertiva il peso della bassa pressione. C’era una luce smeraldo nell’aria. Gli uccelli e gli altri animali tacevano; il mondo era immobile […]”. Tutti noi siamo stati Billy, per almeno un paio di secondi, immobili come il mondo, poi Hamsik ha scoccato il tiro e tutti noi, consapevoli o meno, abbiamo visto quella luce smeraldo nell’aria, non può essere che così. Di nuovo, abbiamo respirato. Quante volte? E poi avremmo potuto vincerla. Insigne avrebbe meritato il gol; poco prima, Mertens avrebbe dovuto calciare meglio. Avremo potuto vincerla, non l’abbiamo persa.

Il Napoli c’è con quello che può adesso, noi ci siamo con quello che siamo, da sempre. Il treno prosegue verso Milano. A guardare fuori dal finestrino, si direbbe novembre.

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