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Artperformingfestival: un mese di mostre e performance a Napoli

Artperformingfestival: un mese di mostre e performance a Napoli

«I sogni sono fatti per essere realizzati» e l’Artperformingfestival è proprio un piccolo sogno che prende forma per Gianni Nappa.

«Artperformingfestival è un contenitore dei nuovi linguaggi – spiega Nappa – dove si fondono le esperienze di artisti napoletani che operano da 40 anni con quelle dei giovanissimi che sono contaminati non solo dalle nuove tipologie dei linguaggi, ma dal loro senso stesso di essere contaminanti. E’ un work in progress perché la sperimentazione dagli anni ‘70, in cui non c’era neanche una determinazione di quello che sarebbe stato, è come se non si fosse mai fermata. E’ continuata sempre anche se il mondo negli ultimi anni è diventato fortemente digitalizzato e indicizzato dai mezzi piuttosto che dai concetti. Il mio sogno è mettere dentro tutte le contaminazioni possibili, non a casa la mostra di Castel dell’Ovo si chiamerà “East and West Crossroads” perché fonde oriente e occidente».

Da domani 18 giugno, Napoli sarà la cornice per questa manifestazione di carattere internazionale che attraverso l’arte porrà l’accento sulle tante criticità della società contemporanea dalla situazione in medio oriente, ai temi della spiritualità, dai focus sulle guerre territoriali, alle emigrazioni, ai rifugiati e all’Apartheid. Il festival, è un format che si spera possa essere riprodotto in altre città e diventi portavoce della capacità di Napoli di esportare la sua progettualità.
Tanta attesa per questo primo appuntamento promosso dall’associazione ResetArt, in collaborazione con il Comune di Napoli e l’Assessorato alla Cultura e al Turismo, che aspira a diventare un festival annuale.


 

All’interno della mostra ospitata a Castel dell’Ovo, ci sarà una bipersonale di opere pittoriche, video, documentazione, foto e performance dell’artista partenopeo residente a Londra Riccardo Attanasio artista apolide di Scampia che gira il mondo facendo performance e del sudcoreano Gim Gwang Cheol, chef master, artista performer  e una collettiva “Contaminazioni e Mutazioni” di artisti napoletani emergenti (Cristina Cianci, Gianluca Carbone, Gio Schiano, Assunta Pizza, LUPASS, Francesco Ciotola, Orodè Deoro, Marina Semmai  e Re:Merda, Raffaele Miscione, Daniele Rosselli, Luigi Tirino, Ulderico Di Domenico, Oni Wong, Luisa Russo, Claudio De Lorenzo, Gino Quinto, Alfonso Auriemma, Giovanni Maglione ). Il 18 luglio in programma un finissage con la proiezione di un film di Lamberto Lambertini.

«Siamo in quel leonardodavincismo – continua il curatore – che gli artisti di oggi stanno rivalutando – commenta Nappa – non a caso avremmo le esperienze di Tienanmen con Oni Wong e quelle dei centri sociali, insieme a Marina Semmai e  Re:Merda che contaminano l’ambiente. Ci saranno le opere in ferro di Luigi Tirino che continua a lavorare nella speranza che l’artigianato non finisca nel dimenticatoio e l’istallazione della leggerezza delle fedi e delle contaminazioni dei popoli di Assunta Pizza dove i pizzi antichi del talamo diventano supporto delle carte leggere di una mente che vola averso la libertà di fede e si potrà venire a pregare qualsiasi religione al Castel dell’Ovo»

Perché tanta importanza alle contaminazioni?
«Perché sono simbolo del cambiamento. Chernobyl ci ha insegnato che anche le più grandi invenzioni possono diventare un errore se utilizzate in maniera dissennata. Spesso come operatori culturali ci troviamo a vedere biennali sull’ecologia per affermare un diritto dell’umanità a vedere un futuro, quindi anche le mostre portano nel loro piccolo un contributo. Dobbiamo lasciare un’eredità ai giovani e dare immagine delle possibilità che questa città offre».

Un festival itinerante nel concetto prima che nella sua realizzazione che si sposa meravigliosamente con Napoli.
«Napoli è il luogo ideale una città che ha un suo aspetto progettuale che va oltre la creatività pura e semplice, perché dirsi creativi è semplice tutti sono creativi, poi bisogna guardare i contenuti. E i contenuti sono una storia che cammina sopra di noi con un processo così veloce che è difficile da capire, ma l’arte con i suoi differenti modi di esprimersi può riuscire a coglierne gli effetti che saranno duraturi. Voglio portare i vari artisti in giro per Napoli, aprirli le porte della città, fargli scoprire cosa significa Napoli al di là del mare, del Vesuvio e delle cartoline. Voglio che passino per le porte della città. Che visitino le chiese e i quartieri popolari»


Anche nel mondo dell’arte il marketing ha la sua importanza?
«Il marketing è la condizione fondamentale per portare a conoscenza di molti. Spesso il profitto, che è un aspetto del marketing, viene vissuto in maniera negativa, ma il profitto muove anche l’indotto intorno e non solo le tasche dei singoli. Chi muove il profitto lo fa certamente anche per il suo bene, ma da la possibilità di portare a conoscenza della collettività che esistono certe risorse e che vengono sfruttate come si deve. A Napoli manca la coscienza di come si possono sfruttare le risorse. Manca la capacità manageriale di far diventar certi luoghi auto sostenibili. La cultura ha una sua struttura che va veicolata a livello internazionale. Lucio Amelio fu il primo a capire cosa significava Napoli tanto da rendere con Terremotus artisti internazionali sensibili all’argomento e fare in modo che la città diventasse quella che ha avuto il maggior numero di quadri dedicati di ogni altra del mondo. Qui purtroppo è difficile fare rete, io ho da sempre il piacere di fare le cose con gli altri e di farle a Napoli. Nel 1991 sono tornato a far compagnia a mio padre e l’ho accompagnato finchè non se ne è andato, poi sono rimasto per realizzare un sogno: fare qui quello che in altri posti è facile realizzare».

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