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Questo Napoli ci fa cadere malati

Questo Napoli ci fa cadere malati

Il mio Napoli – Atalanta 2-1

– È matematico che almeno in una partita della stagione io debba sbagliare abbigliamento.

– Dall’autunno in poi, ogni qualvolta devo recarmi allo stadio, per evitare di incorrere in quella giornata, sono molto attento alle previsioni meteorologiche, alle parole di Bernacca, alle temperature e ai vestiti più adatti al tipo di clima.

– La primavera mi ha fregato. Le ultime giornate, seppur uggiose, mi avevano abituato ormai a considerare il tempo non più un elemento di disturbo. Forte anche delle precedenti gare in cui spesso e volentieri mi sono accompagnato a t-shirt o al massimo a fresche camicie. Così facendo, uscito di casa, a tre ore dalla partita, senza pioggia, senza freddo e senza preoccupazioni, la matematica partita di burrasca o di afa non ha minimamente sfiorato i miei pensieri.

– Nonostante una fine pioggerella, e più di 30 anni di stadio, fino al primo ingresso del San Paolo, ho pensato solo all’Atalanta. Che pivello.

– In fila, nemmeno troppo nutrita, in attesa di entrare, mi è sorto il primo dubbio: una scaricata breve ma intensa di acqua ci ha investito a cielo aperto senza possibilità di riparo. E lì mi sono fregato.

– Mi sono guardato intorno e ho notato ombrelli, piumini d’oca, copricapi di lana merinos, loden e impermeabili natalizi: il mio dubbio ha cominciato ad allargarsi ed allungarsi.

– Con un giubbotto leggero, una felpa leggera, ‘na capa ‘e cazz priva di un cappello e senza scarpe adeguate per attraversare le paludi, sono giunto al mio posto in piccionaia bagnato fradicio e un punto interrogativo sempre più esclamativo nella testa.

– Quando alle spalle un vento gelido (gelido perché si ghiacciava a meraviglia sulla mia pelle umidiccia) ha deciso di penetrarmi nelle ossa già spugnose e doloranti, ho realizzato con certezza che la famosa e consueta partita della stagione in cui mi sento un coglione a causa dell’abbigliamento sbagliato era da considerarsi Napoli-Atalanta.

– Il Napoli di Sarri, specialmente nelle gare casalinghe, ha quasi sempre fornito prestazioni esaltanti. Ed anche nelle partite meno brillanti e con poche migliaia di spettatori, ha comunque saputo coinvolgere il pubblico con un carico emotivo che in alcuni tratti, o con lampi o con il fuoco, ha riscaldato la platea.

– Napoli-Atalanta avrebbe dovuto illudermi e ripagare la mia gelida idiozia e trasformarsi nel solito camino al cuore o il solito plaid avvolgente: per la prima volta in stagione, il primo tempo è stato invece abulico, anemico, dispatico, lento, freddo e insensibile alla mia pietosa condizione.

– Un solo bagliore al 10′ quando Hamsik ha pescato magistralmente Higuain sul secondo palo: tiro al volo e 1-0. Non esultavo così dai tempi della Magica. Saltato dal seggiolino, mi sono esibito in una polca. Non tanto per la gioia, ma per far tornare alla vita i miei piedi ibernati da yeti. Se lo avessi fatto in altra circostanza, mi avrebbero internato.

– Il resto della frazione è stata una sorta di passeggiata col gozzo in cui ho intravisto in ciascuno dei 22 lo stesso sguardo da tigre di Ghoulam, la stessa andatura scaltra di Inler e lo stesso desiderio appassionato di Balotelli.

– Persino Cigarini che solitamente quando affronta l’azzurro del Napoli vede rosso, nel primo tempo di ieri trotterellava al ritmo di una new age tra un grigio biancastro e un rosa sbiadito.

– Persino Diamanti che solitamente a noi dedica gol e assist da fenomeno, nel primo tempo di ieri si è fatto notare solo per un tiro con meta sulla tangenziale.

– Persino Sportiello che solitamente al San Paolo si traveste da Arconada, nel primo tempo di ieri è sembrato uno spettatore sfigato che ha sbagliato abbigliamento senza una tettoia e un ombrello.

– Persino il Minao che generalmente si agita ed inveisce parole d’amore all’arbitro e agli avversari, nel primo tempo di ieri, nel suo previdente e bollente cappotto di opossum, si è lasciato sfuggire sbadigli biascicati e il desiderio di una cioccolata calda.

– A decretare il nulla dei primi 45 minuti di gioco, tempo di recupero: zero.

– Come se non bastasse all’intervallo, il dj del San Paolo, forse venuto a conoscenza della mia situazione molto “igloo”, mi ha sfottuto con “quanno chiove” di Pino Daniele.

– All’intervallo ho forse toccato il fondo quando le gambe anchilosate e le gengive serrate hanno iniziato un tremore inconsulto. Cosa volere di più? Un Lucano! Magari. Ma persino gli acquaioli hanno deciso di disertare le nostre zone per luoghi probabilmente più caldi ed accoglienti.

– In perfetto stile mummia groenlandese, per fortuna, gli azzurri hanno avuto pietà di me ed hanno iniziato nella ripresa con tutt’altra musica. “Quanno chiove” si è trasformata nella “4 stagioni” di Vivaldi e il pressing alto si è fatto sentire per la difesa atalantina e per la mia temperatura corporea.

– Il bello e il cattivo tempo e in 10 minuti abbiamo prodotto 4 occasioni: Insigne, che fino a quel momento si era dimenato tra una definizione vicina all’irritante e una molto vicina all’inutile, si è ben incuneato in area ed ha servito Higuain al centro dell’area: anticipato di un soffio. Hamsik, servito da Higuain, ha superato l’avversario con uno scavetto alla Oliver Hutton, concludendo su Benji Sportiello Price. Ancora Insigne da lontano ha impegnato l’estremo difensore orobico, mentre Allan ha invece sparato sulla traversa da posizione assai comoda.

– Mertens, subentrato ad Insigne, subito si è messo in evidenza sfiorando due volte la rete con due tiri simili. Fuori di un alito.

– Calle ci ha provato con un pallonetto diabolico. Alto di uno starnuto.

– Il gol, come la pioggia, sembrava nell’aria, ma nulla di fatto. Il risultato non è cambiato, così come nulla è cambiato sulle punizioni e i corner di Jorginho che sempre più mi ricordano le parabole arcuate e lente di Gargano che per un periodo volle interpretare il calcio libero di Brehme.

– Quando si è iniziato a prospettare un altro finale di fantasmi, docce gelate e preoccupazioni, Lui. A dare un senso alla mia umida giornata da incorniciare ci ha pensato Lui. Come sempre. Gonzalo bagnato, Sportiello superato.

– Allungo di punta per Calle, quando sembrava un pallone già perso. Controllo e cross in area morbido, morbido dello spagnolo. Colpo di testa con classe e leggerezza come se fosse solo in area senza però di fatto esserlo e 2-0.

– Partita finita? Ha smesso finalmente di piovere? Macché. Gli azzurri sono riusciti nell’impresa di rimettere in gara la banda bergamasca grazie a un’autorete sfortunata di Albiol.

– Finale di apprensione ed ansia come nelle classiche partite che avresti potuto tranquillamente portare a casa con 5 gol senza però riuscirci.

– Mertens, solo, non è riuscito a superare Sportiello. Gabbiaridi, solo, non è riuscito ad impattare un pallone in piena area. El Kaddouri, solo, ha sparato a botta sicura sempre su Sportiello. Il sottoscritto, solo, ha iniziato a starnutire.

– È finita, ma non ha levato acqua da terra.

– Sintetico commento finale del Minao che faccio mio: stu Napule c’fa cadè malato.

– È matematico che almeno in una partita della stagione, il giorno successivo io debba svegliarmi con un raffreddore cronico. Eccolo.

– Torino, penultimo ostacolo prima della febbre Champions.

– Non posso poi non esprimermi sui freschi campioni inglesi: oltre il Brennero tutto è possibile. Un pensiero per Inler che ieri ho visto festeggiare come fosse davvero un giocatore del Leicester. Inler che sta al calcio inglese come Bonucci sta al cartellino giallo. E un pensiero per Eder che ha rifiutato Ranieri per una comoda panchina accanto a Mancini.

– A proposito di Bonucci, molti hanno inveito per i 6 cartellini gialli appioppati alla Juve nella partita inutile col Carpi, evento che non accadeva dalla stagione 1938-39, io invece trovo assurdo che Irrati (l’arbitro che non vide l’intervento killer su Destro) abbia ammonito Bonucci.

– Infine un sogno. Difficile ma non impossibile (oltre a che mi passi ora questo raffreddore): prima giornata campionato Serie B 2016-2017, Benevento-Udinese. Forza Napoli Sempre La 10 non si tocca.

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