Nainggolan come Zaza. Lo abbiamo scritto ieri. Lo ripetiamo oggi, e aggiungiamo: la strada è giusta. Il Napoli ha incredibilmente riaperto la corsa al secondo posto con la sconfitta contro la Roma, ha dimostrato ancora una volta che non sa addormentare le partite, che sa giocare solo in modo meraviglioso, che non ha la tenuta mentale per vincere. Perché non è un caso se perdi tre partite decisive più o meno allo stesso modo nei minuti finali: Villarreal, Juventus e Roma. Eppure la strada non può che essere questa. Perché non si può giocare sempre a mille all’ora. Non reggi mentalmente più che fisicamente. E il Napoli deve allenarsi a congelare le partite e a portarle a casa. Deve allenarsi a vincere. Vero difetto di questa stagione.
Lo abbiamo scritto tante volte: una cosa è recitare il ruolo di outsider, scalare la montagna da comprimario, un’altra cosa è stare lassù da favorito, rimanerci, vincere perché OBBLIGATO a vincere. Sono due sport diversi. (ATTENZIONE, STO PER NOMINARE BENITEZ). Questo Napoli, il Napoli di Sarri ha avuto la fortuna di poter cominciare una stagione da comprimario, a fari spenti, senza alcuna aspettativa su di sé. È stata la conseguenze di un lunare giudizio finale che ha accompagnato la fine dell’avventura di Benitez a Napoli. La stagione scorsa è stata definita fallimentare – ricordiamo: una Supercoppa vinta, una semifinale di Coppa Italia, una di Europa League e un terzo posto perduto per un rigore sbagliato a dieci minuti dalla fine – e ad agosto il Napoli era considerata alla stregua di una neopromossa. Pur avendo di nuovo in rosa un portiere, Allan, Hysaj e senza più Britos, Inler e Gargano.
Il Napoli, e questa è una grave carenza della società, non riesce mai a tutelare il proprio passato cosicché ogni nuovo allenatore sembra sempre un nuovo inizio. Non tutti i mali vengono per nuocere. L’assoluta mancanza di obiettivi ha favorito il lavoro di Sarri che dopo un avvio zoppicante ha smentito gli scettici e il suo Napoli ha incantato. Ha battuto una dopo l’altra Juventus, Milan, Fiorentina, Inter, ha conquistato il primo posto in classifica e ha vinto il titolo di campione d’inverno. Contestualmente, e rapidamente, però, sono cambiate le condizioni date. Il Napoli si è trovato nel giro di poche settimane ad essere la squadra da battere. Non più outsider con tutto da vincere, ma battistrada che poteva solo perdere. E si è trovato in difficoltà. Ha cominciato ad avere quella sottile paura che è fisiologica e comprensibile. Una paura che però ha finito col divorare la squadra, con lo spogliarla delle proprie sicurezze e soprattutto della propria allegria.
Ahinoi non si vince con l’allegria. L’Olanda di Cruijff non vinse. Il Brasile del 1982 non vinse. Si vince con la testa. Con l’allenamento a vincere. Con la determinazione a vincere. Con la forza di volontà. Con la capacità di soffrire. A un certo punto siamo andati in panico. E alla prima situazione negativa – il gol di Zaza – ci siamo disuniti. I numeri sono impietosi, anche se fin qui abbiamo fatto gli stessi punti del girone d’andata. Nelle ultime undici partite – compresa quella contro la Juventus – ne abbiamo vinto sei e ne abbiamo perse quattro, un pareggio contro il Milan. Nel girone di ritorno la squadra più in alto in classifica che abbiamo battuto è stato il Sassuolo. E non per un calo fisico. Perché a un certo punto il bel gioco non basta più. Deve subentrare qualcos’altro.
Facciamo anche una concessione ai teorici del complotto arbitrale. Sì, nel momento topico, la Juventus ha usufruito dell’arbitraggio di Rizzoli nel derby. Sì, Icardi ha segnato in fuorigioco, a Callejon lo hanno fermato. Ma ci siamo aggrappati – e dico Sarri e poi anche la società (l’ambiente per oggi, solo per oggi, lo lascio fuori in omaggio a Giulio Spadetta, anche se Sconcerti lo chiama in causa come uno dei fattori determinanti per le vittorie della Juventus, e non solo Sconcerti) – agli arbitri perché probabilmente ci siamo sentiti svuotati. O comunque incapaci di rimontare. Invece di sfruttare questa polemica a nostro vantaggio, ci siamo scottati. Non abbiamo pensato ad altro.
Mi voglio rovinare e parlo anche del calciomercato. Perché non riuscendo a guardare in faccia la sconfitta, non si resiste alla tentazione di trovare un caprio espiatorio. E quindi chi meglio di De Laurentiis? Chi avrebbe dovuto comprare a gennaio? Quale società ha comprato a gennaio? Solo l’Inter ha speso più di noi. Loro hanno preso Eder, il Napoli Grassi uno dei centrocampisti più promettenti d’Italia: lo ha pagato otto milioni e non ha mai giocato. La Roma ha preso Perotti ed El Shaarawi perché era alla canna del gas, ha venduto Gervinho, stava naufragando e le è andata bene. E anche qui Sarri ha sbagliato con dichiarazioni gratuite e fuori luogo sul mercato del Napoli che hanno contribuito a far crescere il nervosismo. Dichiarazioni che ci hanno solo indebolito. Lui, Sarri, che ha dimostrato di non essere propenso alla rotazione degli uomini: Mertens e Gabbiadini, due che in serie A giocherebbero titolari in 17 squadre, hanno visto il campo molto di rado.
Ovviamente ci sono tantissimi aspetti positivi. Il Napoli ha giocato un campionato straordinario. Ha buone possibilità di centrare il secondo posto che è un eccellente risultato. Abbiamo vissuto una stagione esaltante. Sarri ha regalato il gioco più bello d’Italia, ha restituito vitalità a giocatori che sembravano depressi come Higuain, Hamsik, Albiol, Jorginho. Sarri è stato l’autentica rivelazione del campionato. Ora, però, bisogna lavorare sulla testa affinché non si soffra l’alta quota. È giunto il momento di fare un passo avanti. E – unica concessione alla questione ambiente – cominciare a prendere decisioni anche impopolari, quelle che secondo Sconcerti hanno consentito alla Juventus di continuare a vincere dopo la cessione di Vidal, Tevez e Pirlo. Bisogna avere il coraggio delle proprie idee. E portarle avanti. Fregandosene del resto. Chi ha vinto, si è sempre comportato così. Anche Guardiola a Barcellona. Dopo le prime giornate, stampa e pubblico volevano linciarlo. Lo massacrarono perché faceva giocare un certo Busquets, vent’anni, con nessuna presenza nella Liga. Guardiola lo difese, lo rimise in campo e si giocò il posto con le sue idee. È andata come sappiamo. Così si vince. Gli altri al più arrivano secondi.
p.s. Poi parliamo dell’ambiente e magari un giorno un rappresentante del Calcio Napoli sfiderà l’impopolarità e dirà: “Signori, Maradona parla a titolo personale. Non ci rappresenta”. Il Napolista sarà al suo fianco.