Aveva ragione Maurizio Sarri a replicare in conferenza stampa: «Lo dite voi che Hamsik è stanco», rivolgendosi ai giornalisti. Il logorio della vita moderna impone che tre partite sotto tono trasformino un calciatore fin qui scintillante in un atleta stanco e per alcuni ormai arrivato alla riserva delle energie fisiche. La prova allo Juventus Stadium, l’andata al Madrigal e il pareggio col Milan hanno restituito un’immagine quest’anno insolitamente sbiadita di Hamsik che invece sta giocando una stagione come mai gli era capitato in nove anni di Napoli. Una stagione giocata da capitano, da combattente. Incredibile a dirsi per un calciatore che aveva sempre mostrato nel suo carattere il suo maggior limite. Perché i mezzi tecnici, quelli possono essere messi in discussione solo da chi non ha piacere nell’assistere al gioco del calcio.
Hamsik danza sul campo, è ovunque e sa sempre cosa fare. L’Hamsik lontano dal gioco, che si andava a nascondere, che quando lo cercavi non lo trovavi mai è un ricordo ormai sbiadito. Così come i fischi e le incomprensioni dello scorso anno. Ieri Sarri ha voluto dimostrare che aveva ragione lui, che il polso dello spogliatoio ce l’ha lui, che le condizioni psicofisiche dei calciatori le conosce lui. E ha schierato Marek dal primo minuto.
Aveva ragione Sarri. E non solo per il gol. Se vogliamo, casuale nello sviluppo dell’azione. Anche se lo slovacco si è avventato con determinazione su quella palla e l’ha scaraventata alle spalle del portiere del Villarreal. Un gol comunque non banale nemmeno dal punto di vista statistico. Il gol numero 97 nella storia del Napoli. Ha superato Careca, fermo a 96, e agganciato Altafini al quinto posto. Davanti a sé ha Vojak con 103 gol, Cavani con 104, Sallustro con 108 e Maradona con 115. Non male. E se dovesse segnare un’altra rete in campionato, raggiungerebbe proprio Diego al secondo posto nella classifica dei goleador del Napoli in serie A. Hamsik ne ha segnati 80, Maradona 81. Al primo posto, lontano, c’è Vojak con 102. In otto stagioni di Napoli – questa è la nona – solo una volta, due anni, non è andato in doppia cifra. Si è fermato a sette nella prima stagione di Benitez. Nella seconda, invece, ha eguagaliato il proprio record stagionale di 13 gol che aveva fissato con Mazzarri nella stagione 2010-2011. Una regolarità impressionante. Quest’anno per ora è a quota sette. Con buone speranze di arrivare a dieci, anche se al Napoli è rimasta solo una competizione: il campionato.
Quest’anno Hamsik segna un po’ meno ma è un giocatore trasformato. Sempre nel vivo del gioco. Spesso è lui il gioco. Ieri ha illuminato la manovra degli azzurri con aperture che erano squarci. Delizioso un assist nel primo tempo per Strinic, uno di quei varchi che vede solo lui, che solo lui nel Napoli – e non solo – può fare. Riesce a vedere laddove gli altri non arrivano. Così come fece nella gara d’andata contro la Fiorentina, quando si inventò un assist tanto millimetrico quanto perfetto per Insigne: un pallone rasoterra che sembrò un colpo di biliardo, né troppo veloce né troppo lento. La difesa viola fu colta impreparata e Insigne la mise di prima sul secondo palo.
È un altro calciatore, trasformato nella posizione in campo e nel carattere. Spesso gli è stata rimproverata una certa remissività. Ieri sera è stato ammonito per aver protestato vibratamente e giustamente chiedendo il cartellino rosso per un intervento duro su Mertens lanciato a rete. È un calciatore che adesso si fa sentire. E pesa. Come se pesa in campo. Illumina, tiene palla, taglia il campo con le sue linee rette, sa fare gol. Con Sarri è diventato un calciatore completo. Un centrocampista europeo come se ne vedono pochissimi da noi.
Ieri sera abbiamo capito che Hamsik non ha affatto finito la benzina. Magari ha avuto un momento di appannamento, com’è normale che capiti a tutti. Ma lo abbiamo rivisto danzare come nel girone d’andata. E se Marek torna a danzare, a giocare a testa alta, a scorgere corridoi invisibili ad altri, il futuro prossimo del Napoli diventa meno fosco. Se poi segnasse anche tre gol, arriverebbe a quota cento. Un traguardo storico per il giovane talento arrivato dal Brescia e che, nove anni dopo, ha dimostrato di essere quel calciatore che tutti immaginavamo potesse diventare.