Strano, certo, ad essersi giocati ennesima tappa fondamentale nel cammino verso la parola impronunciabile contro quella che, solo poche stagioni orsono, sarebbe stata simpatico sparring partner da sgambatura estiva, figuriamoci un pò non solo a presenziare con merito in massima serie ma ad addirittura ambire a qualcosa in più di una comoda salvezza. Ma è il calcio di oggi, bellezza! Laddove il tifoso conta ahilui sempre meno di fronte alla dittatura di milioni e televisioni, la passione si costruisce giorno dopo giorno, campionato dopo campionato, di certo non va alle buste durante il calciomercato. Toltosi questo sassuolino, giusto festeggiare a dovere il gustosissimo più quattro sul Mancio, ché poi non era difficile prevedere sciogliersi si sarebbe come neve marzolina che la vedi la sera e non la trovi alla mattina, solo tanta, ma tanta fortuna nel filotto iniziale, quando il gioco si fa duro una rondine non fa primavera, si spera. E se pure la viola va in bacca e rallenta manco pure sulle fasce di san siro avessero installato i tutor, al solito ad andare in scenda sarà il copione con il testa a testa contro la Giuve, che vero ne fa quattro in partita farsa in quel di Udine, ma da settimane ormai dimostrato sembra avere di essere ancora collettivo più rodato e affamato, Dybala non è Messi, inutile prestare orecchio alla propaganda nemica, però dimostra che Zampa li sa ancora trovare quelli buoni, occhio ordunque a Mijatovic che peraltro già era idolo assoluto per quella memorabile serata all’Amsterdam Arena di qualche annetto fa.
Ovvio cheppoi gli altri debban esser a temere la Sarri band, lo dimostra ancora una volta pure sabato sera dove remuntare quei ragazzotti indiavolati era tuttaltro che scontato, pure quando in squadra ci hai Pipita, però guai a dimenticare che a Torino si deve andare e non si troveranno tappeti rossi, e soprattutto che non appena due mesi fa loro erano a più di trentaremi di distanza, quando dici che erta e irta è la strada verso la vittoria, lunga, tortuosa e ricca di sviste arbitrali. Molto di meno se in panca siede lui, beninteso, l’uomo che ha saputo costruire prima la mente dei suoi calciatori e poi gli schemi da applicare, con una lungimiranza che nemmeno un Michele Plastino di fine anni settanta, che è riuscito ad incuncargli la voglia di migliorarsi sempre, prestazione dopo prestazione, gettando persino il cuore e l’orgoglio oltre l’ostacolo delle proprie limitazioni personali, senza fargli pesare la maglia che indossano nemmeno quando la si combina grossa come al pronti via shock griffato Hysaj/Albiol, al fortuna subito rimediato da Calle su assist al bacio di Lorenzigno.
Segue qualche squillo telefonato a Pepe, prima che Pipita ristabilisca distanze e priorità, poi è continuo botta e risposta tra gli avanti azzurri e l’indietro neroverde, con entusiasmanti ripartenze e rinnovato entusiasmo come nemmeno da qualche giorno a cantina di Triunfo. Arriva il secondo di Spidi Gonzalos, ma potuti sarebbero essere anche di più, magari con Paolino Cannavaro in campo, e siamo certi che pure Floro in cuor suo abbia esultato e gioito come sui distinti, tutti professionisti per carità ma al cuor non si comanda e, per una volta, fa nulla essere entrati in campo ad asciugare gli scogli. Il triplice fischio è solo l’inizio dell’ennesima notte di festa, di gioia e di commozione, ed è già tempo di pensare a Marassi, sponda blucerchiato. Caro Aeroplanino, se è vero che a Giugno hai rifiutato, fa nulla, non l’abbiamo al dito legato, anzi, dirò di più, il tifoso non smetterà mai di essertene grato.