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La piscina Scandone chiusa ancora per inquinamento. Il Comune espone Napoli a una figuraccia

La piscina Scandone chiusa ancora per inquinamento. Il Comune espone Napoli a una figuraccia

La maledizione di Achille Lauro continua a colpire. E per l’ennesima volta – la terza, credo, in poco più di un anno, la piscina Scandone è costretta a chiudere per inquinamento da ruggine dell’acqua della vasca. Una vergogna e, soprattutto, una figuraccia a livello nazionale: lo Sport Management di Verona e il Brescia, le due squadre che oggi pomeriggio affronteranno la Canottieri Napoli e la Carpisa Yamamy Acquachiara sono state costrette a prenotare due alberghi – uno a Napoli e l’altro a Caserta perché nutrivano fondati sospetti sulla concessione dell’agibilità all’impianto – si sono avvicinati alla meta informandosi ogni mezz’ora con i dirigenti della Scandone che continuavano a lasciare uno spiraglio aperto.

«Ce la faremo» ripeteva sempre meno convinto il dirigente di turno, ma al Comune sapevano bene che le cose stavano diversamente e ancora più scettici erano gli esperti della ditta Cnp che cura l’appalto dell’acqua. Che ben conoscevano la magagna. Alla fine l’amara ma scontata sentenza: si va a Santa Maria Capua Vetere nella storica piscina del “Volturno”. La notizia, manco a dirlo, è volata sulla rete e in Veneto e in Lombardia si sono fatti grasse risate alle spalle di Napoli e della sua conclamata provvisorietà.

È una storia lunga 52 anni fa, del resto, e mai definitivamente risolta. La Scandone, insieme al PalArgento che ha avuto un destino persino peggiore, vennero costruite in tutta fretta perché il sindaco Lauro pretese che fossero assegnati a Napol i Giochi del Mediterraneo del 63. Non volle ascoltare ragioni e all’eccezione dei dirigenti dello sport mondiale – «ma voi non avete gli impianti per ospitare le gare» – il vecchio bucaniere rispose in maniera tronfia: «E chi ve l’ha detto? Tornate tra sei mesi». Tornarono e trovarono gli impianti, ma il vecchio proverbio ammonisce che la gatta per non perdere tempo i figli li mise al mondo privi degli occhi, “cecati”: è successo, così, anche per la cittadella sportiva di Fuorigrotta condannata da sempre ad una esistenza all’insegna della precarietà. La catena di spine è lunga: negli anni 70 la Scandone venne ridotta in macerie, riaprì nel 1983 e da allora è andata avanti tra una chiusura e un’altra svolgendo, comunque, una funzione, sociale oltre che sportiva, alla quale Napoli, per la povertà di impianti pubblici, non può rinunciare. E ospitando eventi di grande importanza – Coppa dei Campioni, Eurolega – al punto da far dire a Franco Porzio, presidente onorario dell’Acquachiara, che «nonostante le carenze, è diventata negli anni il simbolo della pallanuoto italiana». Che è una dichiarazione molto benevola, ma, in fondo, aderente alla realtà.

Ora, però, la misura è colma e siamo al tristemente ridicolo. Che è una condizione dalla quale non è possibile difendersi. Gli esperti, ad esempio, teorizzano che nella top ten della nuova cabala sono entrati i numeri che scandiscono la diversità e, in molti casi, l’inferiorità napoletana. La disgrazia fa sempre 17 e la paura 90 ma per simboleggiare la vergogna non basta un numero, ce ne vogliono due e la vicenda della piscina Scandone ce li fornisce consentendo di colmare la lacuna: 12 e 48. Il primo indica il livello attuale dell’inquinamento dell’acqua in cui nuotano ogni giorno, a rischio della salute, centinaia di atleti e di amatori del nuoto. È stato registrato venerdì pomeriggio e ha obbligato l’Asl 1 a non concedere l’autorizzazione ai due incontri di cartello del campionato di Serie A: Canottieri Napoli-Verona nella quale i giallorossi di Paolo Zizza, vincendo, potrebbero sorpassare gli scaligeri che improvvisamente hanno scoperto una passione per la pallanuoto. E, a seguire, il Posillipo che sfida il Brescia leader indiscusso del campionato visto che ha fatto addirittura meglio del Pro Recco. Il 48, invece, è il grado di inquinamento abnorme dal quale era partita questa vicenda costringendo i tecnici a ordinare l’immediato svuotamento della vasca e la riparazione dei danni all’ingresso e all’uscita dell’acqua perché i tubi hanno ormai una corteccia di ruggine dipendente, c’è da credere, da una carenza continuata di manutenzione.

Che dire di più? Niente, se non supplicare il Comune, in vista degli incontri di martedì, di non ripetere il poco onorevole balbettio di questi giorni: o dentro o fuori. Il gioco delle tre carte è illegale.
Carlo Franco

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