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Higuain, figlio del Pipa, una vita da predestinato: segnava come un delantero ma si muoveva da enganche

Higuain, figlio del Pipa, una vita da predestinato: segnava come un delantero ma si muoveva da enganche

Gonzalo Gerardo Higuaín nasce il 10 dicembre 1987 a Brest, nel Nord-ovest della Francia, dove il padre Jorge Nicolás “Pipa” Higuaín gioca come zaguero central nello Stade Brestois 29. Dopo solo un anno El Pipa passò al River Plate, pochi giorni dopo il ritorno in Argentina Gonzalo fu colpito da un meningite fulminante. Jorge ricostruì quei momenti in una lunga intervista a El Grafico nell’aprile 2007: “Aveva la febbre alta e non scendeva, mia moglie per fortuna intuì che fosse qualcosa di serio. Lo portammo all’ospedale più vicino, trascorse 20 giorni in terapia intensiva, lo salvarono”. Il piccolo Gonzalo fu tenuto per un anno sotto osservazione, dovette assumere medicinali per qualche tempo, c’era il timore che la malattia potesse avere conseguenze sui suoi movimenti, sulla vista e sulla coordinazione.

Guarito perfettamente, tornò nel barrio de Saavedra (quartiere al nord di Buenos Aires, abitato dalla classe medio-medioalta) dove nacque Roberto “El Polaco” Goyeneche, fino alla sua morte da molti considerato come il più grande cantante di tango argentino. Nel sangue di Gonzalo non scorrono solo genes futbolísticos, qualche anno fa il quotidiano sportivo Olè chiese alla madre Nancy (pittrice) da chi Gonzalo avesse ereditato la habilidad. “Dai miei geni – rispose furbescamente – io sono figlia di Santos Zacarìas, e i miei fratelli sono Claudio ed Alberto, che era muy habilidoso, da qui vengono i geni di Gonzalo, non credo da Jorge”. Lo stesso Pipa approva questa divisione “genetica” «Nancy ha grande immaginazione, dipinge, decora, mentre credo che io abbia trasmesso la personalità, il temperamento. In Gonzi e Fede, la si vede quando chiedono la palla, quando provano a giocarla bene».

Quella che può apparire una mera disputa in termini di dna e gruppi sanguigni, aiuta in realtà a comprendere una figura complessa come quella di Gonzalo Higuaín. Accanto alla dimensione artistica, c’era sopratutto quella calcistica. Le sue capacità emersero subito nella categoria baby del Club Atletico Palermo, dove rimase fino all’età di 10 anni. Uno dei suoi primi allenatori, Alberto “Cacho” Tarzia, lo descriveva come «un grandissimo talento con un tiro potente, un fanatico del football». Per Edulo “Pety” Munoz “Gonzalo aveva 4 anni, veniva a giocare a calcio e faceva la differenza. A casa si allenava tirando contro il muro, prima col destro poi col sinistro».

Higuaín è sempre stato legato al calcio sin da bambino, condivideva questa passione con Federico. “Ricordo che guardavo giocare mio padre, parlavamo sempre di calcio. Il mio sogno e quello di mio fratello era di diventare calciatori e cercare eguagliare mio padre”. Da buon argentino il suo primo regalo è stato un pallone. «Passavamo le ore in un campo di calcio, al parco, per la strada o in piazza». Per mamma Nancy non dev’essere stato semplice sopravvivere a cinque uomini, tutti futboleros« Le abbiamo rovinato la vita – confessò El Pipa – già il padre Santos Zacarias era allenatore di boxe, ed i fratelli giocavano al calcio. In casa quando si rompeva qualcosa non smetteva di inveire, fin un quando un giorno esplose e disse: “No los aguantó más, hagamos la pileta (non ce la faccio più, facciamo una piscina) e chiudemmo lo “stadio” – dice ridendo – perché non c’erano le misure regolamentari».

Quando il River Plate decise di tesserare Gonzalo, il padre volle che continuasse comunque la scuola e sopratutto non gli fossero riservati trattamenti di favore in quanto “hijo de”, avrebbe superato la trafila delle inferioras solo con le sue forze. Jorge sapeva che “Gonzi” doveva convivere con un cognome ingombrante e i commenti mai teneri dei genitori “Gioca solo per il suo nome o perché il padre è amico del tecnico”. Per El Pipa i figli con padri famosi generalmente non fanno bene, sono poche le eccezioni, mai però è entrato in competizione con loro, ha sempre sperato che facessero meglio di lui.

Ben presto Higuaín a suon di gol s’impose come uno dei migliori talenti della sua generazione, “un misto di talento ed astuzia” scrivevano i giornali. Il quotidiano Olè il 14 aprile 2002 titola “Pipa goleador”: «Gonzalo Higuaín, l’erede del Pipa, è un figlio esemplare, segue tutti i consigli di suo padre. Quando guarda i miei video, gli dico “non devi giocare così, ma l’esatto contrario”, dice Jorge. Sembra che il ragazzo de la Octava abbia imparato, perché ieri ha stampato nell’angolo un calcio di punizione con un destro squisito. “È la prima volta che faccio un gol così, tutti si sono complimentati con me. Mio padre stava guardando Federico e gliel’hanno raccontato per telefono. Era molto contento”[…] Gonzalo non è titolare perché è magrolino e bassino ma, come già successo con Saviola e D’Alessandro, è entrato nel secondo tempo ed ha cambio volto alla partita con la sua freschezza e il suo dribbling […] Tale padre tale figlio? Non è questo il caso».

Come giocava e come si muoveva Higuaín nelle inferioras del River? Nel corso di un’intervista alla trasmissione tv Pura Quìmica (dal secondo minuto) vengono mostrati alcuni suoi gol ai tempi delle giovanili. Nonostante l’età, Gonzalo appare un giocare completo: stop, dribbling e potenza nel tiro. Il giornalista in studio commenta: “Si nota già che ha un eccellente controllo, perché in verità non molti attaccanti possono giocare come trequartisti, il modo in cui gioca e in cui si muove è raro.”

Segnava come un delantero ma si muoveva da enganche. Nel 2009 in un colloquio con El Pais che gli chiedeva della sua posizione, disse: “Nelle giovanili giocavo da trequartista…ora la mia posizione naturale è attaccante, però mi piace giocare dietro la punta.” Incalzato dall’intervistatrice in merito alla sua imprevedibilità in campo, rispose: «Generalmente l’allenatore mi dà la libertà per giocare dove voglio in attacco – conclude el Pipita – questo mi piace perché mi sento “comodo”, è quello che mi piace fare».

Questa è tuttora una caratteristica che Gonzalo ha mantenuto, motivo per cui ho sempre fatto fatica a catalogarlo come “un nueve” classico. Un parziale chiarimento è arrivato dall’analisi di Emanuele Batta su l’UltimoUomo, Batta considera Gonzalone “un giocatore che viene dal futuro, quando i numeri 9 spazieranno su tutto il fronte d’attacco, segneranno gol in tutti i modi possibili, e sapranno giocare anche da ala e da trequartista».

Nell’otro lado de Higuaín, Gonzalone confessa che se non avesse fatto il calciatore avrebbe fatto il cantante, il suo idolo futbolistico è il padre e gli sarebbe piaciuto conoscere l’Italia a fondo, ma è nell’ultima risposta che El Pipita rivela la sua vocazione: «Se non fossi stato un attaccante, saresti? Mi sarebbe piaciuto giocare de mediocentro».

Nei primi mesi del 2005, a 17 anni, sulle note di “Gonzalo, pará, pará / Hoy te entrenás con la Primera” fu convocato in prima squadra. L’esordio avvenne il 29 maggio 2005 al Monumental contro il Gimnasia y Esgrima La Plata, la cronaca della partita racconta di un Gonzalo Higuaín tra i protagonisti del match, seppur concluso con una sconfitta. Dal suo piede partì l’azione per l’unico gol del River, la squadra di casa si mostrò superiore per lunghi tratti della partita proprio grazie ad Higuaín che “imponía su gambeta y atrevimiento.” Al quindicesimo del secondo tempo fu atterrato fallosamente in area dal centrale del Gimnasia, Marcelo Goux, ma l’arbitro non concesse il rigore. Dopo l’esordio scese in campo per altre tre volte senza però lasciare il segno nel 4-4-2 di Astrada.

L’anno della svolta fu il 2006 quando sulla panchina del River arrivò El Kaiser Passarella che in realtà già conosceva Gonzalo. L’ex bi-campione del mondo fu uno dei primi che accompagnò Jorge in ospedale quando El Pipita fu colpito dalla meningite. Nonostante il River in quella stagione avesse buoni attaccanti come Farias, Montenegro e Lucho Figureoa, Higuaín tornò nel giro della prima squadra da protagonista. Il 12 febbraio 2006 contro il Banfield segnò il suo primo gol tra i professionisti, Los Andes così lo racconta “E’ il nono minuto quando Figureoa vince di testa l’ennesimo duello, Gabriel Paletta (sì, quel Paletta) si è addormentato ed el pibe Higuaín ha utilizzato la punta del piede.” Una prova del fuoco brillantemente superata dall’attaccante del River “con acento francés y algo más”.

Quella della nazionalità del Pipita è una questione su cui i giornali argentini hanno spesso posto l’attenzione anche per descrivere il suo stile di gioco. “Gonzalo Higuaín non si muove come un wing de raya né come un centravanti di riferimento, ma cerca continuamente l’intesa con i compagni. […] Un lusso. Come indica il suo passaporto, el Pipita gioca con l’eleganza di un damerino francese. Voilà” Proprio per non perdere quel documento dovette rinunciare alla chiamata dell’under 18 argentina di Francisco Ferrero. “E’ stata una decisione triste e scomoda – disse il Pipita – tutta la vita ho sognato di giocare con la Selecciòn, ed ora ho scoperto che non posso essere francese ed argentino allo stesso tempo.” Si profilava dunque un nuovo caso Trezeguet, la famiglia Higuaín fu posta di fronte ad un dilemma. “In Francia non ti permettono di avere la doppia nazionalità, almeno con l’Argentina – spiegò Jorge Higuaín – Se vuoi essere argentino, dimenticati lo status di comunitario.” Dopo un lungo corteggiamento, che vide in prima linea anche l’ex ct Domenech, Higuaín alla fine del 2006 scelse l’albicelste. Qualche tempo dopo in una lunga intervista a la Garganta Poderosa spiegò questa decisione: “Dal primo minuto che mi è stato chiesto dove volessi giocare, non ho mai avuto dubbi. Ho vissuto sempre in Argentina, ed essere nato in Francia fu frutto delle circostanze. Non ho nulla da rimproverarmi, ho trascorso 18 anni a Buenos Aires prima di andare in Spagna. Mi sarei pentito se non avessi giocato per la Selección. Io sono argentino de los pies a la cabeza”.

Nonostante il travaglio per una scelta non semplice da compiere, il 2006 fu l’anno della consacrazione che lo portò a vincere il premio del Clarin Revelación de Oro. Il momento chiave fu l’8 ottobre quando segnò una doppietta nel Superclásico (il giorno che Higuain ha umiliato il Boca).“Giocare quella partita, segnare due gol e vincere nella maniera in cui vincemmo fu spettacolare.” In quella stagione Gonzalo segnò 8 gol e fece 11 assist, attirando l’attenzione di Milan, Chelsea e Real Madrid ma ai blancos no se le puede decir no“.

Il 14 dicembre 2006, per 13 milioni, Higuaín passò al Real Madrid. “No tengo miedo – disse il giorno della presentazionevengo a giocare nella migliore squadra del mondo”. Un sogno che si realizza, e non è la classica frase scontata che pronunciano gran parte dei calciatori il giorno della presentazione. In questa intervista il piccolo Gonzalo parla delle sue aspirazioni “Ora gioco con la 9 nel River […] voglio raggiungere la prima squadra e un equipo de fuera, de Europa: il Real Madrid”.

I 6 anni e mezzo nella capitale spagnola furono altalenanti: con Capello, che lo aveva fortemente voluto, doveva lottare per un posto con Ronaldo, Raul e Van Nistelrooy; l’arrivo di Schuster relegò Higuaín ai margini e quando veniva chiamato in causa giocava come ala destra, non la sua posizione. “Lo mío es el área; por las bandas no” si lamentava. 

Iniziò a perdere fiducia in se stesso “¿Es que no sabe meterla?” protestava l’allenatore tedesco ad ogni occasione che el Pipita sbagliava. La critica iniziò a prenderlo di mira. “È un tiratore che spara con un fucile giocattolo”. Con l’arrivo di Juande Ramos, Higuaín riacquistò smalto e fiducia mettendo a segno 24 reti e fu autore di numerosi assist millimetrici, motivo per cui fu ribattezzato “San Higuaín de los imposibles“. Durante l’unico anno di Pellegrini sulla panchina del Real, il cileno richiedeva grande movimento agli attaccanti, in particolare da Gonzalo. Muévete Pipa no te quedes con el pase”. Diego Torres in un articolo su El Pais (Più preciso di Hugo) osservò la statistica dei gol per minuti giocati degli ex attaccanti del Real: “Bisogna tornare ai tempi di Hugo Sánchez, Puskas e Di Stefano per trovare una frequenza simile. Higuaín ha segnato un gol ogni 69 minuti. Hugo uno ogni 80 nella stagione 89-90 dove ha battuto il record della classifica dei marcatori con 38 gol, Ferenc Puskas uno ogni 86 nel 59-60, e Di Stefano uno ogni 87 nel 56-57″. Lo scarto del Real.

Il rapporto con Mourinho, che spesso lo preferiva a Benzema, è stato caratterizzato da alti e bassi, ma l’argentino fu uno dei pochi che l’attuale tecnico del Chelsea mise al riparo dalla querelle “estetica” con i giocatori del Real: “Higuaín è il meno vanitoso dei miei giocatori, se potesse verrebbe ad allenarsi in pigiama.

Nell’estate 2013 Gonzalo lascia Madrid e nonostante le offerte della Juventus, sceglie Napoli “Perchè un argentino non può giocare a Torino”. 
Alfonso Noël Angrisani

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