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Un’alba sulla Senna pensando che sono passati 26 anni

Un’alba sulla Senna pensando che sono passati 26 anni

È l’alba. 

La Senna ha due direzioni: una forte e compatta che trascina il fondo e una ribelle che sbuffa e crea vortici in superficie, che si lamenta al solito banale andazzo, inutilmente crea palummelle in superficie che mi ricordano il mio mare, che di direzioni ne ha infinite. È strano ricordare il mare, una cosa talmente più grande di me relegata in una parte così piccola di me. 

È silenziosa, la Senna. Una cicca mi cade di fianco e la schiaccio. Attorno si sentono solo delle strane bolle, dei tonfi sordi. Questo fiume scorre qui da così tanto tempo da non badare più alla città che lo circonda e nel mio ricordo vale lo stesso per il mare: lo osservo in un’altra alba, calda e sudata e mi rendo conto di quanto io gli sia indifferente.

Mentre sale il sole, l’acqua abbandona molto lentamente l’inchiostro notturno per tingersi di smeraldo e coprire, non so come, il fetore dei moli e il tabacco non è più necessario per affogarlo.

Ora anche la luce è giusta per pensare.

Quando non raggiungi un obbiettivo da tanto, quando ti sei sprecato in inutili palummelle bianche contro vento, sei di una bellezza romantica, forse, ma che si esaurisce e ti rende indifferente al tempo, come la Senna, come il mare. Non resta che sforzarsi, non demordere e sperare maledettamente in un battito, quello necessario, quello che nella tua mente minuscola sorvolerà le superfici di tutti gli oceani, quel palpito che d’improvviso stroncherà di nuovo tutto quanto di adulto hai conquistato e ti donerà qualcosa in più della soddisfazione, ti farà sentire di nuovo leggero.

Si fa fatica, si parla contro tutti con la consapevolezza che sarebbe meglio essere soli piuttosto che circondati da una miriade di voci contrarie; è inutile quella correntuccia che si oppone al grande bacino della Senna. Sarebbe meglio essere soli. L’indifferenza viene da sé. 

Poi lo senti. È breve, è un attimo, e se ti sforzi di essere logico, se proprio non vuoi demordere per non sentirti stupido e rimanere orgoglioso della tua intelligenza che sa che nulla serve, lo perdi.

Ventisei anni dopo, ventisei anni per capire che dopo tanto tempo passato a fare quello che non volevamo fare, oggi c’è un rumore sordo, un tonfo che decide quanto siamo in grado di essere felici.

Non è poco, non è facile. 

Ma bisogna fare attenzione, la contro partita è il resto di niente.
Andrea Virgilio

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