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Volevo avvisarvi, io tifo Italia

Io tifo Italia. E non me ne vergogno. Anzi sì, mi vergogno un po’. Perché quando chiedo ad amici e colleghi un parere, una sensazione sulla Nazionale, scattano varie gare, praticamente un decathlon. Le specialità sono: Scetticismo, Cinismo, Strafottenza, Provincialismo, Campanilismo (“Io tifo per il Napoli e basta”), Sarcasmo, Ironia, Ostentazione di Disinteresse, Dileggio, Moralismo di Facciata. Tutte caratteristiche molto italiane, come vedete. Travolto da questa schiera di non-tifosi dell’ultimora, mi sento vagamente coglione e faccio finta di niente, parlo d’altro, che tanto a noi il pallone mica ci piace.

Eh già, noi siamo superiori, non ci facciamo ingannare più, il calcio è diventato uno schifo, è corrotto, e poi comandano solo i soldi… A proposito, ma il Napoli ha comprato qualcuno? No, perché secondo me con un esterno sinistro buono, un difensore destro…

Scusate, ma questa si chiama schizofrenia. O forse disturbo bipolare. Non lo so, non sono uno psichiatra ma sono certo che una sindrome ci sia. Nulla di grave, ognuno è libero di tifare o astenersi, ci mancherebbe altro. E’ solo che non ho capito la teoria di fondo: mi sembra di capire che la Nazionale sia da ignorare perché il calcio è una merda, ma quelli che propugnano questa tesi aventiniana e astensionista sono gli stessi che consultano compulsivamente i siti di calciomercato e pendono dalle labbra di Di Marzio, toccando pericolose punte di degrado umano ed esplorando abissi pericolosi per la propria integrità mentale.

No, non ci siamo. Qui si rinnega la nostra storia personale.

Credo che il calcio sia anche dolorosa nostalgia, e allora ricordo un pomeriggio di luglio, c’era Italia-Nigeria, la guardammo a torso nudo in un salotto rovente, tra pance gonfie di birra e bestemmie in libertà. Al momento dell’espulsione di Zola ero pronto a compiere un omicidio, o almeno a distruggere un posacenere.

Provate anche voi a fare mente locale: dove eravate quella volta che l’Italia… Dai che ve lo ricordate, non fate finta di no.

Insomma temo che perdere il candore del tifo, abbandonarsi a cerebralismi da giornale d’elite (Gallo, non ti dispiacere) sia un esercizio pericoloso, si comincia così e poi si finisce col dire: “No, io il calcio non lo seguo più”.

Ma io questa malattia non me la voglio far passare, ho paura che in fondo alla mente si possa affacciare il demone del distacco, padre di ogni depressione.

Allora fate un esperimento: per domenica prossima comprate cibo ipercalorico, mettete in freddo il vino che preferite, e abbandonatevi. Lasciatevi trasportare dall’emotività, fatevi invadere dalla tensione della “partita decisiva”. Dimenticate le cazzate di Dossena, ignorate lo squallido teatrino degli studi Rai, e provate a tifare. Dopo 10 o 15 minuti vi ritroverete a insultare Thiago Motta, e vi sentirete subito meglio. Tenetevi in allenamento, perché la fine di agosto arriva presto e quest’anno il Napoli… A proposito, ma ce simm’ accattati a qualcuno?
Giulio Spadetta

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