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Siamo diventati grandi, è ora di comprenderlo

Molto spesso da adolescenti si fanno e si assumono atti e comportamenti per apparire e sentirsi già grandi. Poi, magari, da grandi e in età matura si fanno errori indotti da scelte dettate dal volersi sentire ancora giovani adolescenti. Può capitare e in fondo è anche un po’ nella natura umana.

Spesso mi è capitato di pensare a questa considerazione alla fine di alcune partite decisive per il cammino dei nostri ragazzi in campionato, in particolar modo lo scorso anno, e in Europa.

Quando eravamo in C avevamo la giusta consapevolezza che stavamo vivendo un’ingiustizia, ma abbiamo trovato un corretto equilibro per giocarcela con la giusta mentalità sui campetti di periferia, ma eravamo il Napoli con la nostra storia e i nostri tifosi. E così i comportamenti della nostra tifoseria ci hanno fatto sempre sentire grandi perché, quando fai 60.000 spettatori per Napoli-Cittadella o quando tieni una media di 40- 45.000 spettatori per un campionato di C, non puoi non sentirti una grande.

Oggi siamo cresciuti e stiamo lì a giocarcela tra le grandi in Italia e nell’Olimpo del calcio Europeo e spesso ci è capitato di sbagliare l’approccio a partite decisive non solo per il prosieguo del Campionato, ma anche per il blasone delle avversarie, scendendo in campo con timori reverenziali.

Successe in campionato lo scorso anno negli scontri con le milanesi e anche quest’anno in Europa, come il primo tempo di Monaco.

Ogni volta, anche giustamente, si sottolinea che siamo giovani come squadra e società per competere a certi livelli e che è già tanto che ci siamo arrivati e via con la “retorica” della C per ricordarci dov’eravamo 5 anni fa.

Per carità tutto giusto ma inizio a chiedermi: fino a quando dovremmo dircelo? E se l’errore fosse proprio questo? Un errore per sentirsi, appunto, ancora un giovane adolescente pur essendo già grande, cresciuto e maturo?

Badate, non parlo di scelte societarie o campagna acquisti, che pure contano e il più delle volte sono quelle che determinano uno spartiacque, ma che sono, però, la conseguenza di un determinato approccio mentale al modo di sentirsi e gestire squadra e società. Magari quello stesso approccio che ti porta a fare dichiarazioni tese a privilegiare una competizione su un’altra, perché in fondo si pensa di non poter reggere su più fronti essendo, appunto, ancora giovani, portandoci così inconsciamente a mollare una competizione e a determinare inconsapevoli alibi.

O a impostare una campagna acquisti con determinati vincoli e parametri.

Io penso, invece, che oggi non ci manchi niente, grazie anche alla società, al suo Presidente, al nostro bacino di tifosi e a tutto quello che ne consegue, per acquisire in modo irreversibile la consapevolezza di essere diventati grandi e maturi e che non c’è bisogno, pur di volare bassi, di fare errori per apparire ancora giovani adolescenti per non misurarsi con le esigenze che una grande squadra e società richiedono a partire, per esempio, dalla necessità di aumentare il tetto ingaggi perché oggi è possibile farlo e consentirci di alzare l’asticella delle nostre campagne acquisti.

Va bene rimanere con i piedi per terra e procedere con gradualità ma attenzione che non diventi un “alibi” o peggio un’abitudine perché, come diceva il grande Neruda, “lentamente muore chi diventa schiavo delle abitudini”.

Peppe Napolitano

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