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Caro Gallo, dimettiti,
voglio fare io il direttore

Caro Massimiliano Gallo, come ti avevo correttamente anticipato di persona, rompo un lungo e doloroso silenzio per chiedere le tue dimissioni da direttore del Napolista. Il mio disagio per i tuoi peana contro Lavezzi, Cannavaro e Saviano è profondo e mi spinge a chiedere ufficialmente la tua testa a nome di quella minoranza silenziosa che non condivide le tue prese di posizione su temi che considero dirimenti, per noi che partecipiamo e condividiamo con entusiasmo questo progetto.
Ti riconosco il merito di aver fatto del Napolista un gioiellino editoriale di approfondimento e analisi anche culturale, in un panorama di informazione calcistica che spesso privilegia l’aspetto esclusivamente tecnico-calcistico, ma ritengo che la tua esperienza alla guida di questo quotidiano web sia finita. Ti considero un po’ lo Zeman del giornalismo italiano, spericolato, divertente, mai banale ma spesso vittima della tua stessa voglia di stupire, quella che ha minato quasi sempre le panchine del boemo. Come spero accadrà presto con la tua. So che il paragone con Zeman ti farà felice, ma è l’unica concessione che ti farò in questo mio editoriale che mi auguro segni una svolta nella storia del Napolista.
Vengo al dunque, in sintesi, perché ritengo eccessivo dare troppo spazio ad argomentazioni la cui logica è incontrovertibile. Parto da Lavezzi. Assistere alla tua esultanza per la mancata convocazione del Pocho nella nazionale argentina è stato come vedere Niccolai festeggiare sotto la curva del Cagliari dopo un autogol, Borriello sorridere felice mentre Belen sull’isola si teneva un naufrago, Dilberto brindare per la caduta del governo Prodi. La tua ostilità nei confronti di Lavezzi nasce da lontano, sono mesi che ne discutiamo, forse dal giorno in cui adottasti Hamsik nel tuo immaginario calcistico creando una tua personale contrapposizione con il Pocho, che nessun napolista ha mai preso in considerazione. Salvo poi negare fino all’evidenza i lunghissimi periodi di assoluta assenza di Marek dal gioco del calcio. Ed accusare di lesa maestà chi osava fartelo notare, come fai tu con chi ti critica quando “osi” parlare male del Pocho.
Caro amico (spero dimissionario), sentirti decantare le lodi di quel tale Di Maria o irridere chiunque sposasse la causa del Pocho contrapponendolo a Milito (ma non a Tevez, giocatorino di discreto livello, o al vecchio Palermo, com’era giusto fare)  è stato un gioco irritante per chi tifa Napoli e trova in Lavezzi non la sublimazione dell’effimero (giocoso e perdente, tipico dei meridionali, come hai sottolineato tu con una punta di involontario auto razzismo) ma l’utopia della folgorazione improvvisa, l’idea del tunnel a Maicon, del pallonetto a Julio Cesar, delle lacrime di gioia che non t’aspetti nel tunnel degli spogliatoi di Cagliari. E qui Maradona non c’entra nulla, come ha spiegato secondo me benissimo il condirettore Fabrizio d’Esposito, che spero mi assista nel tentativo di golpe ai tuoi danni.
Passo rapidamente a Fabio Cannavaro, di cui avevo auspicato l’arrivo a Napoli (prevalendo, come ricorderai, nella gara dei commenti pro e contro). Sorvolando su quanto scritto – dalla media voti più alta di tanti scafessi sopravvalutati, al fatto che parli bene italiano e che aiuti i bambini di Napoli – ti ricordo che ha vinto il Pallone d’Oro, lui, napoletano, da difensore, meritandolo. Non puoi umiliarlo con il riferimento al cimitero degli elefanti. Anche qui, come con il Pocho, hai voluto stravincere, volando basso, però. Non è da napolisti, direttore, infierire sui perdenti, fosse un Lavezzi che resta a casa, fosse un Cannavaro che si avvia al tramonto nel modo meno glorioso.
Chiudo con Saviano. Anche a lui non perdoni il successo, da napoletano, l’eccesso di enfasi intorno alla sua figura. Io sono tra quelli che preferisce lui all’apologia dei camorristi che “aiuterebbero” questa città, quelli che a piccoli calciatori ignoranti, come Borriello (al quale hai dato colpevolmente spazio) appaiono evidentemente di spessore morale superiore a Saviano. E se tu non puoi sentirti camorrista se parli male dello scrittore, io non posso sentirmi ingenuo se credo che rappresenti un simbolo. Ma la tua linea è questa, provocare, demolire, se ti capita a tiro un napoletano che ce l’ha fatta. Sotto a chi tocca, direttore, anzi, ti dò uno spunto: anche Massimo Troisi in fin dei conti non faceva tanto ridere, meglio Macario, no? Pensaci, scrivici una cosa magari, ma intanto dimettiti, però. Da direttore ospiterò volentieri i tuoi articoli. Con profonda amicizia e stima, Luca.
Luca Maurelli

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