Graziani: «Pulivo le mie scarpe da solo e ci parlavo: «Non fate scherzi, non tradite…»
Al Giornale racconta il Mondiale dell'82: «La sera giocavamo a bestia. Bearzot ci rimproverava perché giravano i soldi, non voleva che il gioco si trasformasse in azzardo»

Su Il Giornale, Toni Damascelli intervista Francesco Graziani. Oggi, 40 anni fa, l’esordio al Mundial ’82 contro la Polonia.
«Dividevo la camera con Antognoni, lui si addormentava prima di me e io lo scuotevo: “Giancà, quando ci hai la palla guarda me, amico mio dammela giusta, come in campionato”»
Il passatempo delle serate in ritiro era il gioco a carte, una specie di briscola.
«Giocavamo a bestia. Eravamo cinque o sei, Antognoni, Giovanni Galli, Bruno Conti, Dossena, Vierchowod. Mettevamo cinquemila lire a testa. In quanto a fortuna Galli era in vantaggio su tutti».
A Bearzot, però, la pratica non piaceva.
«Non gradiva, ci rimproverava perché giravano i soldi, erano pochi, un simbolo ma lui non voleva che il gioco si trasformasse in azzardo e in contesa».
Graziani racconta un rito scaramantico prima delle partite.
«Non volevo che le mie scarpe da gioco venissero spazzolate e pulite dai magazzinieri, volevo farlo io perché io con le scarpe ci parlavo, non fate scherzi, non tradite, dobbiamo buttarla dentro».
Continua raccontando l’albergo in cui soggiornavano, La casa del Baron, a Pontevedra.
«C’era una sala con il biliardo e il calciobalilla, poi un mucchio di videocassette con le partite dei nostri avversari. Poi telefonavamo a casa, non era ancora il tempo dei cellulari, alla vigilia le solite parole con mia moglie, per sapere dei bimbi. Il giorno della partita mai nessuna telefonata».
Una maglia, un pallone, una medaglia di quella partita?
«La maglia di un difensore, Majewski. Poi, nella finale, quella di Matthaus. Conservo lo scrigno con le medaglie d’oro e la riproduzione della coppa».
Quarant’anni dopo che cosa si aspetta dai tifosi?
«Che, incontrandoci, ci dicano grazie. Sarebbe il premio migliore della gente comune, questo è il vero calcio».