Billy Beane, mister Moneyball: «Oggi non troverei lavoro, i miei rivali sarebbero Google, Goldman Sachs e JP Morgan»
Il Nyt intervista lui e Luke Bornn (che lavorò alla Roma e portò Salah) che dice: «Le statistiche nel calcio sono indietro, ad esempio sulla misurazione della qualità del primo tocco»

OAKLAND, CA - DECEMBER 18: Oakland Athletics vice president and general manager Billy Beane and Hiroyuki Nakajima of Japan joke with each other at a press conference where Beane introduced Nakajima to the Oakland Athletics at the O.co Coliseum on December 18, 2012 in Oakland, California. Nakajima signed a two-year contract through 2014 with a club option for 2015. Ezra Shaw/Getty Images/AFP (Photo by EZRA SHAW / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)
La storia di Moneyball è ormai data per conosciuta. Billy Beane è nella realtà quel che Brad Pitt era nel famoso film sulla rivoluzione dei dati nel mercato del baseball ispirato alla sua storia. Un metodo ormai assodato. Il New York Times l’ha intervistato e lui dice che “ora non potrei candidarmi per un lavoro perché non sono qualificato”. Perché ormai avrebbe come competitor Google, Goldman Sachs e JP Morgan. Con lui c’è Luke Bornn, consulente scientifico per Teamworks ed ex professore di statistica ad Harvard, che ad un certo punto ha lavorato anche alla Roma. E’ quello che ha “scoperto” Salah. Parlano anche di calcio, ovviamente.
Beane ammira il modo in cui Sir Alex Ferguson ha gestito il Manchester United: “La maggior parte di loro (gli allenatori) trova un lavoro più importante, migliore e con una retribuzione migliore, ma ci sono alcune icone in ogni sport. E uno dei motivi per cui penso che siano grandiosi, che si tratti di Sir Alex Ferguson, Bill Belichick (sei Super Bowl con i New England Patriots in un periodo di 24 anni), Nick Saban in Alabama (sei campionati nazionali in un mandato di 16 anni), è perché hanno gestito il loro club come se non dovessero mai andarsene, il che è insolito, e le decisioni che prendono sono per il futuro.“
“Gestire una squadra sportiva significa in definitiva massimizzare il budget a disposizione per essere efficienti. E credo che a volte si diventi miopi: quando si ha un bisogno, si cercano specificamente persone che possano colmare quella debolezza, invece di ottenere un valore maggiore e rendere ancora più forte un punto di forza.”
Oggi, dice, “i dati sono a disposizione di tutti, le informazioni sono a disposizione di tutti. In realtà, la cosa più importante è saper utilizzare quei dati. E alcuni team lo fanno meglio di altri”. La vera opportunità, sostiene, sta nell’individuare gli individui meno noti, nascosti tra l’élite.
“Quello che vuoi fare è quando vedi Lionel Messi, vedi tutti i soliti noti lassù, e poi all’improvviso spunta fuori un ragazzo di nome Jude Bellingham, un diciassettenne che gioca nel Birmingham, e ti rendi conto, Oh mio Dio, c’è un ragazzo di 17 anni che gioca a un livello tale da essere uno dei primi 15 al mondo”.
Bornn alla Roma prese Salah, Rudiger e Alisson. Su Salah, in particolare, è inequivocabile. “All’epoca, i nostri modelli dicevano che era uno dei migliori giocatori al mondo. È come quando ero ai Sacramento Kings, quando Luka Doncic fu scelto al draft e la gente diceva: ‘Oh, ai vostri modelli piaceva Doncic?’. E io rispondevo: ‘Chiunque avesse guardato i dati per 10 secondi avrebbe adorato Doncic'”.
Il calcio, dice Bornn, è “ancora un po’ indietro ai tempi della percentuale di arrivi in base… ma sta crescendo molto rapidamente. L’avvento dei dati di tracciamento senza palla, in particolare, ha aggiunto un nuovo livello di analisi, consentendo agli analisti di misurare fattori come il valore creato dalle corse senza palla. Prima si diceva: ‘Questo giocatore è bravo perché ha molto successo nel palleggio o nei passaggi’. Quindi statistiche di base. Ora possiamo dire cose come: ‘Questo giocatore è bravo perché fa queste corse senza palla che aprono spazi per le linee di passaggio, il che aumenta il valore atteso perché apre questo passaggio o questo passaggio attraverso la palla. Ma nel calcio, non stiamo ancora misurando bene la qualità del primo tocco o l’esatta esecuzione del passaggio in termini di proiezione della palla”.