Il ritmo velenoso di Kroos è quello con cui il Real Madrid si muove da dieci anni: si insinua nella stanza e tutti respirano senza sapere che stanno morendo

Toni Kroos smette. E a Madrid la vivono, comprensibilmente, come in stato di pre-lutto. Scrive Manuel Jabois sul Paìs, “la fine di tutte le leggende, da Di Stéfano a Zidane” è che “un tifoso venti chili più pesante di te e che non ha mai visto un pallone ti spieghi come si gioca a calcio. Poi ad un certo punto della partita, Kroos, come al solito, si accende e il Real Madrid passa in vantaggio una, due o tre volte, quante volte Kroos vuole”. Perché la verità è che “nessuno di noi tifosi sa di calcio più di Kroos, ma sulla decadenza ne sappiamo molto più di lui”.
“Il suo ritiro ci fa sospettare che conosca troppo bene il suo corpo e troppo bene i tifosi per pensare che possa uscire indenne da qualche altro anno di carriera”. “Kroos è un giocatore di rara e deliziosa integrità. Si era ripromesso che prima o poi avrebbe lasciato al vertice e ha deciso di farlo in vista della finale di Champions League. È andato in Arabia Saudita per guadagnarsi i fischi con cui viene premiata la dignità di un calciatore. Ha vinto tutti i titoli, li ha persi tutti tranne uno (campione del mondo per club), e ha continuato a ricercare sul campo un’antica eccellenza che lo lega ai più grandi centrocampisti della storia”.
“Il suo rapporto con il gioco è proporzionale al suo rapporto con gli spazi e con la palla. I controlli e i colpi sono esattamente i controlli e i colpi con cui il Real Madrid si muove da dieci anni. È un ritmo velenoso, come l’aria viziata che si insinua nella stanza e tutti respirano senza sapere che stanno morendo; il Madrid soffoca per ordine di Kroos, e talvolta lo stesso tedesco uccide con le sue mani”.
“Kroos è stato un faro impressionante nella storia del gioco e nella bellezza del Real Madrid. Ha vestito vittorie impossibili facendo ballare interi stadi con cambi di ritmo tanto che invece che un campo di calcio sembrava Wimbledon, e ha fermato i crolli monopolizzando la palla e riorganizzando l’atmosfera. È uno di quei pochi teorici del calcio che riescono meglio con la pratica che con le lezioni. Il Real Madrid gli deve un’estetica e un modo distinto di stare in campo, il modo travolgente e lussuoso con cui si rimane sempre nella memoria: vincere senza dover dire mi dispiace”.