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Un allenatore non si sceglie in base ai risultati, The Athletic dà (quasi) ragione a De Laurentiis

Da cosa si vede se un tecnico sarà vincente? Non c’è un indicatore. De Zerbi è arrivato al Brighton dopo risultati normali. Contano altri fattori

Un allenatore non si sceglie in base ai risultati, The Athletic dà (quasi) ragione a De Laurentiis
Brighton's Italian head coach Roberto De Zerbi reacts during the English Premier League football match between Brighton and Hove Albion and Crystal Palace at the American Express Community Stadium in Brighton, southern England on February 3, 2024. (Photo by Glyn KIRK / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE. No use with unauthorized audio, video, data, fixture lists, club/league logos or 'live' services. Online in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No video emulation. Social media in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No use in betting publications, games or single club/league/player publications. /

Quando Andre Villas-Boas fu pagato la bellezza di 15 milioni di euro per andare al Chelsea – era il 2011 – aveva 33 anni e tutto un fascino da tecnico rampante. Alla sua prima conferenza stampa come allenatore più costoso del mondo, disse: “Non aspettatevi niente, da un uomo solo”. E infatti, per coerenza fu licenziato a marzo.

The Athletic lo usa come spunto per per ricordare altri casi clamorosi di soldi buttati sul allenatori che parevano dover cambiare il calcio e invece no: “Marco Rose al Borussia Dortmund (5 milioni di euro in anticipo per una stagione poco brillante); Adi Hutter al Borussia Monchengladbach (7,5 milioni di euro, idem); Julian Nagelsmann al Bayern Monaco (25 milioni di euro per 19 mesi); Graham Potter al Chelsea (non parliamone proprio). Erano la crema della crema, gli allenatori che i club non potevano permettersi di aspettare, eppure avevano poi avuto la durata di un casco di banane ammaccate”.

Come facciamo a sapere se un allenatore è bravo?

La vera domanda dell’articolo di The Athletic è: “Come facciamo a sapere se un allenatore è bravo? Ad intuirlo, più che altro, prima che lo dicano i trofei che vincerà? E’ una domanda da bar, ma alla ricerca della risposta, su basi più scientifiche, ci sono società che investono un bel po’. Per il semplice fatto che investire sul cavallo giusto può essere la scommessa vincente.

Omar Chaudhuri della società di consulenza sportiva 21st Group dice che “ci sono pochissimi indici predittori forti”. Uno è il rapporto tra risultati finali e valore di mercato della rosa allenata, facendo un paragone con i dati della stagione precedente e ponderando i valori in base ai minuti giocati per tenere conto delle assenze. E poi: si usa una miscela 70/30 di differenza reti prevista senza rigori e differenza reti effettiva, “che cattura abbastanza bene la forza della squadra e pone maggiore enfasi sulle parti del gioco su cui è probabile che gli allenatori abbiano una certa influenza”. Gli esperti dicono che “i risultati sono sorprendenti. Nelle ultime sette stagioni nei principali campionati europei, questo semplice modello di qualità dei giocatori può spiegare circa l’80% del successo delle squadre”.

E’ complicato, ma il punto, al netto della fuffa, è il restante 20%, che sarebbe poi la quota relativa all’intervento degli allenatori. E così dagli studi spunta un clamoroso Gian Piero Gasperini di qualche anno fa, per esempio. Ma attualizzando a questa stagione la tabella dice invece molto di quanto il “percepito” possa trarre in inganno.

Tabella allenatori the athletic

Qui interviene però una variabile fondamentale: la stabilità, quanto varia il successo di un allenatore da stagione a stagione. Per sul one shot sono bravi tutti, potenzialmente. “Per gli allenatori che cambiano lavoro – scrive The Athletic – non esiste alcuna correlazione tra la prestazione dell’anno precedente superiore o inferiore alle aspettative nel vecchio club e la prima stagione nel nuovo club”.

Esempio i destini incrociati di Potter e De Zerbi: “Quando il Chelsea ha speso 21,5 milioni di sterline per ingaggiare Graham Potter, era reduce da una delle migliori performance da allenatore negli ultimi sette anni, al Brighton. I suoi sette mesi a Londra non sono andati altrettanto bene. Il Brighton, nel frattempo, ha ingaggiato Roberto De Zerbi anche se la sua ultima stagione al Sassuolo era stata nella media rispetto al valore della squadra. Aveva avuto una stagione piuttosto buona l’anno prima, e nel mezzo un periodo di tutto rispetto fuori dai primi cinque campionati allo Shakhtar Donetsk, ma nulla che potesse suggerire che la sua prima stagione al Brighton sarebbe stata la quarta migliore su centinaia nel nostro set di dati”.

E allora? Forse il segreto sta nel processo logico seguito da Tony Bloom, il guru analitico del Brighton. All’arrivo di De Zerbi disse che “il suo stile e il suo approccio tattico si adatteranno perfettamente alla nostra squadra esistente”.

Insomma, “i club intelligenti non si limitano ad assumere allenatori di successo nella speranza che possiedano una conoscenza innata su come vincere. Sono attenti ad adattare le tattiche dell’allenatore ai giocatori che già hanno, sapendo che cambiare stile costerà loro tempo e denaro”.

Vuoi vedere che alla fine aveva ragione De Laurentiis, a difendere il dogma del 4-3-3 come requisito di casting dei suoi allenatori?

“Non voglio dover sostituire 15 giocatori o qualcosa del genere in due anni”, dice un consulente esperto di analisi che ha richiesto l’anonimato per proteggere le relazioni con i clienti. “Perché allora diventa un progetto che consiste semplicemente nel passare in rassegna i giocatori e sperare che le cose funzionino“.

“L’ingrediente segreto per assumere l’allenatore giusto è lo stile”, conclude The Athletic.

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