L’Intervista di Marca al dirigente del triplete a Manchester, ora Ceo in Arabia: “I soldi non solo illimitati. E qui ci sono tifosi e atmosfera”

Il calcio arabo “non è affatto una bolla, soprattutto perché qui ci sono i tifosi. Gli stadi sono pieni e l’atmosfera che si crea nelle partite importanti non ha nulla da invidiare a quella in Europa. In più c’è un piano di crescita stabile e, come dico, una base social immensa”. Parola di Esteve Calzada, conquistato – parrebbe – dall’Arabia Saudita. E’ l’amministratore delegato dell’Al Hilal, ma soprattutto è l’uomo che ha contribuito a creare il Manchester City dal triplete. Manchester è stata casa sua negli ultimi 12 anni. E’ uno specialista in progetti in crescita: aveva già tirato su il Barcellona dei primi anni 2000.
“Ovviamente non abbiamo soldi illimitati – dice Calzada intervistato da Marca – Abbiamo un budget e dobbiamo rispettarlo, questo è quello che mi chiede il mio consiglio di amministrazione. È la stessa cosa che chiedono ai dirigenti che sono in Europa… Nel mio caso ho degli obiettivi molto chiari che non sono diversi dal modo in cui operano le altre squadre europee”.
Calzada dice che l’Arabia non è un cimitero degli elefanti: “Guardate i casi di Rúben Neves, Milinkovic-Savic, Mitrovic, Malcom… sono tutti arrivati nel pieno della loro carriera, a 25, 26, 27 anni. Molti giocatori sono venuti a offrirsi quando hanno saputo che sarei venuto qui”.
“Dopo il triplete al City e per un uomo ambizioso e affamato come me, c’erano poche cose da fare. Dal punto di vista sportivo avevamo già ottenuto tutto e dal punto di vista finanziario stavamo battendo il nostro record da tre anni, quindi quando l’Al Hilal mi ha contattato a fine agosto e mi ha spiegato il progetto, mi è piaciuto sempre di più. Quando mi hanno spiegato la dimensione che assumeva il calcio saudita e il progetto specifico dell’Al Hilal… non ho potuto rifiutare. Certo devo confessare che è stato molto difficile lasciare il City. Pensavo che quel club fosse il posto migliore possibile, con una vita già consolidata, professionalmente e umanamente… ecco perché non sarei mai venuto all’Al Hilal se non credessi in questo progetto”.