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Abodi: «Impensabile che la Serie A resti a 20 squadre. Sento parlare di riforme dal 2010»

Il Ministro lancia anche qualche “zeppata” a Gravina: “Sento parlare di riforme dal 2010, ricordo ancora l’aspettativa di Tavecchio quando ero presidente della Serie B…”

Abodi: «Impensabile che la Serie A resti a 20 squadre. Sento parlare di riforme dal 2010»
Roma 24/06/2023 - torneo Settecolli / foto Image Sport nella foto: Andrea Abodi

“Sento parlare di riforme dal 2010, ricordo ancora l’aspettativa di Carlo Tavecchio quando ero presidente della Serie B…”. Andrea Abodi parla al convegno Sport Industry Talk, organizzato da Rcs Academy e Corriere della Sera. E “smentisce” il padrone di casa Cairo, che difende proprio le venti squadre. Dice Abodi che “è impensabile che la Serie A continui ad essere a 20 squadre, la B a 20, la C a 60 con 100 squadre professionistiche. Ma non è nemmeno questione di numeri, quanto di credibilità che consenta l’affermazione dell’equa competizione, ci sono società che pagano e rischiano di non centrare i propri obiettivi, altre che non pagano e magari mantengono la categoria“.

“Apprezzo la scelta del presidente federale di convocare un’Assemblea per marzo 2024. La Serie A è un contribuente significativo di fiscalità, è un obiettivo comune quello di far funzionare la macchina. Servono le infrastrutture, dobbiamo accogliere i tifosi con lo stesso decoro in cui vengono accolti in tutta Europa”.

Secondo Cairo la riduzione del numero di squadre della Serie A non avrebbe senso: “Anche in Inghilterra e Spagna sono 20 e questo permette di avere 380 partite, ossia altrettante occasioni per i broadcaster di trasmetterle. Riducendo il numero di partite ne risentirebbe il valore economico del prodotto”.

“Dalle scommesse sul calcio il nostro mondo non riceve nemmeno un centesimo ed è un paradosso che le aziende di betting non possano sponsorizzare squadre di calcio. Quando si tratta di rateizzare le imposte sembra che venga fatto chissà quale regalo. È vero, i calciatori guadagnano cifre importanti, ma questo aspetto viene ingiustamente colpevolizzato sebbene non riguardi solo l’Italia. Anche gli attori guadagnano molto, ma lo Stato con i tax credit spende circa un miliardo all’anno per supportare il cinema, pure per società straniere che fanno film in Italia. Qual è la differenza con le agevolazioni del Decreto crescita che ci permette di attrarre campioni dall’estero e aumentare l’appetibilità del campionato per la vendita dei diritti all’estero?”. 

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