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Continuare con Garcia vorrebbe dire continuare a vedere un Napoli immerso nel caos

Garcia ha potuto cambiare registro in modo così netto nell’intervallo proprio perché il suo è un calcio basico, diciamo anche elementare

Continuare con Garcia vorrebbe dire continuare a vedere un Napoli immerso nel caos
Napoli 29/10/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Milan / foto Image Sport nella foto: Rudi Garcia

Il calcio di Garcia, in purezza

Napoli-Milan 2-2 è stata la partita in cui abbiamo visto il calcio di Rudi Garcia in purezza. Nei suoi aspetti più tragici e in quelli più esaltanti. Certo, i meriti/colpe vanno divisi in modo equo e solidale con il Milan di Pioli, squadra evidentemente rabberciata ma comunque valida. Le montagne russe emotive vissute ieri allo stadio Maradona, però, dipendono in modo strettissimo dalle scelte dell’allenatore del Napoli. Che ha provato a riscrivere un po’ il software della sua squadra, è stato sull’orlo di un burrone e poi ha cambiato tutto di nuovo. Con un guizzo di inventiva, di coraggio, anche di fortuna, certo.

Insistendo un po’ di più, forse Garcia avrebbe anche potuto vincere la partita – non la sfida tattica, ne parleremo – e dare una mano di mastice alla sua credibilità come allenatore del Napoli. Ma in ogni caso l’avrebbe fatto sguazzando nel caos. Anzi: la svolta arrivata tra primo e secondo tempo, il fatto che il Napoli abbia potuto cambiare registro in modo così netto, è legata proprio all’essenza del calcio secondo Garcia. Al fatto che la sua squadra, oggi, pratichi un gioco semplice, basico. Si può azzardare anche un aggettivo più forte, più duro: un gioco elementare. Non è per forza un termine negativo, e tra poco capiremo perché. Ma andiamo con ordine, iniziando da un primo tempo da film horror, per il Napoli.

Cos’ha provato a fare Garcia

Come detto qualche rigo fa, Garcia si è messo al computer – o magari alla lavagna, chissà – e ha cambiato un po’ il Napoli. In modo creativo, bisogna dirlo: Elmas schierato al posto di Cajuste nello slot di Anguissa e con attribuzioni tattiche diverse. In fase di non possesso, il centrocampista macedone aveva l’ordine di seguire il centromediano Krunic, rovesciando quindi il triangolo di centrocampo. Quando il pallone era del Napoli, invece, Elmas ha avuto una certa libertà di movimento, quasi come se fosse il sottopunta di un 4-2-3-1. In realtà è più corretto parlare di 4-3-3 con centrocampo fluido, visto che nel primo tempo anche Zielinski si è mosso in lungo e in largo per farsi dare palla.

Elmas segue Krunic a uomo

Oltre a questa mossa relativa alla formazione e alle spaziature in campo, Garcia ha ideato e attuato anche una strategia per l’uscita dal basso. Evidentemente il tecnico francese ha studiato con attenzione il Milan, quindi deve essersi accorto che Leão accorcia sempre sul centrale di sinistra se questo costruisce di fianco al portiere, e allora ha fatto in modo che Di Lorenzo potesse liberarsi sulla destra. A quel punto, il compito di servire il capitano è stato affidato direttamente ad Alex Meret. Che, fino al minuto 15′, è sempre riuscito a lanciare bene verso la fascia destra.

Il punto, come detto in apertura, è che il gioco del Napoli è semplice, basico. Elementare. Se la dinamica che abbiamo appena descritto sembra andare in contraddizione con questa definizione, rileggete bene l’ultima frase del paragrafo precedente: fino al minuto 15′. Da lì in poi, cioè da quando Pioli ha letto questa mossa tattica e ha invitato Leão a non farsi più sorprendere in quel modo, la squadra di Garcia ha smesso completamente di giocare.

A dirlo sono i numeri: quelli del risultato, ovviamente, che alla mezz’ora 0-2 in favore del Milan nonostante un avvio fondamentalmente equilibrato; quelli dei tiri, secondo cui il Napoli non ha concluso nello specchio della porta di Maignan per tutto il primo tempo, e dal minuto 11′ al minuto 26′ non ha mai tirato neanche fuori dallo specchio. Poi è arrivata la sgasata di Kvara che ha messo Politano davanti alla porta, unica occasione vera costruita dalla squadra di Garcia fino all’intervallo. Stop. Fine delle trasmissioni.

Tre diapositive su: correggere gli errori

Oltre i gol del Milan

Il Napoli del primo tempo ha dimostrato, una volta di più, di aver bisogno di strategie sofisticate per la fase di possesso palla. E si noti il plurale: perché alla squadra azzurra, cioè ai calciatori che la popolano, non può bastare un solo gioco per uscire dal pressing avversario. Devono avere delle alternative, devono essere allenati a risalire il campo in modo vario e diversificato, devono dettare i ritmi della partita attraverso il possesso. Per un motivo molto semplice: non sono in grado di lasciare il pallone agli avversari e di difendere in area in modo efficace.

I due gol del Milan nascono e arrivano allo stesso modo. Questo: lunga azione di accerchiamento che porta a un cross dalla destra, Rrahmani legge male la situazione e Giroud ne approfitta. Ma è proprio questo il punto: visto che Rrahmani è un difensore che ha certi pregi e certi difetti, allora il Napoli deve giocare in modo da non concedere azioni del genere agli avversari. Ecco che torniamo a ripetere le stesse cose del paragrafo precedente, le cose che diciamo fin dall’inizio di questa stagione: la squadra azzurra deve trovare il modo per tenere la palla, per limitare il più possibile il possesso degli avversari.

Quanto fatto e predicato da Spalletti un anno fa non era dettato solo da una sua preferenza tattica/ideologica, ma da una precisa necessità: mascherare i difetti ed esaltare i pregi degli uomini che aveva a disposizione. Pregi e difetti che, ora come allora, vengono amplificati dall’assenza di Victor Osimhen: senza il centravanti nigeriano e con Raspadori al suo posto, la squadra azzurra ha – avrebbe – bisogno di costruire in modo ancora più articolato, sofisticato. Detto in modo brutale: non può ricorrere ai lanci lunghi.

Tutti i tocchi di Raspadori nel primo tempo: un centravanti completamente diverso rispetto a Osimhen

Insomma: anche se sembra incredibile, i gol segnati del Milan – così come quelli falliti – nel primo tempo sono arrivati perché il Napoli schierato da Garcia non ha avuto gli strumenti per giocarsi la partita. È chiaro che la bravura di Giroud e gli errori di Rrahmani fanno la differenza in quelle azioni, ma dal 15esimo in poi il dominio tattico esercitato dai rossoneri è stato palese. Non a caso, come detto in precedenza, l’unica occasione del Napoli nasce da una giocata individuale di Kvaratskhelia. Il Milan, invece, avrebbe potuto segnare molte altre volte. I numeri, in questo senso, sono eloquenti: i giocatori di Pioli hanno potuto tentare 12 conclusioni; in 11 occasioni il tiro è arrivato al termine di un’azione manovrata. Meret è stato decisivo due volte, con altrettanti interventi non semplici. Reijnders si è mangiato un’occasione clamorosa con la porta spalancata davanti a sé.

Rudi Garcia ha cambiato la partita, ma a modo suo

Non ci voleva tanto per riaggiustare lo zero tattico mostrato dal Napoli nel primo tempo contro il Milan – e non solo contro i rossoneri. Garcia l’ha fatto a modo suo, cioè modificando il sistema di gioco. Niente di nuovo o di particolarmente geniale: dal 4-3-3 è passato a un 4-4-2 che poteva deformarsi in un 4-2-3-1 grazie ai movimenti di Raspadori. E così, come detto anche dal tecnico francese nel postpartita, «le due punte ci hanno permesso di pressare molto più alto».

Nel calcio secondo Garcia, è tutto molto semplice. Anche le spiegazioni. Lo avevamo scritto pochi giorni fa, proprio in questo spazio sul Napolista: «Secondo il tecnico francese, tutto dipende e discende da un paio di concetti di base, piuttosto elementari. Le modifiche successive avvengono, se avvengono, con l’inserimento di nuovi giocatori. Non attraverso la tattica, ma passando dalla tecnica individuale di chi subentra, dalle nuove spaziature che si determinano. E poi dall’emotività, dalla grinta». Ecco com’è arrivato il pareggio di Napoli-Milan. E basta riguardare il gol di Politano, per capire cosa vogliamo dire:

Un bel gol

Intendiamoci: questo è un gol di qualità, agevolato dal pessimo intervento di Pellegrino. Ma c’è anche della tattica, in questa azione: la presenza di due attaccanti, infatti, non permette al centrale del Milan di supportare gli esterni, se non quando Politano è già dentro l’area. Ma, appunto, si tratta di un concetto piuttosto semplice. Non è per forza un male, è semplicemente la realtà: è così che Garcia incide sulle partite. In questo caso ha funzionato, perché Politano ha tirato fuori una giocata – anzi: più giocate in una – di gran classe. Può essere considerato un merito dell’allenatore? Piaccia o meno, la risposta a questa domanda è sì.

E ora spieghiamo anche perché: nel calcio di oggi, un passaggio come quello fatto ieri sera dal Napoli – dal 4-3-3 puro al 4-4-2/4-2-3-1 – è un processo complesso. Per il Napoli, che come detto più volte è una squadra tatticamente elementare e quindi priva di riferimenti forti, tutto è avvenuto in modo abbastanza rapido. Si può dire immediato. Questo è un complimento a Garcia, a cui va riconosciuto il merito di aver cambiato la partita. A modo suo, ma l’ha cambiata.

Il calcio, e in fondo su questo Garcia ha ragione, è anche un fatto emotivo. A volte è soprattutto un fatto emotivo. Ieri sera al Maradona, al netto delle modifiche tecnico-tattiche apportate nell’intervallo, il Napoli della ripresa è risultato completamente diverso rispetto. Per forza, per veemenza, anche per concentrazione. Poi è arrivata anche la tecnica: del gol di Politano abbiamo detto, poi è salito di tono Zielinski – proprio il polacco, con una giocata di grande personalità dopo un calcio d’angolo, ha conquistato la punizione del 2-2 – e infine è arrivato Raspadori. Anche sul tiro dell’ex attaccante del Sassuolo si potrebbe pensare a qualche colpa di Maignan, visto che la palla si infila sul primo palo. Il gol, comunque, resta.

Dopo il pareggio, compresi i cambi

Il Napoli è riuscito a recuperare il risultato, però senza vincere la sfida tattica. O meglio: i cambi di modulo e di uomini di Garcia hanno messo in difficoltà il Milan, è evidente, ma i gol del Napoli sono arrivati in modo abbastanza casuale, per quanto meritato. L’abbiamo detto, l’abbiamo spiegato. Non c’è niente di ontologicamente sbagliato, in questo modo di intendere il calcio, ma per onor di cronaca va anche detto che, dopo il pareggio di Raspadori, il Napoli non ha più tirato in porta fino all’occasione di Kvaratskhelia a tempo scaduto. Nello stesso segmento, il Milan ha messo insieme 5 tiri tentati verso la porta di Meret. E il portiere del Napoli è dovuto intervenire 2 volte. Nel recupero, dopo l’espulsione ingenua di Natan, Calabria è andato vicinissimo alla rete 2-3.

Forse i cambi di Garcia non hanno assecondato l’onda emotiva generatasi dopo la rimonta. L’ingresso di Zanoli, un secondo terzino di ruolo come esterno alto del 4-4-2, avrebbe avuto più senso in una gara in cui il Napoli era in vantaggio; qualche minuto prima, Anguissa era entrato al posto di Zielinski, ispiratore della stragrande maggioranza delle azioni pericolose costruite dagli azzurri nella ripresa: forse il camerunese avrebbe potuto prendere il posto di Lobotka, poco impattante in una gara come quella di ieri. Anche Pioli, in realtà, ha operato delle sostituzioni strane, al netto di quelle forzate: Okafor e Jovic per Leão e Giroud sono state delle mosse abbastanza inspiegabili. Soprattutto perché, come abbiamo detto e dimostrato prima attraverso i numeri, il Milan era ancora in corsa per vincere la partita.

Conclusioni

Il Napoli esce dalla gara contro il Milan senza aver acquisito o alimentato alcuna sicurezza tattica. Come detto prima: un risultato casuale può essere anche meritato, e in questo caso lo è stato, ma resta casuale. Noi ovviamente non sappiamo se e quanto Garcia abbia lavorato o stia lavorando al 4-4-2 che abbiamo visto nella ripresa, un modulo che ha (giustamente) rivendicato nel postgara dicendo che «non esiste solo il 4-3-3».

È solo che sarebbe ingiusto far passare una mossa della disperazione per quello che non è. O meglio: il 4-4-2 visto ieri sera potrebbe essere riproposto con maggiore frequenza, e non sarebbe un problema; ma contro il Milan è stato disegnato per cercare di risolvere un’emergenza. L’ha risolta, in parte. E quindi Rudi Garcia ha ragione, in parte. Avrebbe avuto ragione piena se il Napoli avesse vinto, ma non è andata così.

Tutto questo, però, non può – non deve – cancellare ciò che è successo nel primo tempo. Ovvero, l’ennesima dimostrazione dell’inadeguatezza di Garcia come allenatore-tattico, come ideatore di piani di gioco. Le sue idee sono risultate – ancora una volta – troppo risicate, sia nel numero che nella consistenza. Il paradosso è che questa pochezza ha aiutato il Napoli a resettarsi e a trasformarsi completamente in vista del secondo tempo: in fondo è più facile cambiare pelle se non hai una reale identità. Ora sta a De Laurentiis capire e decidere cosa fare: continuare con Garcia vorrebbe dire continuare a vedere un Napoli immerso nel caos e figlio del caos, capace di fare tutto e il contrario di tutto di partita in partita, all’interno della stessa partita. Nel bene e nel male. Se era ed è quello che aveva in mente, va benissimo così.

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