ilNapolista

Laporta e il suo sistema rischia-tutto: improvvisazione, nepotismo e precarietà (El Paìs)

Il presidente del Barcellona costruisce grandi squadre perché sa che l’unico modo per vincere è spendere soldi che non ha

Laporta e il suo sistema rischia-tutto: improvvisazione, nepotismo e precarietà (El Paìs)
2023 archivio Image Sport / Calcio / Barcellona / Joan Laporta / foto Imago/Image Sport ONLY ITALY

“Laporta è passato dal fare quello che poteva a fare quello che vuole”. Per El Paìs quello del presidente del Barcellona è un vero e proprio “sistema”, costruito sull’improvvisazione, il nepotismo e il settarismo”.

Laporta però è un presidente che “ha messo a rischio la sua salute e il suo patrimonio” per il Barcellona. Difficile che lo faccia in malafede. E’ che proprio lui comanda così, scrive il giornale spagnolo.

“Se il presente è condizionato dalla rovina del passato, il futuro è incerto per l’assedio dei creditori e la difficoltà di capitalizzare il club”. Laporta “si è dedicato a una cerchia di amici il cui comandamento è la lealtà. Ha cambiato l’organigramma esecutivo e sportivo al punto che all’Espai Barça non sono rimasti quasi più volti noti. La gente se ne va senza sapere perché è entrata o è rimasta a metà strada, così come si raccontano sorprendenti licenziamenti di dipendenti fedeli al club. Ci sono stati momenti in cui non era molto chiaro se ci fosse una mancanza di professionalità o se ci fosse un eccesso di settarismo e nepotismo”.

“Laporta non si è mai distinto per essere un buon amministratore”, continua il pezzo di Ramon Besa, “si distingue però per la capacità di costruire grandi squadre partendo dalla precarietà, consapevole che l’unico modo per vincere è spendere soldi che non ha. Laporta non smette di improvvisare, affronta ogni trattativa come una partita, il terreno in cui si sente a suo agio e coraggioso, a suo agio con l’incertezza da cui fugge il denaro. La sua priorità è avere una squadra migliore ogni stagione per conquistare titoli e sollevare il club dalla rovina”.

“Il Barça in definitiva vive e si nutre dell’ottimismo di Laporta. Al presidente non è permesso dubitare e ancor meno essere pessimista in un club depresso. Rischia, odia le persone in lutto”.

El Paìs chiude così: “Di fronte alla mancanza di prove e di fronte alla dialettica vittimistica, la società civile resta a guardare e i partner tacciono perché la crisi non è costata loro un solo euro. Non c’è bisogno di controlli né nessuno è obbligato per statuto a dimettersi. Laporta era presidente nel 2003 per un errore del sistema e oggi il sistema è diventato lui”.

ilnapolista © riproduzione riservata