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Il compromesso storico tra Garcia e i calciatori del Napoli

Il tecnico ha fatto un passo verso la squadra e lontano dalle sue idee. il Napoli è tornato a funzionare dal punto di vista tattico, come collettivo.

Il compromesso storico tra Garcia e i calciatori del Napoli

Il miglior Napoli possibile

La famosa massima di Zdenek Zeman, quella per cui «il risultato è casuale ma la prestazione no», si è spesso rivelata fallace. Napoli-Udinese 4-1, per esempio, è una di quelle occasioni in cui il risultato rispecchia fedelmente l’andamento della gara. Anzi, si può dire di più: la vittoria per 4-1 è dipesa, è discesa direttamente dalla prestazione degli azzurri. Dal rendimento individuale e collettivo. E quindi dalle scelte di Rudi Garcia, finalmente in grado di portare qualcosa di suo a questa squadra.

Finora, nel contesto questo spazio di approfondimento tattico sul Napolista, siamo stati piuttosto critici nei confronti di Garcia. Nelle nostre analisi abbiamo ravvisato una regressione del gioco del Napoli rispetto alla stagione scorsa, una mancanza di soluzioni creative in fase di costruzione che potessero sprigionare la qualità offensiva degli azzurri. Insomma, abbiamo detto e scritto che il calcio predicato da Garcia – e quindi prodotto dagli azzurri – fosse troppo basico, troppo elementare, quindi troppo randomico. Troppo legato alla tenuta fisica dei giocatori, alle loro prestazioni.

Napoli-Udinese 4-1 è stata una partita ben giocata perché, nel Napoli, sono cambiati gli scenari. Non di tantissimo, ma quel tanto che basta(va) per dare una scossa. Per conoscere il miglior Napoli possibile in questo momento. Si è vista una squadra – innanzitutto – più tonica fisicamente e quindi più aggressiva, più furente nel recupero della palla, nella velocizzazione della manovra offensiva. Tutto questo ha determinato anche che gli spazi in campo fossero un po’ più aperti, e quindi una maggiore tendenza alla fluidità posizionale. È quello che serviva al Napoli per recuperare un po’ di funzionalità e di imprevedibilità offensiva. E per ritrovare il Kvara, autore di una prestazione scintillante come quelle di un anno fa, quando impattò sul calcio italiano come un meteorite.

Lo scontro con l’Udinese

Andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Il fatto che Garcia non abbia cambiato formazione iniziale, se non inserendo Politano al posto di Raspadori nello slot di esterno offensivo a destra, dimostra che è stato fatto un lavoro puramente di scenario. È come se la buonissima condizione fisica degli azzurri – che era sembrata in crescita anche a Bologna, e che è migliorata ancora – avesse in qualche modo aiutato i giocatori e poi anche il tecnico del Napoli a trovare la chiave migliore per giocare. Il compromesso giusto tra le idee di Garcia e ciò di cui la squadra azzurra ha bisogno.

In questo senso, il fatto che lo scontro fosse contro l’Udinese ha aiutato molto. La squadra di Sottil ha provato a mettere fin da subito la partita sui suoi binari preferiti, quelli dello scontro fisico a tutto campo. In fondo il tecnico dei bianconeri non può fare altrimenti, le caratteristiche della sua rosa sono quelle: il 3-5-2 in realtà non esiste se non sulla carta, la struttura tattica dell’Udinese si deforma continuamente, per esempio i quinti salivano altissimi a prendere gli esterni del Napoli, i centrali accorciavano sugli attaccanti, creando ampi spazi in cui muovere la palla.

Il Napoli ha accettato questo tipo di sfida, forte anche – come detto – di una tenuta fisica in crescita. E così la gara nei primi minuti ha avuto le sembianze di una partita di Premier League: cambi di gioco su uomini liberissimi, corse in campo aperto, capovolgimenti di fronte. Il contesto perfetto per il Napoli – e per il calcio – che ha in mente Garcia.

Garcia

Garcia

Nel frame in alto, si vedono otto giocatori dell’Udinese nella metà campo del Napoli; Zielinski sceglie il lancio lungo per Osimhen, ma avrebbe potuto lanciare su Politano. Stessa cosa nell’immagine sopra: l’Udinese porta cinque uomini in pressione fin dentro la trequarti del Napoli, che muovendo la palla libera lo spazio davanti a Lobotka; Ostigard servirà Di Lorenzo, ma l’atteggiamento in pressione della squadra bianconera e il palleggio degli azzurri determinano la creazione di questi corridoi.

Anche i numeri confermano queste sensazioni: Mário Rui e Natan, per dire, hanno tentato 10 passaggi lunghi a testa, sintomo che una delle idee preferite di Garcia – quella di risalire il campo velocemente, senza rendere troppo arzigogolato il possesso palla – ha continuato a essere attuata; rispetto alla gara di Bologna, gli eventi difensivi di Kvara (un solo passaggio intercettato, quello che ha determinato la sua rete) e anche di Politano (2) sono diminuiti molto, un segnale eloquente del fatto che la squadra è riuscita a mantenere alti i suoi esterni, a non farli schiacciare troppo in fase di ripiegamento. Questo non vuol dire che non abbiano aiutato la loro squadra in fase di non possesso. Vuol dire che l’hanno fatto nel modo giusto. Non sono stati spremuti troppo e hanno mantenuto la lucidità giusta in fase di rifinitura e di conclusione.

Le parole di Kvaratskhelia

In una delle interviste rilasciate nel postpartita, Khvicha Kvaratskhelia ha raccontato come la squadra abbia abbiamo parlato con Garcia, «ci siamo detti che dobbiamo giocare facendo girare la palla». È una dichiarazione importante, perché in qualche modo intercetta e racconta il punto in cui è stato trovato quello che si potrebbe definire un compromesso storico, e gli appassionati di politica ci perdoneranno questa licenza. Il Napoli, già nel primo tempo, ha infatti macinato diverse azioni d’accerchiamento, in stile-pallanuoto. Tutti gli elementi intorno all’area di rigore, palla nei piedi e ricerca continua del dialogo stretto prima della verticalizzazione. È così che è nata una grande occasione: quella capitata sul piede di Piotr Zielinski pochi minuti prima del rigore conquistato da Kvaratskhelia:

Una bellissima azione

Come detto in precedenza, l’atteggiamento dell’Udinese ad accorciare sempre il campo, a esasperare i duelli fisici, hanno aiutato il Napoli a tessere azioni del genere. Guardando e riguardando questo video, però, si vedono chiaramente degli scivolamenti, dei tagli, degli inserimenti. Anguissa e Lobotka, per esempio impostano schierandosi come componenti del doble pivote mentre Zielinski si muove come se fosse un trequartista, a cuneo tra 4-3-3 e 4-2-3-1; le sovrapposizioni di Di Lorenzo e Mário Rui sono esterne, meno sofisticate e rischiose di quelle interne predicata un anno fa da Spalletti, ma permettono comunque a Politano e Kvara di venire più dentro al campo. Ed è proprio da un movimento-contromovimento di questo tipo – assecondato da un bel tocco di Mário Rui – che il Napoli accelera.

La palla torna ad Anguissa per l’imbucata tra le linee, laddove zampetta Zielinski; Politano e Di Lorenzo, con un’altra sovrapposizione coordinata, muovono i centrali dell’Udinese; Kvara nel frattempo è venuto da questa parte, ha tirato fuori un altro difensore e ha aperto uno spazio enorme in cui Zielinski si inserisce perfettamente. Palla morbida, stop delicato e fortunato con dribbling incorporato, tiro di pura rabbia che finisce fuori.

Il risultato è casuale ma la prestazione no, si diceva. In questo caso è vero. L’assioma diventa meno vero quando Osimhen segna al termine di un’azione del tutto similare, in cui si vedono gli stessi concetti, persino gli stessi movimenti: Politano imbuca l’assist decisivo in posizione da esterno sinistro che è venuto a giocare dentro il campo. Nel frattempo, Kvara ha preso il suo posto dall’altra parte:

Un’altra bellissima azione

Piotr Zielinski

In una partita del genere, giocata in questo modo, Piotr Zielinski doveva e poteva essere fondamentale. Lo è stato, eccome se lo è stato. E il rigore che ha sbloccato la partita, paradossalmente o forse no, è la cosa meno importante della sua serata. In questo caso non sono neanche i numeri a fare la differenza, quelli di Kvaratskhelia sono decisamente più significativi e ne parleremo tra poco,  quanto la geografia e la qualità delle sue giocate. Tutto, infatti comincia dalla posizione tenuta in campo:

Tutti i palloni giocati da Zielinski

Come si vede chiaramente da questo campetto, Zielinski ha avuto ampia libertà associativa. E l’ha sfruttata per muoversi soprattutto verso sinistra, in modo da supportare Kvaratskhelia in modo più continuo rispetto alle gare precedenti. Anche la presenza costante di Mário Rui – 91 palloni giocati, seconda quota più alta tra tutti i giocatori in campo dopo Di Lorenzo, primo con 95 – ha permesso al Napoli di fare dei bei giochi a due o a tre uomini in quelle zone di campo. Alla fine, non a caso viene da dire, le rilevazioni di Whoscored hanno evidenziato come la squadra di Garcia abbia costruito il 40% delle sue azioni nella fascia di centro-sinistra.

Poi, come detto, Zielinski ha offerto qualità: nei dribbling (2 riusciti), nei passaggi chiave (3), ma soprattutto negli smarcamenti che hanno permesso a Lobotka e Anguissa di avere sempre uno scarico in verticale. Lo abbiamo visto nei video precedenti, lo conferma anche il grafico delle posizioni medie in campo – che trovate sotto. Da questa immagine si evidenza chiaramente come Garcia abbia cercato – sempre in nome del famoso compromesso storico di cui sopra – di trovare un sistema che gli permettesse, contemporaneamente, di gestire bene il pallone e costruire la manovra in verticale. Il tutto, senza rinunciare all’ampiezza garantita dagli esterni.

Garcia

Anche il 3-1-5-1 dell’Udinese è piuttosto interessante

Il ritorno di Khvicha Kvaratskhelia

E veniamo al punto più eccitante della nostra analisi – anche perché va bene la tattica, ma sono i grandi calciatori a determinare le partite, molto più degli allenatori. Tutto ciò di cui abbiamo parlato finora, i numeri e le evidenze tattiche che abbiamo esaminato, hanno avuto un peso nel liberare Kvara dai suoi fantasmi. In qualche modo lo avevamo auspicato nell’analisi tattica di Bologna-Napoli, qualche giorno fa, e anche in quella della partita di Champions giocata a Braga: «Kvara ha dimostrato di poter dare ancora tanto, se – e solo se – viene azionato in un certo modo, se gli si dà la possibilità di sfruttare le sue caratteristiche. […] Kvara è come calciatori azzurri, anche quelli più forti: non riesce a essere decisivo in modo autosufficiente. Ha bisogno di essere “attivato” attraverso meccanismi tattici complessi».

Vi avevamo promesso i numeri della gara di Kvara. Ed eccoli qui: 6 tiri tentati verso la porta avversaria, di cui 2 finiti nello specchio e 2 sul palo; 2 passaggi chiave, di cui un assist decisivo; 7 dribbling tentati, un’enormità, di cui ben 4 riusciti; 4 falli subiti, tra cui il rigore conquistato; 12 palloni toccati nell’area dell’Udinese, più del doppio di Osimhen, almeno il triplo rispetto a qualsiasi calciatore dell’Udinese. E poi, ma questo dato non è facile da rintracciare, tantissime conduzioni che hanno messo in allarme la difesa avversaria. Più un buonissimo contributo al pressing. Il tutto con 54 palloni toccati. Non tantissimi, a pensarci bene. Ma abbastanza per risultare decisivo. Per altro, come visto prima nei video, c’è stato anche un sensibile e percettibile allontanamento dalla linea laterale, una tendenza più accentuata ad accentrarsi, a venire dentro il campo. La potete rilevare anche voi:

Tutti i palloni giocati da Kvara

Insomma, i 2 tiri finiti sul palo, il gol – con scavetto delizioso per superare Silvestri – e l’assist perfetto per Simeone, da parte di Kvararskhelia, non sono un caso: sono il frutto di una prestazione di primo livello alimentata anche dal modo in cui il Napoli ha approcciato e gestito la partita dal punto di vista tattico. In fondo, il lavoro degli allenatori serve proprio a questo: per vincere le partite, infatti, serve creare le condizioni affinché i calciatori di miglior talento possano esprimere le proprie qualità. E serve lavorare perché quelle condizioni si manifestino a ogni partita.

Nel caso di Kvara, un buon incastro tra il lavoro di Garcia, la crescita della condizione fisica e l’atteggiamento difensivo dell’Udinese hanno portato a una rinascita che prima era solo abbozzata, e che ora può dirsi definitiva. Perché in realtà l’esterno georgiano era apparso in discreta forma anche a Bologna, dopo l’avvio di stagione condizionato da un infortunio. Gli mancava solo il gol, come si diceva una volta. Oppure, più semplicemente, la sua crisi – evidente nei numeri e un po’ meno nelle prestazioni – era meno grave e siprattutto cronica di quanto potesse sembrare.

Conclusioni (e un intermezzo che non c’entra niente)

Cos’altro aggiungere? Beh, si potrebbe dire che Anguissa è tornato a essere un calciatore fisicamente efficiente e quindi un centrocampista dominante. Oppure si potrebbe parlare di Osimhen: il piano partita del Napoli e lo stile difensivo dell’Udinese non l’hanno aiutato molto a far detonare le sue qualità, non è sempre possibile riuscirci con tutti i calciatori, ma la sua prestazione è stata tosta e giusta, soprattutto se facciamo la tara con tutto quanto è successo negli ultimi giorni. E poi il gol, per un centravanti, è una specie di balsamo che lenisce ogni ferita e quindi chiude ogni cerchio tattico.

Infine si potrebbe parlare di un Natan ordinato e pulito alla pari di Ostigard, di un Lobotka non ancora accecante come un anno fa ma sicuramente più coinvolto e più creativo in fase di costruzione, oltreché sempre preciso e puntuale in fase difensiva. Oppure si potrebbe parlare del buon impatto di chi è entrato dalla panchina, Simeone su tutti ma anche Lindstrom.

Questo è l’intermezzo che non c’entra: il gol di Samardzic è stato ininfluente e tatticamente irrilevante, visto che si tratta di una pura magia individuale, ma è una gioia per gli occhi

Tutto quello che si potrebbe dire, però, converge in una sola considerazione: quella per cui il Napoli è tornato a funzionare dal punto di vista tattico, come collettivo, e allora pure i singoli giocatori sono tornati a buoni – se non ottimi – livelli. Il merito di questo prima scalata di marcia, esattamente come i demeriti per l’inizio a rilento, va attribuito a Rudi Garcia. Al lavoro eseguito dopo le prestazioni inquietanti di Genova e Braga. Alle implementazioni del sistema offensivo fatte dopo la buona prova (solo difensiva, però) di Bologna. A quello che si è visto, cioè, contro l’Udinese.

Il tecnico francese, come fatto in modo ricorrente nel corso della sua carriera, si sta adattando – e quindi anche un po’ cambiando se stesso – al materiale che ha a disposizione. Ha accettato un compromesso. Ha fatto un passo verso la squadra e lontano dalle sue idee. È proprio così che ha dimostrato di possedere gli strumenti per poter guidare il gruppo che gli è stato affidato. Anche tatticamente, come richiedevano i suoi giocatori. È la notizia più importante che il Napoli potesse ricevere dalla partita contro l’Udinese, a patto che l’allenatore francese continui su questa strada. In fondo conviene anche a lui: può togliersi delle belle soddisfazioni.

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