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Dan Peterson: «Mai guidato, a Milano hanno il clacson facile con chi non guida bene e veloce»

Al Corsera: «Le mie battute in tv le ho rubate dai media americani e le ho adottate. Ho avuto libertà di interpretazione per tè Lipton»

Dan Peterson: «Mai guidato, a Milano hanno il clacson facile con chi non guida bene e veloce»
Db Milano 08/10/2017 - serie A / EA7 Armani Milano-Openjobmetis Varese / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dan Peterson

Dan Peterson, 87 anni, intervistato dal Corriere della Sera, a firma Daniele Dallera.

Dan Peterson dall’Illinois, Stati Uniti. Sbagliamo se la inseriamo nei nostri ritratti di «Italiani»? Facciamo un sopruso?

«No, affatto, mi sento italiano: 3 settembre 2023, sono 50 anni che vivo in Italia, arrivai a Bologna nel ’73 dal Cile, dove allenavo la Nazionale e stava scoppiando il colpo di Stato, per allenare la Virtus. Parlo e scrivo in italiano, credo di aver detto più parole in italiano che in inglese, anche se il mio accento è rimasto quello del ’73».

Perché non ha mai guidato?

«Meglio così, ho evitato un pericolo ai milanesi. Poi a Milano sono impazienti, hanno il clacson facile con chi non guida bene e veloce».

Dino Meneghin.

«Il più grande giocatore italiano che io abbia allenato: un vincente. Poi se c’è lui, c’è la squadra, la fa Dino con il suo esempio, un leader che tratta tutti allo stesso modo, dalla star al più giovane. Io l’ho definito “la locomotiva”. Fedele a questo soprannome, al mio compleanno me ne ha regalata una, un modello di locomotiva bellissimo».

«In pubblicità mi hanno lasciato libertà, ho avuto spazio per essere me stesso, in tv certe battute le ho adattate e “rubate” dal mondo televisivo americano».

Come quando diceva «mamma butta la pasta…»?

«Sì, ho sentito una cosa simile da un telecronista americano, ma lui a partita quasi finita, ormai scontata, parlava di caffè. Essendo in Italia io ho preferito adattare quel finale alla pasta, piatto che mi sembrava più adeguato».

E con il tè Lipton è diventato addirittura una icona.

«Lavoro di squadra tra autori che mi hanno permesso libertà di interpretazione: così nasce quel “tè Lipton per me numero 1…».

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