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Le parole di Mourinho sanno di commiato alla Roma, la coppa sarà il suo regalo d’addio (Messaggero)

“Nasconde a fatica una vena di malinconia. A meno di ripensamenti, è pronto al saluto. Lui, a Roma, ha già vinto, ha dimostrato di non essere finito”

Le parole di Mourinho sanno di commiato alla Roma, la coppa sarà il suo regalo d’addio (Messaggero)
Mg Tirana (Albania) 25/05/2022 - finale Conference League / Roma-Feyenoord / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jose’ Mourinho

Mourinho prepara il suo regalo di addio alla Roma: la vittoria dell’Europa League. Non resta che confezionarlo. Lo scrive Il Messaggero, convinto che le parole del tecnico della Roma, ieri, al media day organizzato dalla Uefa, suonino come un malinconico saluto ai tifosi giallorossi.

Mourinho ieri ha detto:

«C’è soltanto la finale. Non mi interessa il mio futuro, non m’importa se la Roma andrà in Champions, se poi ci sarà la Supercoppa europea. Mi interessa pochino anche Firenze. La situazione ideale sarebbe non giocare, preparare già da oggi la finale. Quello che conta infatti è la coppa».

Non gli piace l’atmosfera che sta montando, scrive il quotidiano romano, quella dell’all or nothing. Non si addice a Trigoria. Dove Mourinho ha già vinto.

“José ha già vinto. Ha dimostrato a tutti di non essere finito, sorpassato, dopo i due esoneri consecutivi a Manchester e a Londra che ne avevano scalfito l’aurea di invincibile. Il rilancio è stato in grande stile: due anni a Roma, altrettanti finali europee, delle quali una già con la coppa in bacheca. Il resto sono chiacchiere. Delle quali si nutre, tra il divertito e l’annoiato, un po’ come Tantalo, eroe della mitologia greca condannato dagli Dei ad avere per sempre una fame e una sete impossibili da placare. Mou ci riesce soltanto vincendo. Ventisei tituli, il 27° è dietro l’angolo, da conquistare”.

Il Messaggero si sofferma sul silenzio dei dirigenti della Roma, che anche ieri non si sono presentati al media-day Uefa (“non si è affacciato nemmeno un dirigente”). Del resto, Mourinho fa quadrato con la squadra:

“Non menziona la società, il club, la proprietà, la dirigenza. Lui, la squadra e la tifoseria. Conta il presente, il futuro può attendere”.

Ma le sue parole sembrano un commiato.

“Anche se rispondendo in sala stampa, dopo aver zigzagato tra le tv, non passa inosservato un passaggio che sa tanto di commiato”.

Ed è questo:

«Non è una questione di vincere o non vincere, la gente non è stupida, capisce che do sempre tutto, che ogni giorno lavoro e lotto per loro. Nel mio caso sono romanista, madridista, interista perché è una cosa reciproca. Anche con la Roma, quando arriverà quel giorno, non sarà facile, ma nessun problema, resteremo legati per sempre. Lo sarò qui, così come lo sono stato con tutti gli altri club che ho allenato».

Il Messaggero scrive:

“Avendolo ormai imparato a conoscere, nasconde a fatica una vena di malinconia. A meno di ripensamenti in extremis, che somiglierebbero molto ad «una passeggiata di Gesù in Vaticano» (cit.), il regalo d’addio è pronto. Ora va soltanto confezionato al meglio”.

 

 

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