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Eto’o: «Onana è più forte di Maignan, è il miglior portiere del mondo»

Alla Milano Football Week: «André non era convinto di venire all’Inter, gli ho consigliato di dire sì. Ora sta per giocare una finale di Champions».

Eto’o: «Onana è più forte di Maignan, è il miglior portiere del mondo»
Db Milano 23/09/2019 - The Best FIFA Football Awards / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Samuel Eto'o
Samuel Eto’o ha rilasciato alcune dichiarazioni ospite della Milano Football Week organizzato dalla Gazzetta dello Sport. Eto’o ha parlato del derby di Champions League tra Inter e Milan.

«E’ stata una partita molto positiva per noi dell’Inter. Un 2-0 nella semifinale di andata, immaginate quanto possiamo essere soddisfatti. L’Inter è entrata in gara con la mentalità giusta, il Milan ci ha messo di più, anche se ha giocato un secondo tempo migliore. Quello che mi auguro è che martedì l’Inter giochi con la stessa intensità vista nel primo tempo della gara di andata».

Eto’o ha parlato di cosa rappresenta per lui l’ex presidente dell’Inter, Moratti.

«Non è un presidente, è molto di più: è stato un papà per tutti noi, ci ha dato la possibilità di giocare in una delle squadre migliori del mondo. Che anno incredibile, che squadra che avevamo: impressionante».

Tra i compagni a cui invece è rimasto più legato, c’è Materazzi.

«Sono molto orgoglioso di aver giocato con lui: non tutti lo conoscono, ma è il compagno che tutti vorrebbero. Per me lo spogliatoio di quella squadra valeva molto di più tutto quello che abbiamo vinto».

Eto’o parla anche di Mourinho, uno dei tre allenatori a cui è più legato insieme a Capello e Aragones.

«Sì, da loro ho imparato cose di vita, non di calcio. Capello l’ho avuto al Real a quindici anni mi ha insegnato a tirare, a giocare col corpo, a difendere la palla. Aragones mi ha insegnato a essere un uomo, una persona disciplinata, se volevo diventare un campione. E il terzo è stato Mourinho. Tutti i giocatori vogliono ricoprire il loro ruolo preferito, pensano a sé stessi e alla propria posizione preferita: con José no. Eravamo tutti bambini di 8-9 anni, totalmente a disposizione della squadra».

Ci sono rimpianti nel non aver chiuso la carriera al Maiorca? Eto’o:

«Di rimpianti punto a non averne: quando ne hai vuol dire che guardi e pensi al passato. Mi sarebbe piaciuto giocare, anche solo un secondo, con la maglietta del Maiorca: mi ha dato una grande possibilità, con Alemany come presidente mi ha aperto le porte dell’Europa, di fare quello che mi piace di più nella vita, giocare a calcio».

Su Lukaku, incontrato all’Everton:

«In realtà lo vedevo già come lo vedo adesso e vi dico che secondo me non ha espresso tutto il suo potenziale. È fisico, è intelligente, fa una caterva di gol. Io ho accettato di andare in panchina soltanto quando il mister metteva dentro Lukaku: per lui avrei accettato tutto. Può essere uno dei migliori attaccanti al mondo insieme a Dzeko, Benzema, Haaland, Giroud. Alcuni un po’ datati, ma penso siano fortissimi».

Eto’o parla anche di Onana, che sembra destinato a tornare nella Nazionale, con il Camerun.

«Mi chiedono sempre di questo e mi mettono in una posizione scomoda. Voi conoscete Onana di oggi o dell’anno scorso, però nel 2017 Onana era già tra i cinque migliori portieri del mondo. André giocava nell’Ajax, ma finiva spesso in panchina: chi oggi mi accusa di avere problemi con lui è la stessa che all’epoca diceva che non si meritava di giocare. Per me è il miglior portiere al mondo, però sono il presidente di una federazione, di milioni di giocatori camerunesi. Non sono il tipo di dirigente che impone qualcosa al suo allenatore, non ho mai visto Moratti dire a Mourinho chi far giocare e chi no. Per me, è soltanto una questione fra il giocatore e il suo allenatore. Quando quest’ultimo mi dirà di essere contento di Onana, non avrà nessun problema. Io devo essere una soluzione per il tecnico, non il contrario».

Onana, per lui, è più forte di Maignan.

«Per me Onana è più forte di Maignan. André non era molto convinto di venire all’Inter, gli ho consigliato di dire sì, che era un passo avanti, e oggi sono contento di averlo fatto: sta per giocare una finale di Champions League, non è una cosa che succede a tutti i giocatori. Sono felice per lui e per tutta l’Inter».

Chiunque andrà in finale tra Milan e Inter sarà sfavorita. Eto’o:

«Spero che ci sia l’Inter e ricordo che è una gara a sé stante. Non si gioca una partita per non vincere. Penso a quella col Barcellona: gli unici che ci credevamo eravamo Mourinho e io. E penso che giocare col Real o col City possa essere una motivazione ulteriore, in finale può succedere di tutto».

È vero che prima di andare all’Inter Eto’o stava per andare al Manchester City?

«Sì, ero quasi a Manchester, ho deciso in aereo. Materazzi mi scrisse di giovedì, io ero in Camerun e giocavo contro il Togo. Il venerdì parlai con papà Moratti e con Mourinho: avevo dato la mia parola al City, ma durante il volo per Manchester dissi al mio agente che sentivo la sensazione che la mia carriera sarebbe dovuta passare dall’Italia. Però tutti mi dicevano che l’Italia era un Paese razzista… Io mi vedevo qui ed è stato incredibile. Quando mi dicono che c’è del razzismo, mi viene da rispondere che è perché altrove non c’è possibilità di vivere e lavorare, qui sì. La società italiana è così, basta vedere quanto sono colorati i matrimoni. E posso dire che ho fatto bene».

Eto’o è stato spesso vittima di razzismo. La sua lotta al razzismo iniziò nel 2006, quando a Saragozza fece il gesto della scimmia.

«Lì ho colto un aspetto molto importante. Sembrava che dovessi sentirmi in colpa per essere di colore, dicevano che aver comprato un n***o per giocare a calcio era una follia. Mi chiesi che senso avesse che un pubblico avesse pagato dei biglietti per vedere giocare un calciatore di colore e poi lo insultasse. L’arbitro mi aiutò molto, mi disse che se fossi uscito dal campo avrebbe fermato la partita. Un giocatore di colore del Saragozza mi disse che stavo esagerando. Rijkaard mi fermò, con lui ci chiamavamo n***o in maniera affettuosa, perché è una cosa di cui sono orgoglioso di essere: ‘Chi è il nostro miglior giocatore? Torna in campo e fagli vedere cosa può fare un giocatore di colore’. Dieci minuti dopo ho segnato e ho fatto il gesto della scimmia, da lì in poi sono cambiato come persona e la mia lotta è diventata più decisiva. Non tutti possono capire cosa significhino alcune mie posizioni, ma non tutti possono capire cosa ho vissuto e cosa viviamo noi».

La situazione nel calcio è migliorata da allora?

«Sì, e anche molto. Ma si vedono ancora brutti episodi purtroppo».

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