Il punto centrale è: che cosa ha in mente De Laurentiis? Ragiona come un padroncino del Nord-Est o da visionario?

Magari bastassero Manna e Conte per juventinizzare il Napoli, serve ben altro
Max Gallo fissa l’attenzione su un fenomeno: i tifosi del Napoli, quasi unanimi, inneggiano alla venuta di Antonio Conte alla guida della squadra. Dopo aver acquisito senza battere ciglio che il nuovo direttore sportivo sarà Giovanni Manna. Entrambi i soggetti provengono dalla Juventus. Il primo onusto di gloria per le vittorie conseguite con la compagine torinese (ma non solo). Il secondo un giovane virgulto della feconda scuola dirigenziale juventina. Quindi se ne ricava, osserva Gallo, che i napoletani non considerano più il mondo juventino come un inferno abitato da diavoli. Bensì si dispongono all’idea di emularlo ingaggiando professionisti cresciuti in quell’ambiente.
Purtroppo, osserviamo noi, che non abbiamo mai avuto alcun preconcetto se non quello delle capacità personali, magari bastasse prendere un direttore sportivo e un allenatore per juventinizzare la società. Cioè per farle acquisire tutte le caratteristiche di un grande club di livello internazionale. Ma l’ingaggio di Conte e di Manna può essere al più considerato un indizio. Le strutture societarie e logistiche, l’investimento sul soft power mediatico, la rete di rapporti con procuratori agenti e presidenti di altre squadre, l’influenza in Lega, Federazione e Aia non si mettono su in un giorno. E sono invece i fattori che determinano il collocamento tra i grandi club a livello nazionale prima ed europeo poi. Gli elementi che abbiamo enunciato sono quelli che permettono di passare dalla logica del miracolo occasionale a quella della vittoria programmata e sistematica.
Il punto centrale è: che cosa ha in mente il presidente De Laurentiis? La logica dei proprietari delle piccole fabbriche del nord-est che temono di perdere il controllo dell’azienda se crescono troppo o quella dei visionari che sono passati dal piccolo e bello alla grande azienda? Francamente questo non siamo in grado di dirlo. Abbiamo in passato acquisito uomini del Real Madrid, cosa che ci ha fatto crescere di sicuro, ma non era un progetto di riforma di sistema. Con questa annata sciagurata anzi è passato il convincimento che lo scudetto sia stato frutto, oltre che della abilità del presidente, di Giuntoli, di Spalletti e dei calciatori, di un allineamento di pianeti favorevole.
Al di là di tutte le considerazioni su “quello che sarebbe potuto accadere se…” alla fine è passato l’idea dell’evento occasionale e non programmato. E quest’annata disastrosa (aggravata dall’attenzione e dalle responsabilità che lo scudetto sulla maglia porta con sé) è accaduta perché poteva accadere, cioè perché il modello organizzativo del Napoli, che pure tante soddisfazioni ci ha regalato negli ultimi quindici anni era evidentemente fragile, basato su un equilibrio non stabile a sufficienza, travolto dall’uragano scudetto.
Se De Laurentiis ha inteso dare inizio quest’anno alla juventinizzazione del Napoli soltanto le scelte e i fatti del futuro potranno dircelo. Accogliamo però con piacere la constatazione che i tifosi del Napoli sono maturati e vogliono il meglio per la squadra. Prescindendo dal fatto che gli attori provengano da questa o quella società. Si tratta di professionisti di livello internazionale che ieri esultavano per un gol della Juve e domani esulteranno, forse ancor più, per un gol del Napoli. Perché tifano (e lavorano) per la società che li paga.