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De Laurentiis: «Lo scudetto sarebbe coronamento di 18 anni di lavoro diverso rispetto ai miei colleghi»

Osimhen elogia Kvaratskhelia e Spalletti. De Laurentiis: «Alla festa scudetto ci saranno due tre milioni di persone»

De Laurentiis: «Lo scudetto sarebbe coronamento di 18 anni di lavoro diverso rispetto ai miei colleghi»

Consegnato a Osimhen il premio della stampa estera. Con lui Aurelio De Laurentiis.

De Laurentiis: «Quanti napoletani sono nati dall’ultimo scudetto? Sono passati 33 anni. Dopo essere sprofondati nel fallimento ed essere rinati, potrebbero essere due o tre milioni di partecipanti alla festa dello scudetto. Tanta roba».

È orgoglioso di essere una delle poche proprietà italiane?

«Sarebbe il coronamento di 18 anni di lavoro diverso rispetto a molti altri colleghi. Ho creduto molto nell’Eca, mi hanno dato un compito che è quello di interessarmi del marketing. Quando lei mi parla di acquisizioni oltreoceano, o cinesi. Zhang lo vedo ogni tanto sugli spalti anche se quando è presente di solito l’Inter perde, dall’altro quando ci sono dei fondi rimango perplesso. E la morte del calcio. Perché il fondo è interessato a massimizzare ritorno di investimento dai propri investitori in cinque ani. Il calcio è programmazione, un’industria atipica, un po’ come il cinema. Mi sono trovato bene nel calcio perché avevo molta esperienza nel cinema. Dov’è il problema del calcio rispetto a un film? Che il finale non lo conosci, è anche la parte più affascinante. E come dominare un cavallo imbizzarrito. Ci sono tutte le combinazioni possibili per essere appagato da un lavoro straordinario diverso che nell’arco di una stagione si rappresenta attraverso tantissimi incontri. Giocheremo in tutto 50 partite in una stagione, forse di più, non è poca cosa, cinquanta giornate vissute in maniera totale. È un’esperienza forte. È come  fare 50 volte l’amore con la donna più bella del mondo, non è male?»

Ci sono attaccanti da cui ha imparato a parte Drogba?

Osimhen: «Sono cresciuto guardando Drogba. Ho imparato da lui cose che ho aggiunto al mio gioco. L’ho guardato molto prima che si ritirasse e sto arricchendo il mio bagaglio con le sue caratteristiche. Altri attaccanti cui mi ispiro sono stati Eto’O e Lewandowski».

Hai ambizioni di giocare in Premier, le differenze tra Italia e Germania:

«Gioco in uno dei primi cinque tornei al mondo. Per la stragrande maggioranza delle persone il top è la Premier ma io sono in fase di crescita, ora sono in uno dei migliori campionati al mondo. Sto lavorando duro per poter migliorare e magari giocare in Premier League, in Italia c’è un altro tipo di calcio».

«Quando sei un calciatore e arrivi in Italia ti innamori ancora di più del calcio, la città e i tifosi seguono molto la squadra e vorresti fare qualcosa per rendere loro felici».

«Stiamo lavorando tutti per raggiungere il nostro obiettivo stagionale.

«Razzismo? A Napoli non fanno alcuna differenza tra i bianchi e neri, a differenza di altre città in cui sono stato. Il razzismo è una cosa brutta come una malattia, ho la possibilità di parlarne il più possibile. Tutti bianchi che ho incontrato nel calcio sono persone straordinarie. Sono fiducioso per la convivenza tra bianchi e neri».

Kvaratskhelia

«Mi fanno spesso domande su Kvaratskhelia. È uno dei grandi leader della nostra squadra, subito si è inserito, è un ragazzo amato da tutti, è difficile avere problemi con lui, in campo e fuori dal campo. È un fantastico giocatore e ha una splendida carriera davanti a lui. Un giorno potrebbe vincere il Pallone d’oro».

Gli fanno la domanda sulla pizza, su dove ha mangiato la pizza migliore e De Laurentiis gli dice: “Stai attento”.

«A Napoli tutte le pizzerie sono buone», il giornalista gli fa eco: “Molto diplomatico”.

«Spalletti è stato importante per il mio sviluppo come uomo. Venne subito a parlarmi su come potevo diventare importante per la squadra mi ha aiutato molto. Gli posso dire solo grazie, tutto quello che ora sono diventato è grazie a lui. La maschera? Me lo ha consigliato il chirurgo di continuare a tenerla, anche contro la Lazio ho preso una botta. Con la maschera mi sento più sicuro».

 

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