A The Athletic: «I miei genitori mi hanno insegnato l’umiltà. Voglio vincere qualcosa con la Fiorentina perché in carriera conta solo ciò che hai vinto».
La rivelazione dell’ultimo Mondiale in Qatar, Amrabat, si lascia andare in una lunga intervista concessa a The Athletic dove ripercorre quanto successo a novembre. Il Mondiale gli ha permesso di mettersi in mostra tanto da guadagnarsi le attenzioni di Chelsea e Barcellona. L’intervista inizia ricordando il suo placcaggio contro Mbappé in semifinale contro la Francia:
«Si è visto dal modo in cui ho corso e dall’espressione del mio viso che ho messo tutto in quello sprint. Tutti sanno che giocatore fantastico è Mbappé e quanto è veloce. E se n’era andato! Eravamo sull’1-0 e sapevo che se avessero fatto 2-0 la partita sarebbe finita. Eravamo molto vicini alla finale. Quindi ho messo tutto quello che avevo in quello sprint. Quel placcaggio era l’unico modo per fermarlo. Poi ho sentito il boato dello stadio. La gente festeggiava come se fosse un gol».
Anche Emmanuel Macron, presidente della Francia, è rimasto colpito dall’intervento di Amrabat tanto da andare nello spogliatoio del Marocco per complimentarsi con lui:
«Mi ha fatto un bel complimento. È un grande complimento se qualcuno te lo dice dopo una partita del genere. L’ho apprezzato».
Amrabat parla della sua famiglia. Suo padre Mohammed è arrivato nei Paesi Bassi all’età di 15 anni per iniziare una nuova vita ed è diventato uno stuccatore.
«Mio padre non giocava a calcio. Nemmeno mio nonno. Era una famiglia di lavoratori».
Per lui e suo fratello, però, il calcio era tutto. Giocavano in strada, affrontando spesso ragazzi più grandi, senza arbitri né regole. Ma, dice, è lì che ha costruito la sua resilienza e plasmato gli istinti combattivi che lo rendono così speciale in Serie A.
L’accademia dell’Utrecht gli ha dato la sua prima opportunità. In particolare, a dare un grosso contributo alla sua crescita, è arrivato in panchina Erik ten Hag, quando Amrabat aveva 18 anni.
«È stato molto importante per me. Era il mio secondo anno in prima squadra, ha fatto un piano per me. Mi ha chiesto dei miei punti di forza e in cosa volevo migliorare. Fin dal primo giorno è stato impegnato con me. Non solo con me ma con tutti i giocatori. Molti allenatori sono impegnati in generale con la squadra, ma lui ha dedicato molto tempo al lavoro individuale perché sapeva che se il singolo fosse stato migliore, la squadra sarebbe stata migliore. Dopo ogni partita, mi portava a vedere dei video e mi spiegava tutto. Avevo 18 o 19 anni, quindi a volte pensavo: ‘Uff, di nuovo?’. Ma ora, quando guardo indietro, so che è stato importante per la mia carriera. Ho imparato molto da lui».
Amrabat ricorda la partita del Mondiale contro la Spagna. Il giorno prima aveva subito un infortunio alla schiena in allenamento. Il giocatore della Fiorentina ammette che non era nelle condizioni migliori per giocare ed ha accettato il rischio di poter aggravare l’infortunio:
«Ho avuto un infortunio alla schiena. È venuto fuori dal nulla, il giorno prima della partita. Non riuscivo a muovermi, la schiena era bloccata. Ho lavorato con il fisioterapista fino alle tre del mattino per cercare di migliorare. Abbiamo provato di tutto e non ho dormito, ero molto stressato. Tutto quello che pensavo era: ‘Posso giocare?’. La mattina della partita ero ancora dolorante. Ho parlato con l’allenatore e mi ha detto: ‘Devi giocare, abbiamo bisogno di te, è la Coppa del Mondo, il tuo paese ha bisogno di te’. Avevo paura di deludere la gente con la mia performance».
Continua sulla partita contro la Spagna:
«Mi hanno fatto un’iniezione poi quando ho sentito il fischio d’inizio ho dimenticato l’infortunio. Ho giocato come un matto. Ho corso 15 chilometri, più di tutti. Non dimenticherò mai quella partita. I miei genitori erano in mezzo alla folla. Mia madre mi ha detto che anche mio padre non aveva dormito, perché aveva pregato affinché potessi giocare. Solo dopo è venuta fuori tutta la mia emozione. Di solito non sono un ragazzo emotivo, ma quando arriva, arriva».
Parla della stagione alla Fiorentina:
«Ho 26 anni e la gente dice che questi sono gli anni migliori della carriera di un calciatore. Mi sento bene, ora ho molta esperienza, ho giocato tante grandi partite. Siamo in semifinale di Coppa Italia. Siamo ancora in Europa Conference League. Abbiamo tifosi fantastici e voglio davvero vincere qualcosa con questa squadra perché, alla fine della carriera, questo è ciò che conta: quello che hai vinto».
Amrabat dice che il successo non lo ha cambiato seppure adesso ha le attenzioni di mezza Europa addosso:
«Quello che abbiamo fatto in Qatar è storia. E’ stato un torneo fantastico e pazzesco. Lo spirito che avevamo in quel torneo, nessun’altra squadra lo aveva. Era la Coppa del Mondo, e tutti guardano la Coppa del Mondo. Quindi, sì, ha cambiato la mia vita in termini di attenzione che ricevo ora. Ma non ha cambiato chi sono come persona. I miei genitori mi hanno insegnato a rimanere umile».
Il fatto che la percezione della gente su di lui è cambiata lo nota anche da quanti turisti lo riconoscono quando gira per Firenze, dice. E ammette di essere felice di posare nelle foto dei tifosi.
«Non posso dire di no a nessuno. Per una semplice immagine, per due minuti del tuo tempo, puoi rendere qualcuno molto felice. Ti danno molto amore, quindi devi restituirlo».