ilNapolista

«Ai tempi di Pelé, i difensori picchiavano per far male. Messi e Ronaldo che ne sanno» (El Mundo)

“C’erano poche telecamere, la violenza negli anni 60-70 e 80 era una metastasi. Ogni squadra aveva almeno un killer. Gli attaccanti giocavano saltando”

«Ai tempi di Pelé, i difensori picchiavano per far male. Messi e Ronaldo che ne sanno» (El Mundo)

Drobomir Zhechev ai Mondiali del 1966 aveva ricevuto una chiara istruzione: fermare Pelé, con le buone o con le cattive. Il brasiliano era arrivato più o meno incolume al suo terzo Mondiale dopo aver conosciuto “la violenza che aveva preso il sopravvento su campi come la Bombonera del Boca, dove tre anni prima, in una semifinale di Copa Libertadores, aveva dovuto lasciare il campo con i pantaloncini sbrindellati. Fu allora che sua madre iniziò a inginocchiarsi, prima di ogni partita, per chiedere a Dio che gli facessero troppo male. Era la foto della madre di un torero, non di un calciatore”. Quando ancora giochiamo ai paragoni tra campioni di epoche diverse, scrive El Mundo, forse è il caso di ricordare in che contesto giocava Pelé.

La violenza è stata la metastasi che ha preso il sopravvento sul calcio negli anni ’60, ’70 e all’inizio degli anni ’80, fino a quando l’aumento delle telecamere lo ha reso insostenibile – scrive il quotidiano spagnolo – Pelé l’ha subita, come altre stelle del suo tempo, contro la protezione di cui hanno goduto, fortunatamente, Messi o Cristiano“. La violenza é “una variabile spesso dimenticata in questa assurda necessità di dire chi è stato il migliore della storia. È come paragonare il primo volo di Lindbergh sull’Atlantico al volo del Concorde”.

“Il volo di Pelé, nel 1966, fu abbattuto come quello delle pernici”, scrive ancora El Mundo. “Era Caccia pura”. Il giornale spagnolo ricorda i vari killer assoldati per eliminare fisicamente Pelé: Zhechev prima, il portoghese Joao Morais poi. Pelé tra l’altro era uno abituato a rispondere, mica subiva e basta. Contro il portoghese “ebbe la forza di saltare e fare un «Tassotti» (il giornale spagnolo la chiama proprio così, la gomitata in faccia: un «Tassotti») all’uomo che lo aveva ferito, anche se il portoghese non fece la fine di Luis Enrique nel ’94”. Era comunque violenza per violenza. “Quell’episodio lo indusse ad abbandonare la Nazionale, decisione che avrebbe riconsiderato, due anni dopo, per chiudere il suo lavoro di Coppa del Mondo con il terzo titolo in Messico, nel 1970”.

Anche quell’Inghilterra aveva un killer: Nobby Stiles. “È il nostro cane da guerra”, diceva Charlton. “Sdentato, noto per il suo aspetto spaventoso e per il suo gioco cattivo come Nosferatu“. “Dopo aver vinto il titolo contro la Germania, Stiles fu all’altezza del soprannome, festeggiando in area mentre teneva la coppa del mondo in una mano e la sua dentiera nell’altra”. E noi adesso ci sorprendiamo del Dibu Martinez.

E poi c’era Norman Hunter, noto come “Norman morde le gambe”. E c’era la “Grazy Gang” del Wimbledon, campione di FA Cup con il violento Vinnie Jones. “Due anni dopo il Mondiale – ricorda El Mundo – una squadra argentina con questi codici di violenza vinse la Coppa Intercontinentale contro il Manchester United all’Old Trafford, dopo una rissa in cui furono espulsi Hugo Medina e George Best. L’Estudiantes de la Plata aveva rotto, nel 1967, l’egemonia dei grandi del calcio argentino con una difesa temuta da tutti formata da Carlos Bilardo e Ramón Aguirre Suárez. Le strategie per destabilizzare il rivale andavano oltre la durezza. Indossavano spille nascoste nelle calze e provocavano la reazione degli avversari offendendo le loro donne”.

Pelé doveva sopravvivere in quel calcio. E come lui gli altri campioni. Quando Johan Cruyff arrivò al Barcellona, il giorno prima del suo esordio contro il Granada al Camp Nou (ottobre del 1973), il paraguaiano Pedro Fernández – uno che in campo gridava ai compagni “fateli passare tanto ci penso io!” – ricevette la visita in albergo di Rodri, ex segretario tecnico del Barça. “Non fargli male, ci è costato un sacco di soldi”, gli chiese.

“Era un calcio in cui dovevi saltare continuamente. Per fortuna i calciatori attuali sono più protetti”, ricorda Amancio. Vicente del Bosque afferma: “C’era violenza nascosta e impunita poiché non c’erano tante telecamere e monitor come adesso”.

ilnapolista © riproduzione riservata