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Le 200 righe con cui l’Europa ha stroncato la Superlega, manca solo il dito medio ad Agnelli

Un provvedimento “violento” che sembra scritto da Ceferin. Sì, la posizione di Uefa e Fifa è dominante, ma è un’attività economica dai risvolti sociali

Le 200 righe con cui l’Europa ha stroncato la Superlega, manca solo il dito medio ad Agnelli
Mg Londra (Inghilterra) 11/07/2021 - Euro 2020 / Italia-Inghilterra / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Gianni Infantino-Aleksander Ceferin

Note stampa a parte, vale la pena di leggersi le circa 200 righe di “parere argomentato” che l’Avvocato generale della Corte di giustizia europea, il greco Athanasios Rantos, ha messo nero su bianco per disinnescare in punta di diritto le ultime speranze di vita della Superlega. E’ un “papello” tecnico ma istruttivo: rappresenta la mazzata finale al progetto separatista, e un epitaffio legale della grande avventura di Andrea Agnelli e Florentino Perez su tutti.

Il parere è così deciso, quasi “violento”, che sembra scritto di proprio pugno da Ceferin. Non resta sul generico, entra nelle more della questione che verrà poi giudicata in via definitiva dalla Corte non prima di marzo, con una sentenza che peraltro non prevede appello. E non è un rapporto qualunque: per tradizione il parere dell’Avvocato generale “consiglia” e di fatto anticipa la linea da seguire nel giudizio vero e proprio.

Sintetizzando molto Rantos “giustifica” (il verbo è esattamente questo ed è utilizzato a ripetizione) praticamente ogni eventuale forzatura di Fifa e Uefa, riconducendo la acclarata posizione dominante ad un “fine ultimo” che l’Europa gli riconosce: il sistema calcio europeo così com’è – traslitteriamo – va benissimo, e vogliamo che resti così.

L’Avvocato generale scrive, al punto uno, che “ogni nuova competizione è soggetta ad approvazione preventiva” della Uefa, e che questa cosa è “compatibile con il diritto della concorrenza dell’Ue”. Ne derivano “effetti restrittivi”? E Fa nulla: sono “intrinsechi e proporzionati al conseguimento degli obiettivi legittimi connessi al natura specifica dello sport perseguiti da Uefa e Fifa”.

Punto due: “le regole di concorrenza dell’Ue non vietano alla Fifa e alla Uefa di emettere minacce di sanzioni contro i club che partecipano a un progetto per istituire una nuova competizione che rischierebbe di minare gli obiettivi legittimamente perseguiti dalle federazioni di cui fanno parte”.

Punto tre: l’Uefa e la Fifa possono più o meno fare quel che vogliono, “senza restrizioni”, per quanto riguarda “la commercializzazione in esclusiva dei diritti relativi alle competizioni organizzate da Fifa e Uefa”. Ne nascono distorsioni alla concorrenza? Di nuovo, non importa: sono “restrizioni inerenti e proporzionate al perseguimento delle legittime finalità connesse all’art natura specifica dello sport”.

Al punto quattro l’Avvocato sancisce che Fifa e Uefa possono prevedere “un regime di approvazione preventiva” per “la costituzione di una nuova la competizione calcistica interclub paneuropea”.

Ne fa un discorso anche più ampio, Rantos. Perché la sentenza della Corte si applicherà non solo al calcio, ma a tutto lo sport in Europa. Conferma “la specificità dello sport” e ribadisce la “dignità costituzionale del ‘modello sportivo europeo’, che si caratterizza da una serie di elementi applicabili a numerose discipline sportive del continente europeo, compreso il calcio”.

Il “modello si basa, in primo luogo, su una struttura piramidale con, alla sua base, lo sport amatoriale e, al suo vertice, quello professionistico. In secondo luogo, tra i suoi obiettivi primari c’è la promozione di concorsi pubblici accessibili a tutti da parte di in virtù di un sistema trasparente in cui promozioni e retrocessioni mantengono un equilibrio agonistico e danno priorità al merito sportivo, che è anche una caratteristica fondamentale del modello. Tale modello è, infine, basato su una solidarietà finanziaria regime, che consente di ridistribuire le entrate generate da eventi e attività a livello di élite e reinvestiti ai livelli inferiori dello sport”.

E se è vero che parliamo di una “significativa attività economica”, è anche vero che “la logica alla base è quella di sottolineare il carattere sociale speciale di quell’attività economica, che può giustificare la disparità di trattamento sotto certi aspetti”. Quest’ultimo è il concetto-chiave che innesca a cascata tutto il resto.

“Ogni obiettiva giustificazione di restrizioni alla concorrenza o alle libertà fondamentali”, scrive, vanno analizzate “in ambito sportivo”. “Il solo fatto che il medesimo ente svolga le funzioni sia di regolatore che di organizzatore di competizioni sportive non comporta, di per sé, una violazione del diritto dell’UE in materia di concorrenza”.

E non fosse abbastanza chiaro: “anche se le norme oggetto della causa principale relative al priore regime di approvazione possono avere l’effetto di limitare l’accesso al mercato dei concorrenti della Uefa per l’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa, tale fatto, se accertato, non significa manifestamente che tali norme hanno lo scopo di restringere la concorrenza”.

Tutte le mosse dell’Uefa e della Fifa contro la Superlega, insomma, sono “giustificate”  dal “perseguimento di obiettivi legittimi e proporzionati a tali obiettivi”: “Al riguardo, l’avvocato generale ritiene che il mancato riconoscimento da parte della Fifa e dell’Uefa di un concorso essenzialmente chiuso come la Superlega potrebbe essere considerato inerente al perseguimento di taluni finalità legittime, in quanto lo scopo di tale non riconoscimento è quello di mantenere i principi della partecipazione basata su risultati sportivi, pari opportunità e solidarietà su cui poggia la piramide struttura del calcio europeo e per combattere gli scenari di doppia appartenenza”. L’Avvocato riconosce una “posizione dominante” alla Uefa ma anche la sua “responsabilità speciale”.

Non bastasse, l’Avvocato dà ragione a Uefa e Fifa anche sui cavilli tecnici. Perché, scrive: visto che “spetta alla parte accusata di aver violato le regole della concorrenza” provare di non averlo fatto, “nel caso di specie, l’ordinanza di rinvio è stata pronunciata senza che la Fifa o l’Uefa fossero state preventivamente sentite, e così via non erano pertanto in grado di presentare argomenti e prove”.

Ci manca, in calce, solo un metaforico dito medio a Florentino e Agnelli.

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