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Iran, il giornale degli ayatollah: «non hanno avuto onore, non hanno cantato l’inno»

Repubblica racconta quanti calciatori iraniani hanno pagato la loro opposizione al regime. “Vedremo se contro gli Usa potranno ancora non cantarlo”

Iran, il giornale degli ayatollah: «non hanno avuto onore, non hanno cantato l’inno»
Iran supporters wave their national flag bearing the word "Woman, Life, Freedom" as they cheer during the Qatar 2022 World Cup Group B football match between England and Iran at the Khalifa International Stadium in Doha on November 21, 2022. (Photo by FADEL SENNA / AFP)

Iran, la situazione della Nazionale non è semplice dopo la clamorosa protesta di ieri ai Mondiali in Qatar: i calciatori non hanno cantato l’inno come manifestazione di protesta nei confronti del regime che sta provando a reprimere con la violenza la ribellione che va avanti da oltre due mesi.

Repubblica, con Gabriella Colarusso, offre un articolo molto documentato. Che riporta anche cosa scrive il giornale del regime.

Il quotidiano iraniano che più rispecchia la voce del potere ultraconservatore — Kayhan, il cui direttore viene nominato dalla Guida Suprema Khamenei — sentenzia in prima pagina: traditori: «Alcuni membri della nazionale non hanno avuto onore e non hanno cantato l’inno. Iran 2-Inghilterra, Israele, Al Saud (i sauditi, ndr), traditori interni e stranieri 6».

La Nazionale era stata inizialmente criticata da chi sta provando a rovesciare il regime.

«La foto della squadra sorridente con il principale responsabile della repressione insieme a Khamenei è stata un oltraggio mentre i nostri amici muoiono in piazza!», dice Hosssein. Il 15 novembre il Team Melli aveva incontrato il presidente Ebrahim Raisi prima di partire per Doha. «È stato un grosso errore», premette Amir, «ma meritano una seconda possibilità». Il punto in questo Mondiale iraniano non è il calcio. «Da che parte sta la nazionale? Oggi non hanno cantato l’inno, si sono presentati con la fascia nera al braccio e mi hanno reso felice. Vediamo cosa succede nella partita decisiva, quella con gli Stati Uniti: se anche allora, con tutte le pressioni che subiranno dai servizi di sicurezza, si rifiuteranno di cantare l’inno della Repubblica Islamica, perché quello non è l’inno dell’Iran, sapremo cosa hanno scelto». Ammesso che avranno ancora la possibilità di scegliere.

Repubblica ricorda anche che sono tanti i calciatori che hanno pagato la loro opposizione al regime.

I calciatori Hossein Mahini e Parviz Broumand sono finiti in carcere per aver sostenuto il movimento, l’ex stella della nazionale, Ali Karimi, una delle voci più apprezzate dai manifestanti, invocato ieri anche allo stadio, vive confinato a Dubai e gli hanno sequestrato anche la casa. Pure Yahya Golmohammadi è nei guai: ex nazionale e oggi allenatore del Persepolis, la squadra più amata insieme all’Esteghlal, aveva criticato il Melli per non aver «portato la voce del popolo oppresso alle orecchie delle autorità». È stato convocato dal tribunale per dare spiegazioni. 

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