Il Guardian: «I telecronisti non hanno più senso, sono troppi e furiosamente alla ricerca di attenzione»
"Seguiamo il calcio mentre facciamo altre cose, ormai servono solo a richiamarci dalla cucina quando succede qualcosa"

Db Bologna 04/06/2022 - Nations League / Italia-Germania / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Daniele Adani
“Ecco Lautaro Martínez, che ad ottobre non ha mai segnato un tiro al volo. E Francesco Caputo, che possiede quattro cappelli. Ora ecco Denzel Dumfries, che non ha mai assaggiato la marmellata”.
Non si sa perché Jonathan Liew usi esempi della Serie A per introdurre un pezzo – al solito meravigliosamente ironico – sull’inutilità sopraggiunta del commentatore di calcio in tv, dei telecronisti. L’editorialista del Guardian scrive della saturazione del mestiere, e della possibilità di fare un passo avanti (che poi sarebbe un passo indietro) al silenzio: “lasciamo parlare il calcio”
“Sì: i commentatori hanno preso il sopravvento – scrive – un esercito senza volto di uomini di mezza età intercambiabili che sequestravano silenziosamente i nostri schermi, chiedendo solo il diritto di parlare di calcio, qualsiasi calcio, per sempre”. Gente “che non riconosceresti per strada, ma che ha passato più tempo a parlare con te di molti dei tuoi parenti più stretti”.
“Qualcosa di strano sembra essere accaduto a una nobile professione che un tempo era intrisa di un irresistibile fascino screziato dal sole”.
Sono diventati troppi e troppo invadenti. Ma soprattutto spesso inutili. “In gran parte questo è dovuto al volume schiacciante del calcio in diretta: non tanto un evento di comunione nazionale quanto un rotolo infinito di contenuti morti. Non c’è da stupirsi che i narratori di questo simulacro suonino sempre più attratti e abbandonati, come prigionieri in uno stato distopico di polizia che cercano di guadagnare abbastanza crediti per la loro libertà”.
Il lavoro della telecronaca “è un compito difficile e spesso ingrato che richiede non solo un talento naturale ma – nell’era dei social media – una pelle spessa. Ma mi sembra che ci sia un aspetto completamente inesplorato in questo dibattito. I commentatori di calcio originali sono emersi in un’era in cui la televisione era ancora un cugino stretto della radio, quando le immagini erano sfocate e tutti avevano bisogno di un piccolo aiuto per riconoscere i giocatori. Questo vale ancora in un’era di 4K Ultra HD, nomi sulle magliette, realtà aumentata e grafica sovrapposta?”
“A che serve l’essere umano? Che senso hanno adesso i telecronisti? C’è una risposta sincera e cinica a questa domanda. Qualsiasi commentatore decente sosterrà che il loro compito non è semplicemente quello di narrare, ma di contestualizzare: raccontare la storia e spiegare perché è importante. Il problema è che non è più così che interagiamo con il calcio. La maggior parte delle persone in questi giorni guarda la partita mentre fa qualcos’altro: viaggiare, cucinare, intrattenere gli amici, scorrere i social media. Nell’era del secondo schermo il commentatore svolge una funzione leggermente diversa.
“Il vero lavoro dei telecronisti di oggi è ricordarci quando bisogna tornare di corsa dalla cucina davanti alla tv”.
“Sono emersi diversi stili di commento, tutti furiosamente alla ricerca di una nicchia nell’economia dell’attenzione”. Il commento è diventato “un’estensione delle battute da pub”, “esagerato e carico di emozioni, specificamente orientato al mercato delle clip virali”.
Per Liew, tra parentesi, quella del commentatore “resta una professione imperdonabilmente bianca e maschile”.
“Per decenni il calcio televisivo è andato in una direzione: più parlato, più cura, più voci, più prodotto”. Ma “da qualche parte in un mercato frammentato, potrebbe esserci un pubblico là fuori per l’esatto opposto: il calcio senza alcun commento. Solo uno schermo e il seducente rumore ambientale del gioco. Una trasmissione più coinvolgente, il più vicino possibile all’esperienza dal vivo. Il calcio è incredibile. Forse è ora di lasciarlo parlare”.