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Dotto e il metodo Mourinho: quando la barca fa acqua butta a mare qualcuno, non sa fare autocritica

Sulla Gazzetta. Karsdorp è solo l’ultima vittima sacrificale. Mou è felice solo quando il gruppo è ai suoi piedi, ma se il suo ego esulta ecco le premesse della debacle

Dotto e il metodo Mourinho: quando la barca fa acqua butta a mare qualcuno, non sa fare autocritica
Mg Tirana (Albania) 25/05/2022 - finale Conference League / Roma-Feyenoord / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jose’ Mourinho

Dotto e il metodo Mourinho: quando la barca fa acqua butta a mare qualcuno, non sa fare autocritica.

Ci risiamo. La barca fa acqua? Si butta a mare qualcuno“.

Per Giancarlo Dotto questo è il metodo adottato dall’allenatore della Roma, José Mourinho. Lo scrive sulla Gazzetta dello Sport.

“È un metodo, ancora prima che una necessità. Metodo Mourinho. L’altare di José è un rosario di successi ma anche di vittime sacrificali. Sangue innocente? Irrilevante. Sangue utile alla causa”.

L’ultima vittima sacrificale è stata Rick Karsdorp, ma prima ancora c’erano stati Casillas, Pogba e De Bruyne, tra gli altri.

“Mou è un uomo decisamente intelligente. Quasi sempre piacevolmente intelligente. Solo gli uomini intelligenti possono fare torto alla propria intelligenza. Succede anche a lui. Succede, per lo più, quando un intelletto raffinato si combina a un ego smisurato (nel senso letterale, non misurabile). Il narciso fa torto alla propria intelligenza, la confonde, la spreca, l’affoga. L’uomo intelligente trova il suo scacco allo specchio. La psiche del narciso è elementare, banalizza la complessità dell’intelligenza, la rende prevedibile”.

Mou è un mago nel generare transfert, scrive Dotto. La gente è disposta a morire per lui.

“Mou replica se stesso all’infinito. Sta generando a Roma migliaia di transfert. Li potete vedere ogni domenica in festa all’Olimpico. Le cose non vanno o balbettano? Sta facendo a Roma dei tifosi quello che fa con i giocatori, li divide. Non si esce dalla polarità con il Pifferaio Magico di Setubal. Se proprio non ce la fai ad amarlo, non ti resta che odiarlo. Molti degli allenatori che fingono di abbracciarlo in campo, godono inverecondi delle sue sconfitte. Come capotribù, Mou tende all’harem, a costituire intorno a sé un microcosmo inviolabile di fedelissimi e di concubini. All’esterno del quale pullula il mondo esteso dei nemici. La sua vocazione da sultano è esplicita”.

Le sue interviste sono imperdibili, perché in esse “Mou domina gli interlocutori”.

Ma è un uomo felice solo quando realizza di avere un gruppo ai suoi piedi“.

Il suo ego esulta e crea allora le premesse della debacle. Anche perché Mou considera insostenibile e anche un po’ miserabile ogni esercizio di autocritica. Offensiva la sola ipotesi. Ammettere i propri errori? La deriva degli uomini deboli. Si fa solo mimetizzandoli nella ruota del pavone. Mou è troppo. Si fida troppo di sé, della devozione dei suoi samurai, allo stesso tempo è troppo in balìa del suo narcisismo. Non dubita”.

Alla sua età difficile che possa cambiare, continua Dotto.

“Alla sua età non se ne esce. Difficile. Ci vorrebbe un colpo di genio. Che non sempre si accoppia all’intelligenza. Dovrebbe affidarsi a qualcuno che sappia moderarlo“.

Non è possibile che i tifosi della Roma debbano rassegnarsi alla sua bruttezza in campo.

“Una squadra (anche contro il Sassuolo) che non tira una volta da fuori come fosse proibito da una legge metafisica, mentre le squadre avversarie fanno del tiro da fuori alla Roma il loro luna park, un accessibilissimo parco divertimenti”.

Dotto conclude con un invito a Mourinho:

“José, hai avuto tutto dalla vita, sei il migliore. Non fartelo bastare. Invita te alla nuova sfida, dopo averlo fatto con i tuoi calciatori. Credere a sessant’anni alla possibilità di diventare un uomo e un allenatore ancora migliore“.

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