Alla Gazzetta ricorda il gol alla Germania, nel 1986, su assist di Maradona: «Vederlo così felice per un gol mio è stato un orgoglio».
La Gazzetta dello Sport intervista Jorge Luis Burruchaga. Nel 1986 fu campione del mondo con l’Argentina. Lui segnò il gol della vittoria contro la Germania, in Messico, su assist di Diego Armando Maradona. Lo ricorda.
«Fosse stato un altro, non mi sarei aspettato quel passaggio. Ma era Maradona. Lui era un’altra cosa. Vedo che stoppa la palla con il corpo rivolto a Enrique. Io ho il campo aperto davanti. Grido: “Diego! Diego!” Non mi sente, ma con gli occhi che aveva sulla nuca mi vede e mi fa fare la corsa più felice di tutta la mia vita».
Burruchaga racconta quello che pensò in quel momento.
«Ho guardato il portiere e mi sono detto: “Devi arrivare fino a là in fondo”. Ho cancellato tutto il resto, anche Valdano che era in buona posizione tutto solo. Jorge, che ha il cervello fino, è stato bravissimo a non chiamarmi la palla. Sapeva benissimo che mi avrebbe distratto e rallentato la corsa. Sono arrivato fino in fondo e ho fatto gol».
Poi si inginocchiò a terra.
«Il cielo. Ricordo soprattutto il cielo. Ho alzato gli occhi e pensato al mio vecchio che non voleva che giocassimo a pallone. Avevo 12 fratelli, tutti appassionati di calcio, ma eravamo una famiglia umile, povera, c’era bisogno di braccia da lavoro più che di piedi buoni. Ho guardato il cielo: “Hai visto, papà?”».
Burruchaga parla di Maradona.
«Diego si era arrabbiato dopo il pareggio della Germania e ce ne aveva dette un paio… Eravamo andati subito in vantaggio di due gol. Non dico fosse una partita facile, ma l’abbiamo sempre tenuta in pugno, poi con due tiri i tedeschi hanno pareggiato. Diego vede Valdano abbacchiato, dietro di noi e gli dice: “Guarda che noi adesso vinciamo. Tranquillo”. E ci ha fatto vincere. Dopo il mio gol, si è allontanato, ha stretto i pugni e ha gioito per conto suo guardando il cielo anche lui. Vederlo così felice per un gol mio è stato un orgoglio».
Oggi è il secondo anniversario della morte di Diego. Burruchaga:
«Abbiamo fatto l’ultima chiacchierata un paio di mesi prima che morisse. Ci eravamo ritrovati quando era tornato in Argentina per allenare il Gimnasia di La Plata. Non posso dire che tra noi ci fosse la confidenza di una vera amicizia, forse siamo stati più amici in campo che fuori. Ma ci legavano il grande rispetto e tanta strada percorsa insieme».
Burruchaga racconta che Diego provò a portarlo al Napoli.
«Sì, dopo il Mondiale. Ho parlato a lungo con la società, ma non abbiamo trovato l’accordo».
Sente che Diego, nonostante sia morto, «è qui con noi, da qualche parte».
Gli viene chiesto un parere sulla scelta di schierare il Papu Gomez. Forse, con un centrocampista in più, l’Argentina avrebbe coperto meglio il campo e sofferto meno l’aggressione araba.
«Da fuori è facile parlare… Invece per farlo bisognerebbe sapere cosa succede dentro. Il Papu non è andato male il primo tempo, il problema non è stato lui, è stata la squadra che ha giocato poco».
E dice che al posto di Scaloni avrebbe convocato Simeone.
«Io il Cholito Simeone lo avrei portato».
In cosa Messi è più lontano da Maradona?
«Sono imparagonabili. Epoche troppo diverse. Diego era più carismatico fuori dal campo, ma oggi Leo lo è in campo più di prima. Comunque, la cosa che conta è una sola: che negli ultimi 40 anni il dio del calcio sulla terra è stato un argentino. Messi meriterebbe il Mondiale per coronare la sua splendida carriera».