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Il laboratorio Spalletti non chiude mai

Il turn-over contro i Rangers è servito al tecnico ad ampliare lo spettro delle alternative tattiche, tornerà utile nel corso della stagione

Il laboratorio Spalletti non chiude mai
Db Napoli 26/10/2022 - Champions League / Napoli-Rangers / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Leo Ostigard-Alfredo Morelos

Il turn over che serve al Napoli

Napoli-Rangers 3-0 è una partita solo apparentemente laterale, per la stagione della squadra azzurra. Luciano Spalletti l’ha utilizzata per fare ciò che serve al suo Napoli per crescere, per migliorare: un turn over ampio ma ragionato, che chiarisce i dubbi e anticipa il futuro. Tutto parte dalle circostanze: la qualificazione già ottenuta, un avversario non trascendentale – per usare un eufemismo – nel contesto della Champions League, un calendario a dir poco compresso. Spalletti ha assecondato tutto questo, anzi l’ha sfruttato a suo vantaggio per fare degli esperimenti e per dare dei segnali importanti. A noi, che guardiamo la sua squadra. Alla sua squadra, che via via assume una fisionomia sempre più chiara, sempre più definita e definitiva.

Per analizzare una gara del genere, si deve partire necessariamente dalle scelte di formazione. E quindi, in questo caso, dai cambi operati da Spalletti rispetto alla sua formazione-tipo – anche se il tecnico toscano si oppone fermamente a questa definizione, almeno a mezzo stampa. Ostigard al posto di Juan Jesus/Rrahmani accanto a Kim Min-jae; Mário Rui di nuovo titolare sulla fascia sinistra in difesa; Ndombélé ed Elmas mezzali ai fianchi di Lobotka; tridente composto da Politano, Simeone e Raspadori, schierato di nuovo da laterale offensivo a sinistra dopo gli ultimi minuti contro lo Spezia – il fatto che giocasse in quella posizione lo portò a realizzare il suo primo gol con la maglia del Napoli, tra l’altro sul finire di una partita che era diventata un incubo per la squadra di Spalletti.

Da questa formazione, si deduce che il Napoli abbia praticamente rinunciato al 4-2-3-1 come sistema di gioco all’inizio di una qualsiasi partita. Che Spalletti abbia deciso di utilizzare Elmas come alternativa per il trio di centrocampo, e non per Kvaratskhelia. E che Raspadori deve essere considerata un’alternativa numerica, ma anche tattica, all’esterno georgiano. Sono tutte cose vere, ma fino a un certo punto. Vediamo perché.

Il doppio regista, il doble pivote e tanta varietà

Partiamo dal primo concetto, quello relativo al modulo di gioco iniziale. Sì, il Napoli ha effettivamente adottato il 4-3-3/4-5-1 d’ordinanza anche contro i Rangers, ma ne ha dato un’interpretazione molto più fluida, molto più libera, rispetto ad altre gare della stagione. Spesso, infatti, Ndombélé e Lobotka hanno formato un doble pivote davanti alla difesa mentre Elmas agiva qualche metro più in avanti, galleggiando tra le linee di difesa e centrocampo degli avversari, alle spalle di Simeone. Questa tendenza a deformare lo schema e a trasformarlo in un 4-2-3-1/4-4-2 era piuttosto chiara anche in fase di non possesso: era quasi sempre Elmas ad affiancarsi a Simeone per aggredire il secondo centrale quando i Rangers abbozzavano la costruzione dal basso.

In alto, il Napoli imposta con un doble pivote puro; sopra, invece, pressa la costruzine bassa dei Rangers con due attaccanti: Simeone ed Elmas.

Insomma, il Napoli non ha rinunciato all’idea del 4-2-3-1 come sistema di gioco utilizzabile fin dall’inizio di una partita. Anzi, lo scivolamento dal centrocampo a tre al doble pivote avviene costantemente, solo che con Elmas risulta più percettibile rispetto a quando c’è Zielinski. I dati confermano questa sensazione: la rilevazione del possesso palla di Napoli-Rangers ha prodotto percentuali poco meno che bulgare – il Napoli ha sfiorato il 65%, se ci atteniamo al dato grezzo – e quindi certi dati vanno presi con le pinze, ma resta il fatto che Lobotka e anche Ndombélé hanno superato i 100 palloni giocati, toccando quota 115 e quota 118, rispettivamente, mentre Elmas si è “fermato” a 84. Anche le posizioni in cui i tre componenti del centrocampo del Napoli hanno giocato questi palloni dicono tanto sulla fluidità del sistema di gioco disegnato da Spalletti:

Dall’alto in basso: tutti i palloni giocati da Ndombélé, Lobotka, Elmas. In tutti i campetti, il Napoli attacca da sinistra verso destra.

In realtà, proprio questi campetti raccontano un’altra novità sostanziale – e anche interessante – emersa da Napoli-Rangers: la mobilità assoluta dei centrocampisti rispetto alle loro posizioni teoriche. Per dirla semplicemente: Lobotka è sempre il perno centrale di un reparto a tre, ma i continui movimenti di Elmas e Ndombélé li hanno portati a scambiarsi spesso ruoli e funzioni. E anche lo slovacco, si vede chiaramente, ha spaziato in maniera più varia rispetto ad altre partite.

Raspadori

Ormai è chiaro che il Napoli non abbia abolito completamente il 4-2-3-1, ma va anche detto che lo slot di sottopunta, in teoria, sarebbe dovuto appartenere a Giacomo Raspadori. Quindi al giocatore che, pensandoci bene, è stato acquistato come erede di Mertens a tutti gli effetti. E invece Spalletti l’ha riproposto da titolare in una posizione che aveva già occupato al Sassuolo: quella di laterale sinistro in un attacco a tre. Il punto è che questa definizione è troppo riduttiva, e quindi non è proprio corretta: sì, in effetti Raspadori ha occupato quello slot e in fase passiva si è comportato come un esterno puro, ma in fase offensiva il suo comportamento è stato molto diverso.

In questo caso non c’è bisogno di spiegare. Basta guardarli per capire quale sia il campetto con tutti i tocchi di Raspadori e quello con tutti i tocchi di Politano,

Si vede chiaramente da questi due campetti: Raspadori e Politano non hanno giocato in maniera speculare, né tantomeno simile. Anche il gioco del Napoli, di tutto il Napoli, ha risentito di questo cambiamento: secondo le rilevazioni di Whoscored, la squadra di Spalletti ha costruito più azioni sulla fascia destra (41%) rispetto a quella sinistra. Inevitabile, visto che Raspadori si affiancava spesso a Simeone, trasformandosi in una vera e propria seconda punta. Al momento del tiro di Ndombélé che si è stampato sulla traversa, questo nuovo meccanismo per riempire l’area di rigore si percepisce in maniera evidente:

Nella ripresa dal basso, si vede benissimo l’inserimento in area di Raspadori

In questo caso, mentre Di Lorenzo costruisce l’occasione sulla destra, Raspadori si sovrappone addirittura sul primo palo, all’interno rispetto a Simeone. L’ampiezza sulla fascia sinistra viene garantita da Elmas, che riprende plasticamente i movimenti del 4-2-3-1. E infatti fuori area c’è appostato Ndombélé, con Lobotka rimasto a presidio della metà campo.

Per quanto riguarda Raspadori, quella di schierarlo come esterno a sinistra è una scelta inevitabile. In questa prima parte di stagione, è chiaro a tutti, il Napoli si è espresso molto meglio senza sottopunta, quindi con un solo attaccante vero in campo – che fosse Osimhen, Simeone o lo stesso Raspadori. Anche se quello utilizzato da Spalletti è un sistema fluido, ne abbiamo parlato spesso nell’ambito di questa rubrica, il 4-3-3 resta quindi l’abito migliore del Napoli. E allora Raspadori può diventare – è già diventato – la prima alternativa a Osimhen quando l’attaccante centrale deve accorciare sistematicamente una squadra più orientata al possesso; oppure l’uomo che sostituisce Kvaratskhelia e che permette al Napoli di giocare con due punte vere senza perdere equilibrio. Ovvero, ricompattandosi con il 4-5-1 in fase difensiva.

Tutto questo non vuol dire che non vedremo più Raspadori alle spalle di Osimhen o Simeone, magari con Kvara e Lozano/Politano. Semplicemente, in questo momento si tratta di una soluzione che il Napoli non riesce ancora a sostenere davvero. Forse cambierà qualcosa quando Ndombélé riuscirà a ritornare il calciatore che abbiamo ammirato al Lione fino al 2019. Contro i Rangers il francese ha giocato tutta la gara ed è parso in crescita fisica, ma è ancora lontano dal suo apice. Non è detto che possa raggiungerlo di nuovo, tra l’altro. Fino ad allora e quindi almeno fino al Mondiale, considerando anche le condizioni imperfette di Anguissa dopo l’infortunio, sarà difficile che Spalletti riproponga il sistema visto contro il Lecce. Se non in momenti d’emergenza, partita sporca e risultato in bilico.

Mário Rui

Un altro aspetto importante emerso da Napoli-Rangers riguarda la diversa interpretazione del ruolo dei terzini, una conseguenza dell’approccio tattico della squadra di Spalletti. Dopo la gara di Roma, avevamo riscontrato che Di Lorenzo e Olivera si erano sovrapposti internamente in diverse occasioni, mentre Lozano e Kvara garantivano ampiezza. Questa dinamica, contro i Rangers, si è rivista soprattutto a destra, ovvero sulla corsia più utilizzata dal Napoli per creare e costruire gioco:

In alto, tutti i palloni giocati da Mário Rui; in basso, quelli di Di Lorenzo. La differenza è evidente.

Come detto in precedenza, la differenza tra l’approccio di Di Lorenzo e quello di Mário Rui è legato all’utilizzo da parte del Napoli. Quindi anche dal fatto che, a sinistra, ci fosse Raspadori piuttosto che Kvara, mentre a destra ha trovato spazio un esterno più associativo come Politano. Ma è anche una questione di caratteristiche tecniche: Mário Rui è inevitabilmente più portato a ragionare come un terzino più classico, a rimanere più largo e ad andare al cross, che sia dal fondo o dalla trequarti. Esattamente come capitato in occasione del gol di Simeone, il terzo costruito su questo asse dopo dopo quelli di Milano e Cremona.

Un gran cross, un gran gol

Anche questo è un aspetto che va approfondito, anche perché riguarda un giocatore considerato non titolare come il Cholito. Se il primo gol nasce da un’intuizione e da un attacco della profondità similari a quelli che fa Osimhen, la seconda rete ha un peso tattico maggiore. Per un motivo semplice: Osimhen è bravissimo di testa, ma preferisce saltare verso il pallone in situazione statica più che dinamica, non inserendosi da dietro, magari su un traversone dalla trequarti che arriva in area attraversando lo spazio immaginario tra terzino e centrale di parte. Al contrario, Simeone è bravissimo – anzi: eccezionale – proprio in questo tipo di conclusioni, nella capacità di anticipare i difensori, di bruciarli sul tempo. Esattamente come ha fatto in occasione del 2-0 contro i Rangers.

Ecco, questa è un’alternativa tattica di grande importanza per il Napoli. Per capire cosa intendiamo, basta andare con la mente alle partite di Milano e di Cremona: Spalletti ha inserito Simeone e l’argentino ha capitalizzato due cross di Mário Rui. Due ipotesi di assist che con Raspadori sarebbero andati sprecati, e che anche Osimhen non ama poi così tanto – in virtù di quanto abbiamo scritto prima. Insomma, Simeone è un buon alter ego di Osimhen, soprattutto per il modo in cui attacca gli spazi in verticale; allo stesso tempo, però, sa essere un attaccante con pregi tutti suoi, diversi da quelli del nigeriano. Pregi che si sposano perfettamente con le qualità balistiche di Mário Rui. Magari è solo un incastro dettato dal turn over, ma forse non è un caso che siano sempre in campo insieme, negli ultimi tempi.

Conclusioni

Ecco, questo è il senso del turn over che serve al Napoli. Se Spalletti, in altre partite, non avesse schierato Mário Rui in coppia – ovviamente virtuale, visto che parliamo di un terzino e di un attaccante – con Simeone, non avrebbe potuto scoprire la loro connection. Napoli-Rangers ha sublimato questa intesa e probabilmente l’ha rafforzata, così come quella tra Raspadori ed Elmas, tra Ndombélé e Lobotka. E lo stesso discorso vale anche per Ostigard, che al di là del gol ha lavorato bene accanto a un Kim Min-jae sempre più autoritario e sicuro nella gestione della difesa – anche se. va detto, non è che i Rangers abbiano creato tutti questi pericoli.

Dare minutaggio a tutti i componenti della rosa non serve solo a far rifiatare chi gioca più spesso e/o a far sentire coinvolto chi invece gioca meno. È anche un modo per ampliare le possibilità tecnico-tattiche. Per creare nuove sinergie, per scoprire nuove possibilità. Non tutte le scelte e quindi non tutte le rotazioni hanno un esito positivo, ma tentare e poi insistere sono dei passi fondamentali per capire quali sono le migliori soluzioni. E quali, invece, devono essere scartate o usate di meno. Ieri sera Spalletti ha fatto proprio questo. Ecco perché Napoli-Rangers 3-0 è una partita che potrebbe avere un impatto enorme sul Napoli del futuro. Ecco perché, in apertura, abbiamo parlato di dubbi risolti e di anticipi di futuro: è quello che abbiamo visto e percepito in campo. E in certe partite certe sensazioni sono importanti come il risultato. Se non di più.

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