ilNapolista

Bisoli: «Spalletti da giocatore era da C, ora è un top player. Merita lo scudetto»

L’allenatore del Sudtirol al CorSport: «In questo calcio bisogna saper fingere e io non ne sono capace. Giocare è molto più semplice che allenare».

Bisoli: «Spalletti da giocatore era da C, ora è un top player. Merita lo scudetto»
Ci Napoli 07/09/2022 - Champions League / Napoli-Liverpool / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Sul Corriere dello Sport un’intervista a Pierpaolo Bisoli, allenatore del Südtirol Alto Adige.

Due volte in A col Cesena eppure in massima serie non è riuscito ad affermarsi neppure col suo Cagliari né a Bologna oltre che con i romagnoli. Perché?

«Evidentemente non è la mia categoria. Poi non mi sono piegato a certe situazioni, ma ho sempre fatto il bene delle società per le quali ho lavorato».

Colpa del suo caratteraccio?

«Ovviamente, sì. Io non do colpe agli altri. Ma non ho danneggiato mai nessuno, solo me stesso. Certamente il mio temperamento non mi ha aiutato. Eppure tanti club hanno beneficiato del mio lavoro. Radja Nainggolan, per esempio, a Cagliari l’ho valorizzato io. Come Giaccherini e Parolo. Diamanti l’ho scoperto a Prato, gli dissi che sarebbe arrivato in A e lo riportai a Bologna dal West Ham, quando nessuno in Italia aveva voluto credere in lui. Feci una preparazione durissima che ci condizionò. Ma Di Vaio poi riconobbe il valore di quel lavoro. Diciamo pure che ho un caratteraccio. I miei difetti li metto a nudo. Anche il mio direttore attuale, Paolo Bravo, me lo dice. Ma lui sa lavorare e mi piace. In questo calcio bisogna saper fingere e io non ne sono capace. Se sono arrabbiato si vede. Vado avanti guardando tutti negli occhi perché faccio ogni cosa con onestà. Un valore sempre più raro».

«In questo calcio bisogna saper fingere e io non ne sono capace. Se sono arrabbiato si vede. Vado avanti guardando tutti negli occhi perché faccio ogni cosa con onestà. Un valore sempre più raro».

Se dovesse definire il suo calcio in un concetto quale sceglierebbe?

«Organizzazione finalizzata alla creazione del gruppo. L’insieme prima di tutto».

Intensità o qualità? Bisoli risponde:

«L’intensità è la base del calcio ovunque. La qualità deve essere al servizio di tutti. Diamanti n’è l’esempio. Nel mio Sud Tirol Casiraghi e Capone hanno mezzi tecnici evidenti, ma debbono utilizzarli per gli altri altrimenti non servono. Ho ragazzi stupendi che mi seguono. Le belle giocate restano effimere se non sono funzionali a una strategia. Le doti sono personali. Ma poi esiste la capacità di integrarsi e occorrono sacrificio, disponibilità, capacità di lavorare per gli altri. Anche Diamanti a Bologna si mise al servizio dei compagni e ha giocato un Europeo e un Mondiale. Tutto impensabile senza disponibilità».

Dall’ultimo posto al perimetro playoff. Il segreto?

«Questa squadra ha qualità umane e tecniche. E in questa società si può lavorare senza pressioni. Poi sono entrato nella testa dei giocatori e ho fatto capire loro che avevano tutto per riuscire. Ora lavoriamo compatti. Da squadra, appunto».

Bisol aggiunge:

«Credo che non servano mental coach. Un tecnico deve agire sul gruppo. È lì la chiave».

«Credo che non servano mental coach. Un tecnico deve agire sul gruppo. È lì la chiave».

Più facile giocare o allenare?

«Giocare molto più semplice. Basta fare una bella prestazione. Invece, allenare significa far coesistere tante persone, non solo i calciatori, anche i dirigenti e i procuratori. Ma debbono restare tutti fuori dallo spogliatoio. Neppure Cellino a Cagliari riuscì a entrarci con me».

Spalletti, Pioli, Sarri, Gasperini, Mourinho: chi sceglie?

«Ora è facile dire Spalletti. L’ho avuto come allenatore all’Empoli e ci salvammo. Ma eravamo stati compagni di squadra al Viareggio. Come calciatore era di C, in panchina è un top player. Le sue squadre sa come farle rendere e le fa giocare a memoria. Il mio calcio guarda più alla verticalità di Mourinho e Gasperini. Ma niente paragoni, per carità».

«Ora è facile dire Spalletti. L’ho avuto come allenatore all’Empoli e ci salvammo. Ma eravamo stati compagni di squadra al Viareggio. Come calciatore era di C, in panchina è un top player. Le sue squadre sa come farle rendere e le fa giocare a memoria».

Chi vince lo scudetto?

«Spero il Napoli, lo merita».

 

ilnapolista © riproduzione riservata