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Aminata Diallo e l’aggressione alla Hamraoui: «Sanguinava e urlava per il dolore»

Intervista a Rmc Sport: «Mi hanno accusato di essere la mandante, ma non c’entro. Non c’era rivalità con lei, non ci sono prove».

Aminata Diallo e l’aggressione alla Hamraoui: «Sanguinava e urlava per il dolore»

Aminata Diallo, giocatrice del Psg accusata di essere la mandante della terribile aggressione contro la compagna di squadra, Kheira Hamraoui, rompe il silenzio. La Diallo, incriminata per “violenza aggravata” e “associazione a delinquere” e della quale gli investigatori dicono che ha tratti della personalità “a dir poco preoccupanti”, ha rilasciato un’intervista a Rcm Sport. Racconta di non avere niente a che fare con quanto accaduto e dà la sua versione dei fatti.

«Sono stata accusata di essere la mandante, ma non conosco gli aggressori. Non li ho mai visti, non sono mai stata in contatto con loro né ho parlato con loro. E per ora questo è quanto hanno accertato gli inquirenti. Non so perché mi additino come istigatrice perché gli aggressori non hanno fatto il nome di chi li ha mandati a farlo».

Il racconto di quella notte

La centrocampista racconta quella notte: era il 4 novembre 2021.

«Il club aveva organizzato una cena per unire il gruppo, visto che stava arrivando un momento importante della stagione con partite molto importanti nelle diverse competizioni in cui il Psg si era iscritto come favorito. Anche prima di questa cena i rapporti nel gruppo erano buoni. Dopo cena, ho accompagnato a casa le mie compagne di squadra Sakina Karchaoui e Kheira Hamraoui, entrambe vivono a Chatou. Era molto buio, non ho visto nulla e poi siamo rimaste molto scioccate in quel momento. Non sapevamo come reagire». 

E’ stato tutto troppo veloce.

«È stato tutto molto veloce. Era notte e la strada non era illuminata. Ci siamo avvicinate a un camion bianco e gli aggressori sembravano nascondersi dietro di esso. Improvvisamente sono apparsi e hanno iniziato a colpire il mio cappuccio. E’ stata una cosa molto veloce, 30 o 40 secondi. Uno è venuto al mio fianco, l’altro a quello di Kheira. Quello che era accanto a me mi ha insultata e mi ha detto che dovevo dargli dei soldi. Ho sentito Hamraoui urlare e credo che gli assalitori abbiano visto una luce, forse di un’auto, che li ha fatti fuggire. Sono scappati e in quel momento Kheira si è alzata molto velocemente ed è risalita nella mia macchina. La sua mano sanguinava e stava urlando per il dolore».

La Diallo è stata accusata di aver preso apposta quella strada e del fatto che stesse guidando troppo lentamente. Si difende:

«Sakina Karchaoui mi ha chiesto di lasciarla prima a casa sua per poter guardare il secondo tempo di Europa League Marsiglia-Lazio e così ho fatto. Inoltre il suo era il primo indirizzo che avevo inserito nel navigatore. La velocità di guida? Anche questa è una cosa non provata. Stavo guidando a un ritmo normale lungo quella strada. Era una strada stretta, non molto stretta ma stretta, dove c’erano macchine parcheggiate a destra e a sinistra a zigzag. Non potevo guidare molto veloce, ma non potevo nemmeno guidare molto lentamente».

Diallo: non eravamo in competizione

Non c’era alcun motivo di competizione con la Hamraoui, dice.

«Il direttore sportivo e l’allenatore erano molto contenti e soddisfatti del mio lavoro e delle mie prestazioni e volevano allungarmi il contratto di due stagioni. È vero che in alcune partite di campionato lei ha iniziato da titolare, ma ci sono partite di Champions dove ho iniziato io. Non c’era concorrenza diretta solo con Kheira Hamraoui. È sbagliato».

La Diallo suggerisce di cercare altrove:

«La pista della vendetta d’amore non è stata sufficientemente battuta dagli investigatori. Durante l’intera indagine l’unico indizio che è stato approfondito è stato quello su di me».

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