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C’era una volta il predestinato Meret

Ancelotti disse: «È un grande talento, fuori dal normale». Era considerato il rivale di Donnarumma. A Napoli ha brillato un anno. Il feeling con gli allenatori è finito ed è cominciato il declino

C’era una volta il predestinato Meret
Torino 28/07/2020 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Image Sport nella foto: Alex Meret

Arrivò a Napoli con le stimmate del predestinato. Magri con qualche dubbio sulla sua tenuta fisica. Ma quattro anni fa, complice anche le parole di Carlo Ancelotti, Alex Meret sbarcò a Napoli come il futuro grande portiere degli azzurri. Pronto a emulare un grandissimo friulano che giocò a Fuorigrotta prima di essere ceduto alla Juventus in uno scellerato affare in cambio di Carmignani: Dino Zoff.

Che qualcosa sarebbe potuto andare storto, si intuì in ritiro, a Dimaro. Dopo pochissimi giorni, in una partitella, si ruppe il braccio in uno scontro di gioco con un giovane della Primavera troppo irruento che non tirò indietro la gamba. Un momento che, a ripercorrerlo, equivale a una memorabile scena del film Il Cacciatore. Quella delle gocce di vino che caddero al matrimonio di John Savage mentre il suo Steve stava bevendo dal doppio calice con la moglie. Se fosse caduta una sola goccia di vino, il matrimonio non sarebbe stato fortunato. E in effetti così fu per quella frattura.

Il Napoli allora decise di prendere un secondo portiere: solido, di esperienza. E Ancelotti chiamò Ospina. Che nei piani del tecnico emiliano sarebbe dovuto essere un ottimo numero due nell’ambito di una gerarchia che con lui in panchina non è stata mai in discussione.

La frattura al braccio si rivelò più impicciosa del previsto. I rumors, come al solito, si rincorsero. L’intervento non andò come previsto. Fatto sta che Meret fece il suo esordio l’8 dicembre 2018: Napoli-Frosinone. In quella data cominciò l’anno solare da titolare del Napoli. Dodici mesi e poco più. L’8 dicembre l’esordio e il 22, Napoli-Spal, la prima parata memorabile. All’ultimo minuto un salvataggio prodigioso su colpo di testa di Fares. Meret salvò il risultato.

Il Corriere dello Sport scrisse:

Avrà pure solo ventuno anni, ma si vede a occhio nudo che si sia dinnanzi a un fenomeno. L’ultimo pallone è tormento ma anche estasi, è fierezza e orgoglio. (…) Questi si chiamano capolavori, senza se e senza ma, raccontano la lucidità e l’esuberanza tecnica d’un giovanotto che è nato campione e ora deve dimostrare di esserlo: quella prodezza è un architrave per conquistare il futuro.

La Gazzetta:

Ma sul colpo di testa di Fares a un soffio dal fischio finale, è apparso uno degli uomini più attesi a inizio stagione, Alex Meret, a togliere con un guizzo da ghepardo quel pallone destinato in rete. Una prodezza che conferma le grandi aspettative di un baby talento fermato da troppi infortuni.

E Ancelotti ci mise del suo:

Per noi non è una sorpresa, lo vediamo tutti i giorni in allenamento. È un grande talento, non è stato fortunato finora,. Oggi ha mostrato il suo talento in quelle poche occasioni che ha avuto per mettersi in mostra. Si parla di un portiere fuori dal normale.

L’annata si concluse con 14 presenze in campionato: non tantissime ma nel finale Ancelotti schierò spesso Ospina per raggiungere il numero minimo di partite per poter riscattarlo. Meret non venne messo mai in discussione, tranne che nel match di ritorno contro l’Arsenal – quarti di finale di Europa League. All’andata parò di tutto e di più, con un paio di interventi da Album Panini; a Napoli, invece, posizionò malissimo la barriera sulla punizione che Lacazette trasformò con facilità.

La stagione successiva fu quella del patatrac, con l’ammutinamento, le divisioni nello spogliatoio, la crisi prolungata, l’esonero di Ancelotti. Eppure Meret fu uno dei due giocatori a salvarsi dal naufragio. L’altro fu Di Lorenzo. Divenne più sicuro partita dopo partita. Mise in evidenza le proprie doti esplosive e di piazzamento. A Liverpool disputò un’altra grande partita. Fece sfoggio del suo straordinario repertorio.

Al punto che l’8 novembre 2019 il giornale on line Ultimouomo pubblicò un articolo così titolato: “Chi è più forte tra Donnarumma e Meret?” Oggi sembrerebbe fantascienza. L’articolo si concludeva così:

In definitiva, Meret e Donnarumma sono due portieri di alto livello, ma il primo dei due sta fornendo prestazioni migliori. Donnarumma è ora più intraprendente di Meret nelle uscite alte e ha via via migliorato il suo gioco coi piedi, ma il portiere del Napoli gli è davanti nella prestazione tra i pali.

La scelta di Roberto Mancini dovrà tenere conto, come per i giocatori di movimento, delle loro abilità, ma anche del contesto tattico nei quali i portieri dovranno essere inseriti.

Tanta acqua è passata sotto i ponti. Meret non fu tra i pasdaran dell’ammutinamento. Era appena arrivato. C’è chi sostiene che, al pari di Lozano, quando si abbattè sulla squadra la restaurazione gattusiana, pagò anche per motivi extracalcistici. È difficile stare dietro a tutte le chiacchiere. Due cose sono certe. Una è che con l’esonero di Ancelotti terminò la vita felice di Meret a Napoli e anche la fase ascendente della carriera del portiere friulano. La seconda è che il tecnico calabrese cominciò con lui tra i pali. Giocò titolare contro Parma, Sassuolo e Inter. Una sola vittoria, due sconfitte. Sei gol subiti e soprattutto la grave incertezza sul secondo gol di Lukaku al San Paolo: un tiro centrale che lui fece per respingere con i pugni ma finì col favorire la corsa del pallone dentro la porta.

Cominciarono le critiche. Il chiacchiericcio. “Gattuso schiererà Ospina titolare”. E così fu. A Roma contro la Lazio dove il colombiano fece di fatto perdere la partita al Napoli per la ormai celebre costruzione dal basso. Gattuso lo difese. E lo schierò anche la domenica successiva. Meret qualche partita la giocò, anche perché Ospina spesso si infortunava. Disputò anche la finale di Coppa Italia vinta ai rigori contro la Juventus (Ospina era squalificato). Ma le sicurezze ancelottiane erano un lontano ricordo. Meret non era più un indiscutibile punto di riferimento del Napoli. Era in ballottaggio con Ospina e di fatto l’allenatore gli preferiva il colombiano. Anche se giocò circa duemila minuti in Serie A sia nel 19-20 sia il secondo anno di Gattuso. Giocò tutto il finale di stagione, quello della rimonta. Compresa la partita col Verona che costò la Champions agli azzurri.

Il peggio doveva ancora arrivare. Dalle 22 presenze in Serie A in due stagioni consecutive, si è passati alle 7 della scorsa stagione con Spalletti. Meret è stato titolare per due partite dello scorso campionato: Venezia e Genoa dove si fratturò una vertebra in un’uscita aerea che fece molto discutere e venne dai più considerata approssimativa. Non fu l’infortunio il motivo della retrocessione in panchina. Dalla panchina Meret si è guardato diciannove partite di fila. Un intero girone. Il resto è storia dei giorni nostri. L’errore col Mallorca, anche se con l’ostruzionismo involontario di Mario Rui. E soprattutto le dichiarazioni di Spalletti che non sa più in quale lingua dire che non lo vuole come portiere del Napoli, e lo fa con dichiarazioni finanche brutali considerando l’ipocrisia ovattata che impera nell’universo calcistico. L’ambiente – che tre anni fa visse come un sopruso il suo arretramento in panchina in favore di Ospina – adesso non gli perdona niente. È entrato in quella condizione letale per qualsiasi persona che non sente fiducia attorno a sé.

Resta l’enigma di fondo: che cosa è successo ad Alex Meret? È stato un quadro di lontananza? Un altro Santon del calcio italiano? Oppure vittima di un ambiente (inteso innanzitutto come allenatori) che non gli hanno consentito di rendere al meglio? Difficle stabilire le percentuali, forse saranno più chiare tra qualche anno. Fatto sta che oggi è un portiere in netta fase discendente. Che ha bisogno di una piazza nuove dove poter rilanciarsi. Ahinoi lontano da Napoli.

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