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Zaccheroni dà ragione a Sacchi su Coverciano: «Forse si teme che gli ex calciatori non trovino lavoro»

Alla Gazzetta: «È una sorta di assistenzialismo. Capisco che il calcio sforna tanti che a 30-35 anni smettono di giocare, ma ci sono alternative».

Zaccheroni dà ragione a Sacchi su Coverciano: «Forse si teme che gli ex calciatori non trovino lavoro»

Ieri Arrigo Sacchi si è scagliato contro il metodo di reclutamento degli allenatori instaurato a Coverciano, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Oggi, sullo stesso quotidiano sportivo, gli dà ragione anche Alberto Zaccheroni.

«Sì. Non posso far altro che condividere. Ho sempre pensato che in tutti i settori ci siano i livelli di bravura e competenza. Come in politica o in qualsiasi lavoro. Se uno dimostra di avere conoscenze o intuizioni, perché non accordargli fiducia e la possibilità di creare».

Sacchi e Zeman hanno portato nel calcio nuove idee, lo stesso ha fatto lui, dichiara, eppure ha subito le conseguenze del “metodo Coverciano”, per il discorso del numero di gare in Serie A che occorreva totalizzare. In Italia non esiste la meritocrazia, anche secondo lui.

«Al posto di andare ancora avanti, si è tornati indietro. Il calcio avrebbe bisogno di aprirsi, di avere nuove idee, ingegni e culture sportive diverse per crescere e invece c’è la restaurazione. In Italia c’è poca meritocrazia. L’esempio di Sacchi che per fare il fantino non c’è bisogno di essere stato un cavallo calza a pennello. L’allenatore è un mestiere come un altro. Ripeto: se uno dimostra di esser bravo e competente, perché non dargli la possibilità di provarlo sul campo? Nel mio corso c’erano fiordi giocatori che poi non sono riusciti a diventare allenatori. A Coverciano dovrebbero ripensarci. Tocca a loro decidere, ma non condivido».

Zaccheroni prova a dare una spiegazione al problema.

«Per me vogliono dare più opportunità ai giocatori perché poi magari non troverebbero un altro lavoro. Questo assomiglia a una sorta di assistenzialismo. Capisco che il calcio sforna tanta gente che a 30-35 anni smette di giocare e poi non sa dove sbattere la testa. Ma ora ci sono alternative, fare il commentatore, l’opinionista in tv e sui giornali. Poi, ovvio, tanti calciatori sono diventati grandi allenatori. Ma si dovrebbe partire alla pari».

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