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Koulibaly è stato forza dirompente, poi si è giustamente gestito. Napoli ha anche dubitato di lui

Non attribuiamogli ruoli metacalcistici sul razzismo che non gli spettavano. Grazie mille e avanti il prossimo. È il Napoli di Kvaratskhelia anche se come jolly antirazzista si vende peggio

Koulibaly è stato forza dirompente, poi si è giustamente gestito. Napoli ha anche dubitato di lui

Per chi scrive, al netto del suo naturale bagaglio di inutilità, il calcio è solo sentimenti. Ciò che il calcio insegna – e i tifosi si ostinano a non imparare – è che tra di essi vivono anche odio, rivalsa, dipendenza e quant’altro la chimica dell’essere umano sa sintetizzare in un mucchio di ormoni, e che ciascuno di questi sentimenti ha un prezzo, in attesa del miglior offerente. È difficile far passare il messaggio in un paese di pensionati e pensionandi i cui principali giornali titolano da giorni della favola infranta dei coniugi Totti.

Sempre per chi scrive, Koulibaly è stato, nei sui primi anni, una forza dirompente nell’immaginario spento dei napoletani. Preso in tempi di sperimentazione, non ha riscosso successo per lungo tempo – a lungo, anzi, la piazza lo ha ritenuto un rischio mal calcolato. Oggi ovviamente nessuno lo ricorda perché tra i sentimenti di cui sopra c’è tutta la chimica necessaria che il cervello libera al fine di mascherare quanto va dimenticato. I napoletani lo hanno considerato inaffidabile per intere stagioni.

Il picco del senegalese è stato il gol allo Stadium. Poi Koulibaly si è progressivamente dosato, da forza generatrice è divenuto atleta che ha trovato un suo spazio e se l’è gestito con sapienza personale, rimanendo sempre silenziosamente a galla: non è un leader, come nessuno nello spogliatoio del Napoli. Chi dice altrimenti ignora i principi basilari della leadership. Ha misurato se stesso nell’era covid. In questi mesi di attesa sonnacchiosa ha atteso l’occasione per andare altrove. Nulla di strano né di notevole, insomma.

Koulibaly non ha avuto alcun ruolo metacalcistico rilevante sul tema del razzismo in Italia o a Napoli. Né aveva alcun obbligo in merito, sia chiaro. L’Italia era razzista prima di Koulibaly e tale rimane dopo. Napoli era una città poco accogliente prima e tale rimane oggi. Come i campionati si calcolano sui punti accumulati nel corso di trenta e rotte giornate, il razzismo si misura su cose pratiche, reali, misurabili, come il numero di lavoratori extracomunitari tenuti e sfruttati in nero e poi mandati a calci in culo o massacrati sui litorali. Il razzismo è una cosa complessa, come le vittorie degli scudetti. Non è roba da racconti di sogni perdenti spezzati dagli eterni cattivoni. Ai napoletani piace avere il giocatore di colore per sentirsi tolleranti – ma è un po’ più complicato di così.

Grazie mille, dunque, e avanti pure il prossimo. È il Napoli di Kvaratskhelia. Certo come jolly antirazzismo si vende peggio, ma il cervello ha già rilasciato gli ormoni giusti e il georgiano già lo amiamo come un figlio.

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