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Forattini: «Ho ricevuto una ventina di querele, tutte da politici di sinistra. Il meno permaloso era Andreotti»

A Libero: «Non hanno mai provato a corrompermi, sapevano che ero incorruttibile. Ho sempre pagato una fortuna in tasse: dovevo essere inattaccabile» 

Forattini: «Ho ricevuto una ventina di querele, tutte da politici di sinistra. Il meno permaloso era Andreotti»

Su Libero una lunga intervista a Giorgio Forattini. Ha 91 anni e per 50 ha disegnato la politica con una vignetta al giorno, pubblicate sulle prime pagine di Repubblica, Stampa, Panorama e Giornale. Racconta di aver disegnato sempre da casa.

«All’inizio, a Repubblica, andavo in redazione, ma poi mi trovavo regolarmente una schiera di curiosi alle spalle e ho deciso di fare tutto da casa».

Lo spunto gli veniva dai tg delle 13.

«Dopo pranzo iniziavo a buttare giù qualche schizzo su un foglio. Il disegno vero lo realizzavo in un’oretta, ma poi ritoccavo i dettagli mille volte, aggiungendo o cancellando particolari. Sa, sono sempre stato molto pignolo».

Poi l’invio ai giornali.

«Alle 19, ovviamente per fax. Sempre odiato la tecnologia. Non ho internet né un computer e utilizzo un cellulare di quelli base».

In sottofondo, per aiutare l’esperienza creativa, musica scozzese ad altissimo volume.

«Ho sempre adorato le bande e soprattutto quelle del nord. Mi ispiravano».

Ormai non disegna più.

«Basta, sono stufo e non ho più l’istinto. Mia moglie ogni tanto ci prova, ma da cinque anni ormai non prendo in mano una matita e non ne sento il bisogno».

Racconta la sua giornata tipo.

«Mi sveglio alle 10, vado a fare due passi e bevo un aperitivo all’aperto. Dopo pranzo pennica fino alle 17 e poi altra passeggiata. Di sera, tv fino a mezzanotte. Guardo sicuramente le partite della Roma, sono un tifoso fedele, uno di quelli che ha sempre adorato Totti. Poi telegiornali e Rai Storia. In realtà, però, sono un amante dello zapping».

Racconta la sua infanzia romana («ero un bambino solitario, riservato ma ribelle») e i suoi genitori

«mamma bellissima, ho preso i suoi occhi. Carattere dolce e molta fantasia. Papà autoritario, da lui ho ereditato l’amore per la cultura che poi ho approfondito con musica, letture, poesie, arte, storia».

Ha frequentato il liceo classico, poi l’accademia di teatro e infine la facoltà di Architettura.

«A 18 anni esco di casa e a 22, per fare un dispetto a mio padre, mi sposo».

I primi lavori sono stati da operaio e da rappresentante di prodotti petroliferi: suo padre era direttore dell’Agip. Ma ha venduto anche dischi ed elettrodomestici.

«Ho imparato a osservare la gente affinando i rapporti umani».

A 40 anni vinse un concorso di Paese Sera per una striscia satirica ma la svolta arrivò nel 1973, quando si fidanzò con Lene De Fine Licht, una ragazza danese la cui sorella era amica di Gianluigi Melega, di Panorama.

«Me lo presenta e inizio a frequentarlo finché un giorno, vedendomi disegnare, mi propone di lavorare per lui. Non so come si fa e studio i disegnatori francesi e anglosassoni. Così inizia la carriera con la vignetta d’esordio, se non ricordo male un Andreotti cui qualcuno appendeva un pesce d’aprile sulla schiena».

Le hanno mai censurato un disegno?

«Ci hanno provato, spesso lo mettevano più in piccolo o in basso, ma non ne ho mai ridisegnato nessuno. Alle contestazioni rispondevo: “Se non lo volete, mettete la foto del direttore”».

Ha disegnato molti politici come animali. Come mai?

«Un caso. Li osservavo e pum, certe caratteristiche me li facevano diventare animali. La caricatura è un istinto, quasi involontaria».

Quante querele ha ricevuto?

«Una ventina e solo da esponenti della sinistra».

Clamorosa nel 1999 quella di D’Alema, allora Presidente del Consiglio, per la vignetta in cui cancella con un bianchetto la lista Mitrokhin: gli chiese tre miliardi.

«Quando lo raccontai a Parigi, dove la satira è cosa sacra, rimasero choccati. Poi D’Alema la ritirò, mami costò una fortuna in avvocati e la rottura con Repubblica».

Il politico meno permaloso?

«Andreotti. Una volta disse: “Che devo dire di Forattini? Mi ha inventato lui”».

Mai ricevuto minacce di morte?

«Sì e mi sono ritrovato la Digos in casa due volte, per un disegno su Maometto e per la vignetta con la Sardegna a forma d’orecchio in occasione dell’arresto della banda dei sardi responsabili del rapimento di Anna Bulgari e Giorgio Calissoni».

E qualcuno ha mai cercato di “comprarla” con qualche regalo?

«Mai, tanto sapevano che non ero corruttibile. In compenso ho sempre pagato una fortuna in tasse: dovevo essere integerrimo e inattaccabile».

Tra le tante vignette ce n’è una che non rifarebbe.

«Sì, forse quella sul suicidio di Raul Gardini: la sua barca “Il Moro di Venezia” era diventata “Il morto di Venezia” e affondava con il suo teschio a riva. Me ne pento».

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